La Passione[1] e i Miracoli[2] di san Demetrio

secondo la recensione di Anastasio il Bibliotecario

 

Tessalonica, basilica di san Demetrio: martirio del santo.

 

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Introduzione

Anastasio il Bibliotecario, grande studioso di greco in Occidente nel corso del IX secolo, servì i papi Adriano II (867-872) e san Giovanni VIII (872-882) come bibliotecario della Chiesa Romana, da lì il suo soprannome. Anastasio tradusse dal greco in latino gli Atti del secondo concilio di Nicea (787) e quelli del sesto concilio di Costantinopoli[3] (869-870), oltre a numerose leggende e vite di santi e ad altri scritti. Inviò una sua traduzione dal greco degli atti di san Demetrio, e in aggiunta ad essa una raccolta di miracoli del santo, al re dei Franchi Carlo il Calvo (823-877) nell’876.

Questa traduzione di Anastasio mostra delle affinità con una composizione di san Fozio[4], con cui Anastasio era in corrispondenza epistolare, e con il testo di una passio greca[5] di autore anonimo. Tale recensione breve è denominata dai critici Passio prima. Una quarta passio greca, di autore anonimo, denominata Passio altera riporta un racconto più lungo e ricco di particolari che le altre tre recensioni ignorano[6]. Una ulteriore passio, tardiva e di sapore devozionale, è conservata nel Menologio di Simeone Metafraste[7]. Secondo alcuni critici le recensioni di Anastasio, Fozio e dell’affine anonimo greco sarebbero diverse versioni abbreviate di un più esteso testo degli atti di san Demetrio, andato perduto; altri invece propendono per l’ipotesi inversa, per cui la recensione breve sarebbe stata in seguito ampliata e arricchita di nuovi particolari. Purtroppo le fonti adoperate sia da Anastasio che da san Fozio sono, effettivamente, andate perdute, e non disponendo d’altro la maggior parte degli studiosi di agiografia si è limitata alla formulazione di ipotesi (talora anche fantasiose), senza però poter giungere ad esiti definitivi.

La raccolta di miracoli, come la passio, fu solamente tradotta da Anastasio. Da quanto si evince dal testo stesso, essa risale alla fine del VI secolo, essendo stato l’autore testimone oculare dell’assedio di Tessalonica (586) e della liberazione della città operata per la miracolosa intercessione del santo patrono. Notevole fu l’influsso che le raccolte di miracoli ebbero sull’iconografia del santo. I miracoli, essendo narrazioni più estese e vicine alla sensibilità del popolo, andarono ad ampliare il racconto, supplendo all’esiguità della passio. D’altronde era d’uso far seguire alla narrazione delle gesta dei santi, i segni della loro potente intercessione presso Dio, in modo da dare loro maggior rilievo, quanto più elevata fosse stata la risonanza dei mirabilia Dei operati, non solo in questa vita ma anche nell’altra, secondo un cliché che giunge ai giorni nostri. È quindi naturale che abbiano finito per incidere abbondantemente sulla pietà popolare, che, dopo la Croce e la Madre di Dio, fece di Demetrio l’icona del difensore per eccellenza contro gli assalti dei barbari[8], influendo quindi sull’iconografia, l’innografia, e la stessa conoscenza storica del Demetrio di Tessalonica.

Tralasciando qui di addentrarci nella vexata quaestio sull’identità storica del santo e sulle sue reliquie, ancora una volta aperta dagli studiosi a molteplici ipotesi, e rimandando per un maggior approfondimento alla consultazione di studi specifici in merito, ci limitiamo a presentare la seguente traduzione basata sul testo del Migne in PL 129, col. 715-26.

E. M.

 

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Icona di san Demetrio con scene della vita, 1520 ca, Saris Museum, Bardejov – Slovacchia.

 

 

INCIPIT a PASSIO SANCTI DEMETRII MARTYRIS,

Auctore Anastasio Bibliothecario.

(Apud Mabill., vet Analect., pag. 172.) [0715] [0715A]

 

[col. 715] Lettera introduttiva

 Anastasio il povero al più pio e sempre augusto signore, l’imperatore Carlo, [che detiene la sua] corona e il regno per mezzo di Cristo.

Di recente ho tradotto la passione e i miracoli del beato martire Demetrio di Tessalonica dal greco in latino per l’edificazione dei [miei] fratelli, specialmente per quel più colto uomo Giovanni il Diacono[9], che [vi] è ben noto a causa dell’ortodossia della vostra fede e dello splendore della vostra conoscenza. Questo suddetto Giovanni aveva nella propria casa una cappella, meravigliosa per antichità e bellezza, dedicata a questo martire: tuttavia non sapeva chi fosse questo martire di Cristo. Così, dal momento che ho conoscenza di Tessalonica dove il suo prezioso olezzante corpo giace sepolto e rifulge per gli splendidi miracoli, gli ho esposto [la storia] nello svolgimento dei fatti. Ma poiché non voglio che la vostra regalità sia derubata della conoscenza di questa nuova, ho preso cura, e la possibilità, di inviare questo [racconto] anche a voi; affinché, per l’intercessione dei santi e degli amici di Dio e anche la preghiera di questo [santo], la vostra grandezza possa ottenere grazia davanti a Dio e meritare il godimento della gloria eterna. Possa il Re dei re e il Signore dei signori proteggere il vostro regno con la Sua destra, e condurvi dal regno temporale a quello eterno.

