Archimandrita Justin [Popovich]

 

Dove porta la cultura umanistica?

 

 

Il presente articolo sembra echeggiare la voce d’un profeta vetero testamentario. Nella Bibbia si legge che quando il popolo d’Israele, dimenticando Dio, chiedeva dolci parole e predizioni radiose, i profeti preconizzavano tempi duri e prove. Per tal motivo essi venivano condannati. Eppure costoro non facevano altro che affermare un principio perenne: senza Dio l’agire dell’uomo si svuota e tutto ciò che fa è come un gigante dai piedi di argilla. Davanti a questa situazione non resta che la conversio. L’involontario suo prodotto determinerà una cultura che, partendo dal nascondimento e dalla modestia cristiana, sarà la testimonianza d’un modo alternativo e d’un orizzonte più vasto nel quale situare l’esistenza umana.

 

Qual’è l’obiettivo della cultura ortodossa? Introdurre e realizzare, nel miglior modo possibile, il Divino nell’uomo e nel mondo che lo circonda; incarnare Dio nell’uomo e nel mondo. Ecco perché la cultura ortodossa è un incessante servizio a Cristo, nostro Dio, un incessante servizio divino. L’uomo serve Dio attraverso tutta la creazione; tutto quanto è attorno a lui lo introduce sistematicamente e regolarmente nel divino che appare in ogni sforzo e nella creatività umana. L’uomo riscopre ogni realtà divina nella natura che lo circonda in modo che tutto ciò che sta in essa, sotto la sua guida, possa servire Dio. Così tutta la creazione partecipa a una generale e vicendevole lode divina. Per la natura è necessario che l’uomo serva Dio.

La cultura teantropica trasfigura l’uomo in se stesso e, con ciò, influenza la sua condizione esterna, trasfigura l’anima e attraverso essa, il corpo. In questa cultura il corpo è il tempio dell’anima. Esso vive, si muove e ha il suo essere dall’anima stessa. Togli l’anima dal corpo e cosa rimane se non un cadavere decomposto? L’uomo-Dio trasfigura prima di tutto l’anima e, di conseguenza, il corpo. L’anima trasfigurata trasfigura il corpo e la materia. Trasfigurando l’anima si trasfigura il corpo e la materia.

La meta della cultura teantropica non è solo quella di trasfigurare l’uomo e l’umanità, ma pure tutta la natura attraverso essi. Come si può raggiungere questa meta? Solo attraverso dei mezzi teantropici ossia attraverso le virtù evangeliche della fede e dell’amore, della speranza e della preghiera, del digiuno e dell’umiltà, della mansuetudine e della compassione, dell’amore e della speranza in Dio. È attraverso queste virtù che è forgiata la cultura teantropica ortodossa. Perseguendo queste virtù, l’uomo trasfigura la sua anima ottenebrata e la rende bella; la trasforma e la illumina, la cambia da realtà peccaminosa a santa, da realtà scura a divina. In tal modo, il corpo viene trasfigurato in un tempio degno d’ospitare un’anima divinizzata.

Attraverso le prove spirituali si acquisisce poco a poco le virtù evangeliche che danno all’uomo potere e autorità sopra se stesso e sopra la natura che lo circonda. Bandendo il peccato da se e dal mondo, l’uomo bandisce la sua forza selvaggia, distruttiva, rovinosa; trasfigura pienamente se stesso, il mondo e domina la natura. Gli esempi più eccellenti di tutto ciò sono i santi: essendo stati santificati e trasfigurati attraverso le prove spirituali e avendo raggiunto le evangeliche virtù, santificano e trasformano similmente la natura attorno a loro. Ci sono molti santi che sono stati serviti da bestie selvatiche e che il solo semplice fatto della loro presenza poteva soggiogare e addomesticare i leoni e sopportare i lupi. Essi hanno trattato la natura con devozione, mitezza, rispetto, compassione e dolcezza evitando d’essere aspri, severi, ostili, e feroci.

