FEDELI NEL PICCOLO

 

di Hrisostom vescovo di Braniecevo

 

 

Quando noi, uomini piccoli e medi, cominciamo a meditare sul mondo, sulla vita e su noi stessi, ci capita alle volte di provare compassione di noi stessi. Tutta la nostra esistenza scorre in minuscole esperienze ed in piccole opere, che neppure si notano nel corso generale della vita. Porteremo a termine la nostra esistenza e lasceremo dietro di noi una traccia insignificante solo nello stretto ambito in cui ci siamo mossi. Un bel giorno ci spegneremo per questo mondo senza avergli dato nulla che sia significativo e duraturo. Le persone, che ci conoscevano, ci ricorderanno ancora per qualche tempo nel bene o nel male e poi poco a poco ci dimenticheranno. Quando sarà trascorsa una ventina d’anni dalla nostra morte, sarà difficile che qualcuno si ricordi di noi sulla terra.

È vero, siamo piccoli e le nostre opere sono insignificanti per il mondo, ma non sempre Dio misura le cose come noi uomini. Poiché per noi, esseri insignificanti, è morto il Cristo, il quale ci ha chiamati suoi piccoli fratelli e, nei limiti delle nostre forze, ci ha dato il consiglio di essergli fedeli nel piccolo (Luca 16, 10). Finché si mosse per la terra, il Cristo dimostrò grande amore proprio per i piccoli e per le persone insignificanti. Tali erano agli occhi del mondo quelli che scelse come suoi discepoli, insignificanti le donne che l’aiutarono e l’accompagnarono, insignificanti erano gli amici nelle case in cui entrava. Egli non si astenne dal parlare dei più profondi problemi con una semplice donna che portava l’acqua, da lui incontrata vicino al pozzo di Giacobbe, non si rifiutò di entrare nella casa del piccolo Zaccheo, non respinse la peccatrice che gli lavava i piedi nella casa di Simone il lebbroso. Con tutte queste persone povere ed umili egli dimostrò lo stesso rispetto di cui diede prova nei confronti di colui che era il più grande figlio di una donna, san Giovanni il Battista. Infatti tutti sono per lui figli del Padre che sta nei Cieli, tutti gli sono ugualmente cari, tutti sono suoi piccoli fratelli.

Non dobbiamo quindi rattristarci perché forse non potremo lasciare al mondo opere grandi e perché il nostro prossimo non avrà alcuna cura di ricordarci. A Dio è sufficiente che gli siamo fedeli nel nostro piccolo: nell’adempimento leale dei nostri compiti quotidiani, nell’assiduo adempimento di quei piccoli obblighi che Dio ci ha assegnato e che abbiamo preso su di noi. Infatti che significato ha il pensare a grandi opere e continuamente tralasciare le piccole occupazioni che Dio ci manda ogni giorno: di aiutare qualcuno, di confortare, di dare prova di buona volontà e di affetto nei confronti di coloro con i quali ci incontriamo nella vita? Che significa starsene a pensare dell’amore per tutto il mondo e non sopportare neppure quelle poche persone che ci sono più vicine ed aver sempre un vicino o una vicina, un cugino o una cugina con cui non parliamo?

Siamo fedeli a Dio nel piccolo e non aspettiamoci nella vita grandi trionfi. Tutto ciò che è fatto con buona volontà e con cuore puro Dio accetta come il più grande dono, anche se ciò è insignificante agli occhi del mondo.

Nell’Evangelo c’è la scena commovente del Salvatore che, davanti al tempio di Gerusalemme, osserva come la gente dava la sua offerta. Giunse anche una povera vedova e, vergognandosi, offrì le sue due monetine. Che cosa significavano queste per la gente?! Ma agli occhi del Salvatore era una grande offerta, anzi la più grande, poiché era data di tutto cuore. Dio non misura le opere secondo la grandezza esteriore, ma secondo la loro qualità interiore. Perciò l’Apostolo consiglia: “Qualunque cosa fate, fatela di cuore, come se faceste al Signore e non agli uomini” (Colossesi 3, 22). E servendo gli uomini che sono attorno a noi, in realtà serviamo il Signore.

C’è in Tolstoj il commovente racconto dello ieromonaco padre Sergio, il quale conduceva vita ascetica in uno “skiton” ed a cui Dio pose come modello da seguire una vecchia signora che, vestita poveramente, correva tutto il giorno per la città per dare lezioni private e così manteneva il genero malato e la figlia con la numerosa prole. Essa agiva così senza pensare che in tal modo serviva Dio e che gli era fedele nel piccolo.

Le vite dei Santi sono piene di questi piccoli lavoratori di Dio. Già il primo santo cristiano, il santo arcidiacono Stefano, non occupava un’elevata posizione né nella società né nella Chiesa. Il diaconato neppure oggi è un alto grado ecclesiastico, ma agli inizi del Cristianesimo era ancora più umile. Nella comunità cristiana di Gerusalemme tutti i fedeli consumavano assieme i pasti e l’attività dei diaconi consisteva nel servire a tavola. Secondo le parole di san Pietro, questa funzione era troppo umile e non si addiceva agli Apostoli. Ma santo Stefano seppe essere fedele a Dio in questa modesta attività. “Era pieno di fede e di Santo Spirito”, si legge di lui negli Atti e Dio lo scelse come suo primo santo e martire.

In qualsiasi attività, dunque, si può servire Dio, a condizione che si attenda ad essa con buona volontà ed amore. Dio vede ogni fatica, anche la più modesta, ascolta ogni preghiera, come pure vede ogni pensiero ed ogni intenzione buona, anche la più nascosta. Per lui è importante tutto ciò che ha per fine il bene, l’amore, l’uomo. Anche l’attività in un ufficio, in una scuola, in una fabbrica, anche il recarsi al mercato, fare la fila, l’occuparsi delle più modeste attività domestiche.

Dio non è solo là dove si compiono opere che resteranno nella storia, ma anche là dove la madre solleva il proprio bambino, là dove uno con la fatica guadagna onestamente il pane per la sua famiglia. Dio è là dove una persona ama, dove fa sacrifici per un altro, dove l’uomo si rallegra per il suo simile. Egli è dappertutto e tutto è per lui ugualmente importante.

Dobbiamo, dunque, essergli fedeli nel piccolo, nelle attività quotidiane da cui risulta intessuta la nostra vita, convinti che con ogni, sia pur piccola, fatica e sacrificio, fatti con dedizione, partecipiamo alla sua opera e serviamo lui che è l’Altissimo. E sia su noi la sua immensa misericordia, affinché anche per mezzo di noi piccoli si glorifichi il suo santo e grande nome.

 

(da “Pravoslavni Misionar”, 5, 82 pp. 219-222. trad. A.S.)

 

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