  

La Passione

           

Tessalonica, basilica di san Demetrio:
il santo annunzia l’evangelo alla gioventù di Tessalonica;
il santo condotto alla presenza di Massimiano.

 

Quando l’imperatore Massimiano viveva nella città dei Tessalonicesi, essendo uomo superstizioso perseguitò coloro che avevano ascoltato la giusta religione e li uccise. Tra questi vi fu il beato Demetrio, che aveva compiuto buone opere fin dalla sua giovinezza e aveva istruito altri, mostrandosi senza alcun timore. Insegnava infatti come la divina Sapienza discese sulla terra dal cielo, affinché l’uomo che era morto a causa del peccato fosse vivificato dal suo stesso sangue. Mentre stava predicando queste ed altre cose, alcuni funzionari imperiali che erano stati incaricati della cattura dei cristiani, arrestarono san Demetrio e lo portarono all’imperatore Massimiano. Accadde infatti che l’imperatore stesse andando allo stadio della città a motivo di coloro che stavano per incontrarsi in combattimento. Uno steccato circolare era pronto lì per mezzo di alcune recinzioni, dove stava a guardare [col. 716] quelli che si combattono l’un l’altro faccia a faccia, a vicenda, alla maniera del teatro, perché era per lui un piacere vedere lo spargimento di sangue umano. Tuttavia, non aveva senza inquietudine ed apprensione ciò che era giudicato piacevole per lui. Ardeva con desiderio riguardo un tale, di nome Lieo[10], combattente da solo[11], che, abusando della forza e delle dimensioni del suo corpo, aveva già ucciso molti, possedendo una conoscenza acquisita ed esperta dell’uccidere attraverso la teoria e la pratica. Poiché tutti avevano paura di quest’uomo e sembrava non ci fosse nessuno in grado di fargli fronte, Massimiano lo teneva in grande considerazione, stimandolo, ed era solito guardarlo con grande piacere. Lo elogiava ed ammirava, e lo gloriava nell’arroganza dell’uomo, come se riguardasse qualcosa di stragrande. Quando giunse vicino allo stadio, quelli che avevano arrestato il beato Demetrio, lo condussero davanti a lui. Sentendo che era un cristiano, l’imperatore, poiché era interamente preso dallo spettacolo lì da presso, ordinò che il beato Demetrio fosse imprigionato in quello stesso luogo nei pressi dello stadio e tenuto sotto guardia nel bagno pubblico. Così l’imperatore si sedette, e quando fu fatto entrare Lieo, chiese chi fosse disposto a entrare in combattimento con lui, promettendo e proponendo doni. Ed un tale giovane di nome Nestor saltò fuori dalle gradinate superiori e, desiderando intraprendere il combattimento, prese posizione di fronte a Lieo, così che, stupefatto, Massimiano chiamò a sé Nestor, che per questo balzò fuori, e lo consigliò, dicendo: “Mi rendo conto che la mancanza di denaro ti ha fatto sollevare a un tale stato di fantasia che o perché guadagneresti vincendo una subitanea ricchezza o, ingannato dalla promessa, insieme con la vita ti vuoi liberare della tormentosa povertà. Io però, per compassione della giovinezza di cui sei adorno, darò anche a te doni degni e sufficienti a motivo della tua singolare audacia. Quindi va’, avrai con la tua vita anche i doni. Non gettarti contro Lieo, perché egli ha vinto molti più forti di te”. Quando Nestor ebbe sentito queste cose, non accettò i moniti dell’imperatore, né ebbe timore riguardo la forza di Lieo. Ma rispose all’imperatore: “Non sono venuto al combattimento per il guadagno, come tu sostieni, ma al fine di dimostrare a me stesso che sono migliore di Lieo. Allora [col. 717] sia l’imperatore che quelli che erano insieme a lui, sostenitori di Lieo, si adirarono per le parole di Nestor, non tollerando la sua presunzione. L’imperatore dunque rassicurò Lieo e gli riconfermò la sua fiducia. Egli, per parte sua, si affrettò a mostrarsi degno del giudizio imperiale. E quando fu dato inizio al combattimento, Lieo subì un colpo mortale e cadde immediatamente morto, causando nell’imperatore un estremo turbamento. Per questo motivo, senza rispettare alcunché di quanto concordato e del denaro promesso a Nestor, subito balzò dal suo seggio e rientrò con tristezza al palazzo. Quando alcuni, avendogli ricordato di Demetrio, suscitarono così la sua rabbia ed egli ordinò che immediatamente venisse trafitto con le lance nel luogo stesso dove era imprigionato. In questo modo il beato Demetrio adempì la testimonianza[12] della buona confessione. Il suo corpo fu considerato come cosa da poco dai suoi uccisori; ma alcuni pii uomini giunsero segretamente di notte e prendendolo dal campo in cui era stato gettato, e raccolta della terra per quanto ne poterono, ebbero cura di seppellirlo in modo che non ricevesse offese da qualche animale feroce e crudele.