Con ciò, non hanno creato un’imposizione esterna, violenta, meccanica, ma hanno assimilato intimamente, benevolmente, personalmente il Signore Gesù Cristo attraverso la prova delle virtù cristiane che stabiliscono il Regno di Dio sulla terra. La cultura ortodossa indica che il Regno di Dio non viene con fragore, esternamente o visibilmente ma internamente, spiritualmente, impercettibilmente. Il Salvatore dice: “Il Regno di Dio non viene in modo da attirare l’attenzione, e nessuno dirà: Eccolo qui, o eccolo là. Perché il regno di Dio è tra voi” (Lc 17, 20-21); il Regno è fra il Dio-Creatore e l’anima divina santificata dallo Spirito Santo. Perciò “Il Regno di Dio non è questione di bevanda o di cibo, ma di rettitudine, pace e gioia nello Spirito Santo” (Rom 14, 17). Sì, nello Spirito Santo, e non nello spirito dell’uomo. Può essere nello spirito dell’uomo solo nella misura in cui è in lui lo Spirito Santo attraverso le virtù evangeliche. Perciò proprio il primo e più grande comandamento della cultura ortodossa è: “Cerca prima il Regno di Dio e la Sua giustizia, e tutto il resto ti sarà dato in sopraggiunta” (Mt. 6, 33). Quanto viene aggiunto è l’indispensabile per sostenere la vita del corpo: il cibo, l’abbigliamento, la casa (Mt 6, 25-32). Tutte queste cose sono accessorie rispetto al Regno di Dio, eppure la cultura occidentale cerca prima di tutto proprio queste. In ciò si rivela e si fonda il suo paganesimo. Attraverso le parole del Salvatore, si scopre che sono i pagani che cercano prima di tutto le cose accessorie. Da ciò nasce la tragedia in chi ha reso affamata l’anima nella sua preoccupazione per le cose materiali; mentre il Dio innocente ha affermato una volta per tutte: “Perciò vi dico: non vi affannate per la vostra vita, di che cosa mangerete o berrete, né per il vostro corpo di che vi vestirete. Tutte queste cose infatti cercano ansiosamente i pagani, ma il Padre vostro celeste sa che avete bisogno di tutto ciò. Cercate piuttosto il suo Regno e queste cose vi saranno date in più” (Mt 6, 25, 32-33; Lc 12, 22-31).

Grande è la quantità delle necessità che l’uomo moderno appassionatamente crea nella sua immaginazione. Per soddisfare questo genere di necessità gli uomini hanno trasformato il nostro meraviglioso pianeta in un mattatoio. Ma il nostro filantropico Dio ha da tempo rivelato che “una cosa sola è indispensabile” per ciascun uomo e per tutta l’umanità. Cosa? Gesù Cristo uomo-Dio e tutto quanto viene con Lui: la verità divina, la giustizia, l’amore, la bontà, la santità, l’immortalità, l’eternità e tutte le altre perfezioni divine. Questa è “una cosa indispensabile” per l’uomo e per l’umanità e dona completa soddisfazione alle necessità umane. In paragone a ciò, tutto il resto è così insignificante che pare quasi non necessario (Lc 10, 42).

Quando l’uomo analizza seriamente e in concordanza con il Vangelo, il mistero della sua vita e della vita attorno a lui, allora deve necessariamente concludere che il bisogno più urgente è quello di rigettare tutte le sue necessità per seguire decisamente il Signore Gesù Cristo e unirsi a Lui nella via di perfezione evangelica e spirituale. Se non fa questo, l’uomo rimane spiritualmente infruttuoso, inanimato, esanime; la sua anima si prosciuga, si sbriciola, si disintegra e cresce gradualmente nell’insensatezza, fino a che muore completamente. Le labbra divine di Cristo hanno infatti detto: “Restate in me e io in voi. Come il tralcio non può portar frutto da sé se non resta nella vite, così neppure voi, se non restate in me. Io sono la vite, voi i tralci; chi resta in me e io in lui, questi porta molto frutto, perché senza me non potete fare nulla. Se uno non resta in me è gettato fuori come il tralcio e si secca, poi vengono raccolti e gettati nel fuoco e bruciano” (Gv 15, 4-6).

È solo attraverso un’unità organica spirituale con l’uomo-Dio, Cristo, che l’uomo può continuare la sua vita nella vita eterna e il suo essere nell’unica esistenza eterna. Un uomo di cultura teantropica non è mai solo: quando pensa è Cristo che pensa attraverso lui, quando agisce è Cristo che agisce attraverso di lui, quando sente è Cristo che sente attraverso di lui. In una parola: egli vive incessantemente attraverso Cristo-Dio. Perciò: può mai esistere un uomo senza Dio? In questa prospettiva egli è, inizialmente, un mezzo uomo e, alla fine, un nulla assoluto. È solo nell’uomo-Dio che l’uomo trova la completezza e la perfezione del suo proprio essere, il suo Prototipo, la sua immortalità ed eternità, il suo valore assoluto. Il Signore Gesù Cristo ha proclamato fra gli uomini che l’anima umana è il tesoro più grande. “Perciò non abbiate paura perché non vi è nulla di nascosto che non sarà rivelato e nulla di occulto che non sarà conosciuto” (Mt. 10, 26).

