San Gregorio di Nazianzo

DALLE “ORAZIONI TEOLOGICHE

 

Presentiamo un’antologia tratta dalle “Orazioni teologiche” di San Gregorio, vescovo di Nazianzo, piccola città della Cappadocia. Nato nel 330 Gregorio studiò, come gli permisero le abbondanti ricchezze familiari, prima a Cesarea di Palestina, per perfezionarsi nell’arte oratoria. Quindi frequentò per circa tre anni ad Atene le lezioni del retore Proeresio, che era cristiano. Teologia, filosofia, retorica (cioè letteratura) sono indissolubilmente uniti nella produzione di Gregorio Nazianzeno la cui statura non è per nulla minore a quella degli altri grandi Padri della sua epoca. Morì a Costantinopoli nel 381.

La presente antologia illustra il modo d’argomentare di Gregorio su alcuni temi che hanno un particolare interesse anche per il nostro confuso tempo.

 

 

Conta di più il numero dei fedeli o la qualità della fede?

Dove sono allora quelli che ci rinfacciano la povertà e vanno superbi della loro ricchezza? Quelli che definiscono la Chiesa in base al numero delle persone, e disprezzano il “piccolo gregge”? Quelli che arrivano a misurare la divinità e a pesare sulla bilancia il popolo? Quelli che riconoscono valore alla sabbia e oltraggiano le luci del cielo, ammassano le pietruzze e disdegnano le pietre preziose? Non sanno, infatti, che se i granelli di sabbia sono più numerosi degli astri e i ciottoli lo sono più delle pietre lucenti, non sono, però, anche più puri e preziosi.

Ti irriti ancora? Vuoi ancora armarti? Insulti ancora? La nostra è una fede nuova? Trattieni per poco le minacce e io parlerò. Noi non vogliamo offendere, ma rimproverare; non minacciare, ma biasimare; non colpire, ma curare. Anche questo ti sembra degno d’insolenza? Che superbia! Ancora una volta consideri uno schiavo chi ti è pari in dignità? Se non è così, accetta la mia libertà di espressione. Anche un fratello rimprovera il proprio fratello, quando viene da lui offeso.

(Orazione 33, 1)

 

Credere rettamente nella Trinità

Ora il mio discorso si rivolge a voi, che siete il mio gregge. “Voi – dice san Paolo – siate per me gloria, gioia e corona di fierezza”, voi siate per me difesa da quelli che mi portano in giudizio, affinché, come quando si chiede conto a dei fabbri o a dei pittori, è sufficiente che essi mostrino la loro opera di costruzione o di pittura per liberarsi da ogni imbarazzo (l’opera, infatti, ha più valore di un discorso), e così anche io, mostrando voi, possa avere la meglio sulla maldicenza.

E come lo potrò? Prima di tutto, se voi manterrete stabile e fissa la vostra confessione nel Padre nel Figlio e nello Spirito Santo, senza niente aggiungere e niente sottrarre né rimpicciolire l’unica divinità, perché ciò che è diminuito implica una diminuzione del tutto. Quelli, invece, che pensano o che dicono qualcos’altro, che distruggono l’Uno o lo dividono introducendo differenze tra le varie nature, allontanateli come una sciagura per la Chiesa e un veleno per la verità, senza odiarli, ma avendo pietà per la loro caduta.

Secondariamente, se voi manterrete una condotta di vita conforme alla retta dottrina, così da eccellere nella virtù e non essere manchevole per eccesso o per difetto.

(Orazione 36, 10)

 

L’unità in Dio proviene dalla sua unica natura alla quale appartengono le tre divine Persone (ipostasi)

“Per noi uno solo è Dio, il Padre, da cui sono tutte le cose, e uno solo è il Signore Gesù Cristo, per mezzo del quale sono tutte le cose”, e uno solo lo Spirito Santo, nel quale sono tutte le cose. Le espressioni “dal quale”, “per mezzo del quale” e “nel quale” non indicano una divisione delle nature – altrimenti non potrebbero mai cambiare le preposizioni né l’ordine delle parole –, ma caratterizzano le peculiarità di una sola natura non confusa. E questo risulta chiaro da quelle preposizioni che si riferiscono, al contrario, a un solo oggetto, se si legge con attenzione il testo dello stesso Apostolo, quando afferma: “Da Lui e per mezzo di Lui e a Lui sono tutte le cose: a Lui la gloria nei secoli, amen”. Il Padre è padre, e senza inizio: infatti, non proviene da alcuno. Il Figlio è figlio, e non privo di inizio: infatti, proviene dal Padre. Se, però, tu intendi l’origine come temporale, allora Egli è privo di inizio, perché è Lui che ha creato il tempo e non è sottomesso al tempo. Lo Spirito è veramente Spirito Santo, che procede dal Padre, ma non come il Figlio: infatti, non proviene per generazione, ma per processione, se mi è consentito introdurre termini nuovi per esigenza di chiarezza. Il Padre non cessa di essere non generato, per il fatto che ha generato, né il Figlio cessa di essere generato, perché proviene da un Essere non generato – come lo potrebbe, infatti? –, e lo Spirito non si trasforma nel Padre o nel Figlio, solo per il fatto che procede dal Padre e che è Dio, anche se questi empi non lo accettano: infatti, la peculiarità è immobile. Come potrebbe rimanere peculiarità se si muovesse e si trasformasse? Quelli, poi, che considerano la condizione di non generato e di generato come delle nature di dèi che hanno lo stesso nome, forse renderanno estranei l’uno all’altro, in base alla loro natura, anche Adamo da Seth, perché il primo non è nato dalla carne, ma è plasmato da Dio, il secondo è nato da Adamo e da Eva!