Dopo questi eventi, nessuno si curò di spostare il piccolo corpo del santo, ma rimase sotto una lapide. Poi, affinché venisse un poco glorificato, in quello stesso luogo avvennero non pochi miracoli e guarigioni per coloro che lo invocavano con fede. Quando il valore del martire fu portato a conoscenza di tutti, Leonzio certamente amato da Dio, uomo che aveva dato prestigio alla sede della prefettura dell’Illirico, mondò e ripulì l’edificio che conteneva il santissimo corpo del martire[13], e liberandolo da ogni nocumento, dal momento che era molto mortificato, nascosto su tutti i lati, e limitato dai portici dei bagni pubblici e dello stadio. Lo ampliò per mezzo di ulteriori lotti di terreno, e vi eresse un oratorio[14] in onore del santo martire Demetrio a lode del Signore nostro Gesù Cristo, al quale insieme al Padre e allo Spirito Santo si deve la gloria, l’onore e la potenza per i secoli dei secoli.

 

           

 

 

 

Tessalonica, basilica di san Demetrio:
san Demetrio benedice Nestor prima del combattimento;
martirio del santo.

Esterno della basilica di san Demetrio a Tessalonica

 

Miracolo 1

         

Interno della basilica di san Demetrio a Tessalonica

A un certo Mariano, uno dei senatori, fu ordinato dagli imperatori di regolare le tribù che erano nell’Illirico alla maniera dei prefetti. Quando giunse a Tessalonica, resse il governo della prefettura in modo pio, e fu gradito a Dio e all’uomo. Allora il diavolo, invidiando la sua ricchezza, lo tentò per provarlo, come il giusto Giobbe. E prima di tutto cominciò a provarlo attraverso i sette vizi. Ma l’altro, sostenuto dalla grazia di Dio, superò tutte le sue macchinazioni. E quando il diavolo non riuscì in questo modo, privò quell’uomo di tutte le sue ricchezze terrene; ed egli non era in grado di conquistarlo neppure in questo modo, giacché c’era l’aiuto dall’Alto con lui. Infine, pertanto, il diavolo, con il permesso di Dio, lo colpì con una tale grave malattia che egli non aveva alcun potere su di una qualsiasi delle sue membra, ad eccezione solamente della sua lingua, che usava costantemente per lodare Dio. E quando egli ebbe subito questa malattia con pazienza per un lungo periodo di tempo, il diavolo giunse alla città sotto le spoglie di un uomo, portando un certo documento nelle sue mani, e disse a uno dei suoi servi, “Se il tuo padrone vorrà portare questo su di sé, egli verrà liberato dalla sua malattia”. Quest’ultimo entrò innanzi al suo padrone e gli disse: “Dunque ascoltami, e sarai guarito. Vi è uno sconosciuto in città con un documento che dice che se sei disposto a portarlo su di te, [col . 718] verrai liberato dalla tua malattia”. Ma egli chiese: “Che cosa c’è scritto su di esso?”. “Non lo so”, rispose il servo, “ma lui [lo straniero] dice che sono i nomi degli dei e degli angeli”. Mariano disse: “Dio, senza il cui cenno non succede nulla, è in grado di restituirmi la salute, senza alcun documento scritto; fagli avere quello che è suo; lascia che sia fatta la volontà di Dio su di me”. Quando ebbe detto queste cose, fu presto colto dal sonno a causa del suo dolore e della sofferenza. Quando fu addormentato, il benedetto Demetrio gli apparve, dicendo: “Alzati e ordina ai tuoi servi di portarti al santuario di Demetrio; lì, con l’aiuto di Dio, riceverai una cura”. E quando si fu svegliato e chiese a quelli in piedi riguardo al santuario del martire Demetrio, qualcuno disse: “Vi è un santuario molto piccolo, vicino allo stadio in cui si dice che giace Demetrio, che fu ucciso [colpito] da molte lance tanto tempo fa per ordine dell’imperatore Massimiano”. Allora disse, “Conducetemi lì, in quanto mi è stato detto in un sogno che lì io potrò ricevere una cura”. Allora i suoi servitori condussero il loro signore al luogo che era stato ordinato, e ordinò loro di poggiarlo solamente sul pavimento. E quando fu sdraiato [lì], fu colto da un improvviso sonno, ed ecco, il benedetto Demetrio gli apparve di nuovo, dicendo: “Tu puoi essere curato da me, ma ho paura che dopo la guarigione tu possa intrappolarti nelle cure di questo mondo”. Ma Mariano [disse]: “Voi sapete, signore, che non ho mai fatto ciò, e che non voglio fare questo [ora]”. Ed egli [rispose]: “Cristo, che innalza gli umili[15], ti guarisce”. E svegliatosi, Mariano iniziò a raccontare la sua visione. E quando giunse al punto in cui il martire disse: “Cristo, che innalza gli umili, ti guarisce”, si alzò guarito e, insieme a tutti i presenti, rese grazie a Dio, che vive e regna nei secoli dei secoli. Amen.