Tutte le stelle e i pianeti non valgono una singola anima. Se un uomo devasta la sua anima nella via dei peccati e dei vizi, non potrà riscattarla, neppure se fosse il padrone di tutti i sistemi stellari. L’uomo ha un solo modo e una sola via nell’uomo-Dio Cristo, l’unico ad accordare l’immortalità all’anima umana. L’anima non è liberata dalla morte dalle cose materiali, ma ne viene asservita; è solo l’uomo-Dio che libera l’uomo dalla loro tirannia. Le realtà materiali non hanno potere sopra l’uomo che appartiene a Cristo; è egli che, piuttosto, ha potere su di loro. Costui ha il vero valore di tutte le cose, perchè le valuta nello stesso modo di Cristo. Così, dal momento che l’anima umana secondo il Vangelo ha un incomparabile valore rispetto a tutti gli esseri e a tutte le cose del mondo, la cultura ortodossa è primariamente una cultura dell’anima.

La grandezza dell’uomo è solamente in Dio. Questo è il motto della cultura teantropica. L’uomo senza Dio è 70 kg di creta insanguinata, un sepolcro che precede la sua tomba. L’uomo europeo ha condannato a morte sia Dio che l’anima, ma con ciò non ha forse condannato se stesso ad una morte per la quale non esiste resurrezione? Provate ad analizzare spassionatamente l’essenza della filosofia, della scienza, delle scelte politiche, della cultura, della civiltà europea, e vedrete che l’uomo europeo ha ucciso Dio e l’immortalità dell’anima. E se uno seriamente pondera la tragedia della storia umana, allora è possibile vedere che il deicida muore sempre suicidandosi. Ciò ricorda Giuda: il primo che ha ucciso Dio e in seguito si è autodistrutto. È l’inevitabile legge della storia del nostro pianeta.

La struttura della cultura europea, è stata eretta senza Cristo. Perciò deve sbriciolare rapidamente, come ha sostenuto con penetrante intuito Dostoyevskii 100 anni fa, e il dolente Gogol più di 100 anni fa. È davanti ai nostri occhi la realtà preconizzata da questi due profeti. La torre europea di Babele è stata edificata per 10 secoli. Ora il nostro sguardo fisso s’incontra su un quadro tragico: tutto ciò che è stato costruito è un enorme nulla! È iniziata così una generale perplessità e confusione: l’uomo non può capire l’uomo, l’anima anima, la nazione la nazione. L’uomo è insorto contro il suo simile un regno contro un altro, una nazione contro un’altra, un continente contro un altro.

L’uomo europeo ha cercato di determinare il proprio destino e di raggiungere una posizione sublime. Ha posto il superuomo alla sommità della sua Torre di Babele cercando d’incoronare la sua struttura. Tuttavia il superuomo è impazzito proprio quando è giunto all’apice e ha abbattuto la torre che, sbriciolandosi, è crollata attraverso varie guerre e rivoluzioni. L’homo europaeicus è giunto al suicidio. Il suo “Wille zur Macht” (desiderio di potenza) è divenuto “Wille zur Nacht” (desiderio di notte). E una notte, una notte greve, è discesa sull’Europa. Gl’idoli dell’Europa crollano e non è lontano quel giorno nel quale, della cultura europea, non rimarrà pietra su un pietra, di quella cultura che costruisce le città e distrugge le anime; che deifica le creature e getta via il Creatore.

Il pensatore russo Herzen era innamorato dell’Europa e visse a lungo in essa. Tuttavia, al tramonto della sua vita, 100 anni fa, scrisse: “Per qualche tempo abbiamo studiato il verme che mangia l’organismo dell’Europa; in ogni ambito abbiamo visto la firma della morte... L’Europa avanza verso una spaventosa catastrofe. Le rivoluzioni politiche crollano sotto il peso della loro inadeguatezza. Esse hanno progettato grandi cose, ma non hanno terminato il loro compito. Hanno distrutto la fede, ma non hanno assicurato la libertà. Hanno fatto accendere nei cuori degli uomini desideri che, in passato, non sono mai nati... Mi muovo mortalmente pallido e sono afflitto nella notte dell’incubo di fronte a tutti gli altri. Addio, mondo morente! Addio, Europa!”