Uno solo, allora, è Dio in tre Esseri, e i tre Esseri sono uno solo, come abbiamo detto.

(Orazione 39, 12)

 

Perché il battesimo sia efficace, ad esso deve congiungersi la retta confessione di fede

Oltre a tutte queste cose e prima di tutte, conservami il buon deposito, per il quale vivo e per il quale sono cittadino, e che correi prendere con me quando partirò da questa vita; con esso io sopporto tutti i dolori e disprezzo tutti i diletti. Esso consiste nella confessione di fede nel Padre, nel Figlio e nello Spirito Santo. Io ti affido oggi questa confessione, con questa io ti battezzerò (immergerò) e ti solleverò in alto. Io te la consegno come compagna di tutta la vita e tua protettrice: è l’unica divinità, l’unica potenza, che si ritrova unitamente nelle tre Persone e riunisce in maniera distinta i tre Esseri. [...] Affrettiamo la nostra salvezza, leviamoci incontro al battesimo: lo Spirito palpita, colui che ti deve rendere perfetto è pronto, il dono è a tua disposizione. Se, invece, sei ancora incerto e non accogli la perfezione della divinità, e di fare di te un morto proprio nel momento della rigenerazione, in modo che tu non abbia né la grazia né la speranza della grazia, facendo naufragare in breve tempo la tua salvezza. Infatti, qualunque delle tre parti tu abbia sottratto alla natura divina, avrai distrutto tutto il complesso e, per te stesso, la perfezione.

(Orazioni, 40, 44)

 

Tacere su Dio è lodevole segno di umiltà

Secondo me, umile non è colui che parla con misura di Dio: colui che sa dire alcune cose, trattenersi su altre, ammettere la sua ignoranza su certi temi; colui che cede la parola a chi ne ha il compito, che ammette che ci sia qualcuno più ispirato di lui dallo Spirito Santo e più progredito nella contemplazione. È vergognoso rifiutare un modo di vestire e un tenore di vita più elevato e assumerne uno più semplice, fare mostra di umiltà e di consapevolezza della propria debolezza con calli alle ginocchia, lacrime a fiotti,e, ancora, digiuni, veglie, sonni fatti a terra, fatiche a tutti i tipi di pena, ed essere poi dei tiranni autoritari quando si parla di Dio, non cedere il posto assolutamente a nessuno, essere superbo più di un dottore della legge. In questo campo l’umiltà comporta, insieme, con la gloria anche la sicurezza. [...] Io non ti esorto a tacere, uomo sapientissimo, ma a non comportarti in modo rissoso; non ti invito a nascondere la verità, ma a non insegnarla in contrasto con la legge.

“Se hai una parola di intelligenza, rispondi” – dice la Scrittura – “e nessuno te lo impedirà; altrimenti metti un laccio alle tue labbra”. Quanto meglio questo testo si adatta a quelli che sono pronti a insegnare! Infatti, se è il momento giusto, allora insegna, se no, frena la lingua e apri le orecchie. Occupati delle cose divine, ma rimanendo entro i limiti. Pronuncia le parole dello Spirito e, se è possibile, niente altro; pronunciale più spesso di quanto prendi fiato – infatti, è bello e divino essere sempre spronati a Dio ricordandosi delle cose divine –, ma pensando alle cose che ti sono state prescritte. Non ti occupare eccessivamente della natura del Padre, dell’esistenza dell’Unigenito, della gloria e della potenza dello Spirito, della divinità e dello splendore delle tre Persone, della natura indivisibile, della confessione, della gloria e della speranza dei fedeli. Tienti stretto alle parole con le quali sei stato nutrito: il discorso sia dei più saggi. [...] La tua prontezza arrivi fino alla confessione di fede, se mai ti viene richiesta; per ciò che è al di là di essa, sii più timido.

(Orazioni 32, 19-21)

Pubblicato originariamente in: http://digilander.libero.it/ortodossia/Orazioni.htm

 

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