                   

Miracolo 2

Similmente, vi fu un certo prefetto della città di Tessalonica, che soffriva di una perdita di sangue e, proprio come la donna che era stata guarita dal toccare il lembo della veste del Signore[16], aveva speso quasi tutto il suo reddito per i medici, e non era stato in grado di essere guarito da nessuno. Quindi, finalmente, ispirato dalla divina misericordia, quegli disse un giorno ai suoi servi: “Trasportatemi al santuario del Protettore della nostra città”. Ma quelli con timore gli chiesero: “Al santuario di quale Protettore comandi che ti portiamo?”. Egli rispose loro: “[Al santuario] del primo”. Gli chiesero: “Di quale primo? Dicci il suo nome, signore”. Egli li guardò e disse: “Ahimè! Io anche se giacendo [qui] mezzo morto lo conosco, mentre voi pur essendo sani ignorate di lui? Non sapete che questa città ha molti protettori, ma uno li supera tutti, colui che combatte sempre con più prontezza per essa, che quale difesa inespugnabile ha meritato non solo la città, ma anche l’intera regione? Così trasportatemi al suo santuario, perché con la mia visita abbia pietà di me. O certamente, accolga la mia anima quando sarò morto e, intercedendo per me quando sarò presso il tremendo tribunale di Cristo, mi salverà dall’eterno castigo”. Quando ebbero udite queste cose, si resero conto che egli parlava del santo Demetrio, che spesso restituiva la salute ai malati, e rapidamente lo trasportarono lì. Quale lingua, carissimi fratelli, può onorare questo martire con degne lodi, che colui che molti e svariati medici non riuscirono a guarire, in un momento rese sano? Infatti entrato quegli per le porte della chiesa, ha meritato non solo la salvezza del suo corpo, [col. 719], ma anche quella della sua anima, per la potenza del Signore nostro Gesù Cristo, che vive e regna nei secoli dei secoli. Amen.

 

Mosaico di san Demetrio con bambini, 620 ca, basilica di san Demetrio, Tessalonica

 

Miracolo 3

Tessalonica, cripta della basilica di san Demetrio: l’antico ciborio che custodiva le reliquie

Abbiamo sentito un amico della verità, senza dubbio un importante sacerdote[17], riferire alcune cose circa il martire Demetrio che, con l’aiuto di Dio, cercheremo di spiegare nei seguenti [passi]. Accadde – ha detto – che di notte in un incendio il ciborio, magnifico e tutto d’argento che era nel santo tempio, si fosse del tutto fuso. Così il santissimo vescovo provò a rifabbricare il ciborio di cui sopra, ma non trovava la stessa quantità d’argento che aveva fuso per il completamento di un così grande lavoro. Pensò allora tra sé di fondere il trono d’argento che stava nello stesso venerato tempio, e quindi completare il lavoro. E quando ebbe deciso tra sé, e nessuno sapeva il suo piano, il martire di Cristo Demetrio apparve in sogno a un certo presbitero, un uomo di ottimo stile di vita, di nome Demetrio, dicendo: “Va’, dì al vescovo della città: Non pensare di distruggere il trono della mia casa”. Quando il sacerdote ebbe detto questo al vescovo, il presule fu in verità stupito prima di tutto che il suo pensiero era stato reso pubblico, poi considerò con qualche sospetto il custode del tempio del martire venerato, pensando che potesse aver organizzato questo. E il vescovo gli disse: “Hai mai sentito questo da me, fratello?”. Dopo molti giorni, quando ebbe una seconda volta esaminato i ragionamenti e di nuovo non ebbe trovato nessun’altra soluzione con cui il lavoro del ciborio potesse essere completato, si sentì riconfermato nel suo primo piano di fare il ciborio dal trono. Quando ordinò che fosse chiamato un argentiere, al fine di istruirlo su come distruggere il trono, qualcuno gli annunziò, dicendo: “Il presbitero Demetrio chiede di essere ammesso presso la tua santità”. Quando fu entrato, gli disse: “Il martire Demetrio che apparve a me, un peccatore, in precedenza, mi è apparso di nuovo in una visione con un aspetto un po’ triste, e mi ha ordinato di riferire queste parole alla tua santità: ‘Per amor di carità, non rattristarmi con la distruzione del trono’”. Ma quello quando ebbe sentito si indignò col sacerdote, pensava infatti che si fosse inventato queste cose. Lo congedò da sé più severamente, e rese manifesta la sua intenzione, dicendo: “Hai abbondanti consigli da dare quando c’è una diminuita quantità d’argento! Non passare a sentenza, filosofeggiando sui problemi degli altri”. Allora il presbitero se ne andò confuso poiché il santo non aveva ancora detto che cosa dovesse essere fatto, ma solo: “Non distruggere il mio trono”. Quella stessa notte apparve san Demetrio al presbitero Demetrio, e gli disse: “Vai, dì all’arcivescovo: “Non preoccuparti per il mio ciborio, io infatti me lo completerò da me”. E quindi il presbitero obbedì ai comandi del martire, e riferì ciò al suo superiore. Quando il suo superiore, udì questo, lodò Dio e il santo martire Demetrio. Mentre ancora parlavano tra loro di queste cose, ecco giungere il sagrestano[18], dicendo: “Santo vescovo, il ricchissimo Mennas aspetta davanti a casa tua volendo parlare con te”. Egli rispose: “Venga”. Venne il suddetto Mennas ed entrato gli diede 75 libbre di argento come contributo del ciborio. E poi venne Giovanni, senza dubbio dolcezza dei poveri, offrendogli 40 libbre di argento; e i cittadini arrivati offrirono, secondo quanto potevano, [col. 720] per il rifacimento del ciborio. In tal modo fu portata a termine l’opera spesso nominata per i meriti del santo martire, con l’aiuto di Nostro Signore Gesù Cristo, che vive e regna, insieme con il Padre e lo Spirito Santo, nei secoli dei secoli. Amen.