I cieli sono vuoti, non c’è alcun Dio in loro; la terra è vuota, non c’è alcuna anima immortale sopra di essa. La cultura europea ha tramutato tutti i suoi schiavi in cadaveri e l’ha fatta divenire un cimitero. “Voglio viaggiare in Europa”, diceva Dostoyevskii, “e so che vado in un cimitero” (F. M. Dostoyevskii, Zimniya zametki o lyetnikh vpechatlyeniyakh [Note invernali su impressioni estive]).

Antecedentemente alla prima guerra mondiale, lo smarrimento incombente è stato percepito solo da questi malinconici veggenti. Seguendo loro, anche alcuni europei si sono resi conto di ciò. Il più notevole e sincero fu indubbiamente Oswald Spengler, che scosse il mondo col suo libro Untergang des Abendlandes (O. Spengler, vol. 1, Obraz i deystvityel’nost [Immagine e Attualità] M. – Pg., 1923). In lui, attraverso tutti i mezzi che la scienza europea (la filosofia, la politica, la tecnologia, l’arte, la religione, ecc) lo hanno dotato, dimostrò lo smarrimento dell’Occidente. Prima della prima guerra mondiale, l’Europa non faceva ancora sentire il suo rantolo pre mortem. La cultura occidentale, o faustiana, che, secondo Spengler, aveva le sue origini nel X secolo, ora sta passando, si sgretola ed è destinata a perire completamente nel XXII secolo (Attualmente sembra che questo processo si stia accelerando). Nella veglia funebre della cultura europea, Spengler prevede l’arrivo della cultura di Dostoyevskii, la cultura dell’Ortodossia.

Con ciascuna nuova scoperta culturale l’uomo europeo si mortifica e muore sempre più. L’amore per gli affari che egli coltiva – è una tomba dalla quale non può desiderare di risorgere. La sua infatuazione per la ragione è la passione fatale che devasta l’umanità europea. La sola salvezza da tutto ciò è Cristo, dice Gogol. Ma un mondo nel quale “sono cosparsi milioni d’oggetti brillanti che disperdono i pensieri in tutte le direzioni, non ha la forza d’incontrarsi direttamente con Cristo”.

Il tipico uomo europeo ha capitolato davanti al problema fondamentale della vita; l’uomo-Dio ortodosso ha risolto tutto per tutti, per ciascuno ed ognuno. L’uomo europeo ha risolto il problema della vita finendo nel nichilismo; l’uomo-Dio l’ha risolto attraverso la vita eterna. Per il darwiniano-faustiano uomo europeo, l’oggetto principale della vita è l’auto-conservazione; per l’uomo di Cristo è il sacrificio di se. Il primo dice: “Per te si sacrifichino gli altri!” mentre il secondo dice: “Sacrificati per gli altri!” L’uomo europeo non ha risolto il problema pernicioso della morte; l’uomo-Dio lo ha risolto attraverso la Risurrezione.

Indubbiamente, i principi della cultura e della civiltà europea sono teomachici [contro Dio]. È molto diverso l’antico uomo europeo da ciò che poi è divenuto quando ha sostituito l’uomo-Dio Cristo con la filosofia, la scienza, le politiche e la tecnologia, con la sua religione e la sua etica. L’Europa s’è servita di Cristo “soltanto come un ponte tra la barbarie senza cultura e la barbarie colta il che ha per lei significato passare da una barbarie ingenua ad una astuta” (Bp. Nikolai [Velimirovich], Slovo o vsecheloveke [Un sermone su ogni uomo], p. 334).

Le mie conclusioni sulla cultura europea vedono molti elementi catastrofici ma, detto questo, non bisogna stupirci perchè parliamo della maggior catastrofe della storia umana, dell’apocalisse dell’Europa, il cui corpo e spirito sono piagati da orrori. Senza alcun dubbio in quest’Europa sono disseminate contraddizioni vulcaniche che, se non sono rimosse, potranno portare solo alla finale distruzione della cultura europea.

 

Pubblicato originariamente in: http://digilander.libero.it/ortodossia/culturaumanistica.htm

 

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