 

Miracolo 4

San Demetrio; mosaico del monastero di Xenofondos (seconda metà del XII sec., Monte Athos)

 

Ma non crediamo che debba essere omesso qui quanto abbiamo sentito da un santissimo arcivescovo. Ci ha riferito, infatti, su un tale che era custode del tempio del martire Demetrio, di nome Onesiforo. «Quando un giorno stavo andando alla chiesa del martire, ho trovato il suddetto custode Onesiforo che giaceva mezzo morto davanti l’ingresso [della chiesa] del santo martire. E quando, sconvolto, piansi per l’infermità del mio amico; ritornato in sé Onesiforo, mi vide piangere, e disse: “Perché sei triste per me, signore Eusebio[19]? Se mi vuoi bene, non essere turbato, ma comanda di preparare la mia tomba, e seppelliscimi vivo in essa”. Turbato da questo, gli chiesi triste: “Qual è la ragione di questo, fratello?”. Egli rispose: “Perché per mia colpa ho destato l’ira del santo martire. Infatti il santo martire apparve in sogno, a me un peccatore, e si rivolse a me con una dolce voce: “Fratello Onesiforo, non mi piace quello che fai. La salvezza di un’anima mi piace più di mille libbre d’oro. Non sai che quanto più a lungo arde la candela che viene offerta per i peccati, tanto più continuano i santi ad intercedere per i peccatori? Consenti quindi alle candele grandi e piccole di ardere, perché tutte le candele sono necessarie per far risplendere la mia casa”. Ma me misero, quando mi svegliai, ho pensato fosse frutto della mia fantasia, e dissi a me stesso, “Il santo non appare ai peccatori”. Invero per due o tre volte ho ricevuto gli stessi ammonimenti in sogno, e ho voluto osservare ciò, e fino alla fine [di stasera] ho voluto osservarle. In questa stessa notte, però, un uomo devoto è venuto ad offrire in chiesa delle grandi candele. Dopo aver pregato, ha lasciato la chiesa. Pensai di spegnerle, dimenticando il comando del martire. E quando ho iniziato con forza a spegnere le candele, san Demetrio, sgridandomi dalla sua urna d’argento con voce forte e terribile, disse: “O avido!”, e ancora una volta, “O avido!”. Miserabilissimo, davvero, ed estremamente terrorizzato, sono stato gettato giù per terra, e buttato fuori le porte del monastero, [qui] dove mi hai trovato quasi morto”. Nostro padre l’arcivescovo ci ha raccontato spesso queste cose. Così dobbiamo rispettare i comandi che ci sono dati dai santi con autorità divina. Di modo che possiamo essere sempre custoditi dalla loro benignità, e ci rendano perseveranti nei precetti di Cristo. Amen.

 

Miracolo 5

Accadde agli abitanti della città di Tessalonica, senza dubbio a causa dei loro peccati[20], che una tribù barbarica avesse saccheggiato la loro terra, bruciate le loro case, devastate le loro vigne, e avesse trasferito i loro figli e le loro figlie, cavalli e asini, pecore e mucche, al largo in cattività; che avesse distrutto il frumento e il vino e l’olio, al fine di porre l’assedio alla città[21]. Una grande carestia seguì alla persecuzione in tutta quella regione. Pertanto, gli uomini ragguardevoli della città, inviarono ambasciatori all’imperatore[22], affinché liberasse la città dall’assedio dei barbari e dalla imminente carestia. Nel frattempo, il gloriosissimo martire Demetrio apparve, così come è rappresentato nelle immagini, dalle parti dell’isola di Chios, a un tale armatore di nome Stefano che portava un carico di 200 [col. 721] modii[23] di grano per la città reale, e gli disse: “Ascoltami, e naviga rapidamente per Tessalonica”. Egli, anche se era come uscito fuori di mente, per la visione del martire ed essendo in grado a malapena di parlare, disse: “Signore, abbiamo sentito dire che è sul punto di essere presa dai barbari”. Il santo rispose: “Naviga lì, dunque, e annunzia alle navi che si incontrano che Tessalonica è stata salvata dalla misericordia di Dio”. Detto questo, il santo cominciò a precedere Stefano, camminando sul mare. E Stefano allora navigò verso Tessalonica e raccontò la visione del martire a quelli che incontrava. E precedette gli ambasciatori che i cittadini avevano inviato all’imperatore, insieme a molti commercianti, e trasformò il lutto della città in gioia, raccontando come il martire gli era apparso. Infatti terrorizzati dalla paura divinamente ispirata, i nemici avevano lasciato il loro assedio poco prima. 

 

Icona di San Demetrio dell’agiografo Konstantino ieromonaco (1725), chiesa di San Nicola in Moschopoli (Voskopoja – Albania). San Demetrio, in sontuoso equipaggiamento militare e mantello verde, cavalca un cavallo rosso riccamente bardato. Sul mare navigano delle navi a vela e una nave a tre alberi con polena sulla prua; le alte mura bianche ove svettano le balestiere e i cannoni rendono l’atmosfera di guerra. Alla sommità del castello, sette alte torri legano la scena con la città di Salonicco e l’Eptapyrgion.

 

Miracolo 6

Voi tutti siete a conoscenza della carestia che si verificò poco tempo fa non solo in questa città di Tessalonica, ma quasi un po’ ovunque, in misura tale che anche la stessa regina delle città fosse divenuta preda non solo della scarsità di frumento, ma anche di altre cose. Pertanto, poiché la città era schiacciata dalla sofferenza di una così grande carestia, il santo martire Demetrio, per comando di Dio, inviò loro navi da molte e diverse regioni ricolme di vari prodotti, freschi e secchi, e con ogni bontà d’umano cibo, così che la loro disperazione per queste necessità cessasse immediatamente, come avete già sentito. Ci fu un certo uomo che era stato inviato dal suo padrone dall’isola di Chios, al fine di acquistare il grano che le navi dovevano trasportare. Ora, quando egli trovò le navi con il minimo, e fu colto da grande dolore, sentì una voce dirgli: “Perché sei turbato? Sappi che Demetrio ha pagato [loro anche] tutti i depositi precedenti, al fine di inviarli a Tessalonica”. Quello si recò alla chiesa dei santi Victor e Isidoro[24], volendo sapere dai contadini chi fosse questo Demetrio. E non ottenendo alcuna risposta a questa domanda, ipotizzò che un uomo di nome Demetrio stesse per essere inviato dal prefetto della città di Tessalonica. Egli immediatamente inviò una lettera al suo signore, riferendo come il frumento era stato acquistato da Demetrio. Il [suo] signore riferì le stesse cose all’imperatore, che, dopo aver esaminato la questione, scoprì che nessuno era in procinto di essere inviato dal prefetto di Tessalonica, e ancora che il [prefetto] non aveva nessun uomo di nome Demetrio. Sia l’imperatore che il popolo si resero conto che non era altri che il martire Demetrio ad essere apparso al suddetto uomo. E tutti coloro che avevano ascoltato glorificarono Dio che aveva liberato la città di Tessalonica dai pericoli della fame per i meriti del suo martire.

 

San Demetrio, Panselinos, Sacro Monastero di Vatopedi, Monte Athos (1300 d.C. ca)

 

Miracolo 7

Un certo prefetto, il cui nome non ho bisogno di dire in quanto egli rimane in eterno obbrobrio, sovraintendeva alle città dell’Illirico. Questi gonfio di orgoglio, convocò quelli che sovraintendevano alla città di Tessalonica, e chiese che essi svolgessero un certo ordine. Essi gettatisi in ginocchio davanti a lui dissero che non erano in grado di obbedire al suo comando. Ma egli rispose loro che mentivano. Allora gli replicarono: “Se non ci credi, giureremo davanti al sepolcro di san Demetrio che non siamo in grado di adempiere a questo [comando]”. Ma egli scoppiò nella bestemmia contro il martire, [col. 722] ridicolizzando i suoi concittadini a causa del glorioso martire. Essi non tollerando la bestemmia, si turarono le orecchie e uscirono. Dopo due giorni il corpo del prefetto fu colto dalla punta dei piedi alla testa da una tale grave malattia che neanche i medici poterono identificare la sua infermità; egli rimase in questa condizione per otto mesi. All’ottavo mese, infatti, l’infelice uomo raggiunse un tale stato di miseria che perse l’uso della parte inferiore del corpo, con il risultato che poteva vedere tutte le sue membra, ma non poteva muoverle. Mirabile è la potenza di Dio che opera queste cose attraverso i suoi servi!

 

San Demetrio difende la città di Tessalonica dall’assedio

 

Miracolo 8

Eusebio, arcivescovo della città di Tessalonica, ha avuto una visione che desidero raccontarvi. Prima che le orde barbariche iniziassero ad attaccare la città di Tessalonica, il suddetto pontefice vide se stesso, in sogno, seduto nel teatro della città insieme a una grande folla di servi. E mentre si chiedeva il motivo per cui sedesse in un luogo osceno, e sorgendo in lui il desiderio di andare via, vide un attore tragico[25] in piedi dove le rappresentazioni vengono recitate, che gli disse: “Attendi, dal momento che devo fare lamento su te e tua figlia”. Gli rispose: “Non preoccuparti, io infatti non ho una figlia, né sono in lutto”. Ma l’altro gli disse: “Veramente, hai e una figlia e una madre di molti figli, ed è necessario fare lamento su di lei”. Allora il presule capì che si riferiva alla città come sua figlia, e disse: “Ti scongiuro, per Dio, affinché né su me né su essa si debba piangere”. E quando per la terza volta volle ripetere il lamento, e da parte del vescovo non gli fu consentito [farlo], [il vescovo] si svegliò dal sonno e si rese conto che la tragedia non aveva una buona allusione. Infatti, dopo pochi giorni, innumerevoli orde di barbari circondarono Tessalonica e il vescovo comprese che la visione che aveva avuto era vera.

Quando il distretto di Tessalonica fu devastato dalle tribù barbariche, come abbiamo visto sopra, gli abitanti dei paesi vicini furono colpiti dalla carestia a causa dei loro attacchi. Alla fine, in vero, molti abitanti erano morti più per risultato della carestia che a causa dei combattimenti, così quando i Barbari ebbero elaborato un piano improvvisamente attaccarono la città pensando che fosse priva di difensori, perché la situazione era quella, ed era stata devastata dalla carestia. Infatti noi eravamo pochi: quelli invero superavano il numero delle locuste. Allora, quando ebbero costruito trincee, arieti di ferro, catapulte, e una grande testuggine[26] come copertura protettiva, si coprirono con pelli di buoi e cammelli nel caso in cui fossero stati colpiti dal fuoco scaraventato giù da parte dei cittadini. Inoltre, essi incalzavano così pesantemente i cittadini, che nessuno aveva speranza di sopravvivere. Assediarono la città per lungo tempo, fino all’esaurimento di tutte le loro forniture, tanto per l’uomo che per le bestie. Avendo deciso di attaccare la città tutto il mattino del giorno successivo, la circondarono su ogni lato con le loro macchine di guerra. E quando ormai l’urbe stava per essere presa, fu vista uscire dalla città una moltitudine di uomini armati, come uno sciame di api, che era preceduta da un certo giovane dai capelli rossi, di bellissimo aspetto, recante tra le mani il segno della croce; lo portava un cavallo bianco, e con impeto si scagliarono contro di quelli. Atterriti, [i barbari] lasciarono la città, prendendo riparo con la fuga. Tuttavia pochi, che non erano riusciti a fuggire, rimasero lì mezzi morti. Quando questi furono catturati dai cittadini, fu chiesto loro [col. 723] perché una così grande moltitudine era in fuga, senza alcun motivo. I barbari quindi [risposero], “La moltitudine di uomini che si nascondevano, insieme con il loro coraggiosissimo comandante, ha messo in fuga le nostre truppe”. Ma quelli [i cittadini] si resero conto che il comandante era il martire Demetrio, che insieme ad un esercito di angeli aveva messo in fuga il nemico. Poi, quando ebbero raccolto le spoglie del nemico, si recarono insieme alla chiesa del beato Demetrio e diedero grandemente grazie a Dio che aveva liberato la città dai nemici, per la sua intercessione.

Mentre alcuni uomini stavano parlando della fuga dei barbari, uno dei nostri fratelli si elevò e disse loro: «Quando una notte di questa settimana, dopo la preghiera mattutina, ero in piedi nel tempio di san Demetrio martire e stavo in preghiera davanti al suo santo sepolcro, un grande sopore scese su di me di modo che non ero non ero completamente addormentato né del tutto sveglio. Ed ecco, apparvero due uomini dal volto terribile, e dissero al custode del tempio: “Dov’è il signore di questo tempio?”. Rispose: “Egli abita sotto questo ciborio”. Ma quelli [dissero]: “Andate, e ditegli che siamo stati inviati da lui”. Egli andò, e quelli lo seguirono. E lo chiamò, dicendo: “San Demetrio, ci sono due soldati che sono stati inviati da te dal loro signore”. E immediatamente il santissimo martire di Cristo apparve dal di dentro, si fermò accanto alle porte, ed apparve anche a me indegno. Io invero caddi sulla mia faccia, poiché non potevo guardare il suo volto angelico. Infatti il suo aspetto non era come quello raffigurato nelle antiche pitture, ma il suo volto emetteva raggi di luce come il sole. Anche se giacevo prostrato a terra, tuttavia ho ascoltato con attenzione ciò che essi si stavano dicendo l’un l’altro. E infatti ho sentito che gli uomini salutavano il santo rispettosamente. Egli disse loro: “La grazia di Dio sia con voi. Perché siete stati inviati da me?”. Gli uomini riposero: “Il nostro Signore ci ha inviato alla tua santità per dirti questo: ‘Affrettati a venire da me, in quanto la tua città sta per essere consegnata ai suoi nemici’”. Quando ho sentito questo, colpito dal dolore per le sue parole, levai in alto le mie mani, e guardando un poco in su, vidi il volto del piissimo martire oltremodo afflitto. Ed essendo passata un’ora, vidi le lacrime che dai suoi occhi scendevano sulle guance. Poi il custode del tempio, disse ai due giovani che aveva portato lì: “Perché avete rattristato il mio signore? Se avessi saputo prima la vostra intenzione, non vi avrei portati da lui”. Quindi, il santo di Dio disse al suo guardiano: “Questi sono i miei servi, e loro mi hanno riferito ciò che era stato ordinato [di dirmi]”. Il santo martire poi disse ad alta voce: “O Signore Gesù Cristo, che hai detto: Non voglio la morte del peccatore, ma che si converta e viva[27], e ancora, C’è gioia innanzi agli angeli di Dio per un peccatore che fa penitenza[28]. Infatti tu pur essendo il Signore di tutti gli angeli, hai dato la tua vita per la redenzione degli uomini iniqui. Tu, Signore, che hai affidato a me la città e i suoi cittadini, perché io vivessi per sempre con loro e li custodissi. Allora, come posso abbandonarli in così grande bisogno? o come potrò osservare la distruzione della mia patria? Che sarà per me la vita quando i miei cittadini saranno stati distrutti? Come sono stato con loro spiritualmente quando prosperavano, così non li abbandonerò mentre sono in pericolo. Qualunque cosa si meritino di soffrire, più ancora merito di soffrire con loro. Ma tu, onnipotente e [col. 724] misericordioso Dio, che ascoltasti Giona nel ventre della balena[29], ed i tre fanciulli nell’ardente fuoco della fornace[30], e Susanna mentre era falsamente accusata[31], ascolta il tuo popolo e liberalo dalla distruzione dei barbari”. E quindi fu udita una voce inviata dal Signore, “Avvenga di loro secondo la tua volontà”[32]. E con grande gioia, immediatamente salutò i due giovani che erano stati inviati a lui, e ringraziò Dio che lo aveva ascoltato». Così sapete, senza dubbio, di aver ricevuto attraverso questo santo la vita e la vittoria, con l’aiuto del Signore nostro Gesù Cristo, che vive e regna per i secoli dei secoli. Amen.

 

Miracolo 9

Tra gli altri miracoli vorrei inserire anche questo, un miracolo che il santo martire Demetrio ha operato nel nostro tempo. C’era un certo vescovo del paese degli Africani, di nome Cipriano, che aveva sollecitudine per il vero sacerdozio e conduceva una vita assai degna di Dio. Decise di andare verso la regina delle città, Bisanzio, spinto da una questione di necessità. E quando ebbe navigato per molti giorni e si era già avvicinato alle regioni della Grecia, fu catturato dai ferocissimi Slavi insieme con tutti i suoi [compagni]. Quando si furono divisi tra loro questi prigionieri, [gli Slavi] asservirono il vescovo di cui sopra insieme con i suoi [compagni]. Quando queste cose furono così compiute, ritornarono ai loro luoghi natii, e ogni barbaro pose l’onere della schiavitù sul suo prigioniero come voleva. E infatti il vescovo Cipriano custodì i depositi del suo signore, e distribuì le sue derrate alimentari con saggezza e lungimiranza, e rinvigoriva lodevolmente la sua vita con preghiere, veglie e digiuni. Ed egli disse al Signore: “Anche se sono senza alcun merito, mi hai costituito pastore del tuo gregge; come ora sono stato portato a un tale stato che sono assegnato al servizio dei barbari? Ma penso che questo mi è accaduto a causa dei miei peccati, ed è per questa ragione che mi ritengo intrappolato in questa tribolazione[33]. Chi guida le mie pecore, ora che il loro pastore è prigioniero dei bestiali barbari?”. Mentre piangeva su queste e [altre] cose simili, un bel giovane, di nobile aspetto, vestito e con sembianze come di un militare, gli disse: “Se vuoi essere liberato dalla schiavitù in cui sei detenuto e vuoi essere salvato dai barbari, alzati e seguimi. Guardati, mentre camminiamo, di non dirmi nulla; ma attendiamo in silenzio e facciamo insieme la strada pregando Dio mentalmente”. Allora il vescovo gli rispose: “Chi sei e da dove sei venuto qui?”. Ma l’altro gli disse: “Mi chiamo Demetrio, e sono un soldato del grande imperatore. La mia casa si trova al centro della città di Tessalonica, alla quale ti porterò senza danno, se mi seguirai”. Alzatosi, quindi, lo seguì, ed entrambi camminarono in silenzio. Marciavano durante la notte e riposavano durante il giorno. Inoltre, Demetrio si allontanava dal vescovo di mattina e tornava di nuovo a lui, quando la sera era vicina, portando con sé frutta da diversi alberi, con bacche di arbusti, con cui nutriva il suo compagno, e preso il cibo, ricominciavano il cammino. Dopo otto giorni, quando si erano avvicinati alle mura della già menzionata città, Demetrio dopo aver posto Cipriano di fronte le porte della città [col. 725] scomparve. Quando il vescovo cercò la sua fedele guida e buon compagno di viaggio e non lo ebbe trovato, entrò nella città. Domandava a coloro che incontrava e chiedeva loro dove fosse la casa di Demetrio il soldato. E quando gli risposero che vi erano molti Demetrio in città che prestavano servizio militare, quello osservò dicendo: “La casa di quello che sto cercando è al centro della città”. Pertanto, essendo tutti incerti con lui quelli a cui chiedeva, non riuscì a trovarlo da nessuna parte. Tuttavia, gli abitanti della città lo portarono dal vescovo presso la chiesa del martire. Quando entrò, subito si volse in preghiera, e rese lodi di ringraziamento a Dio Salvatore; e come egli ebbe sollevate le sue mani e gli occhi in preghiera, vide l’immagine del martire Demetrio nelle vesti del suo compagno e guida. Quindi, in presenza di tutti, gridò, dichiarando che, senza dubbio, era stato Demetrio stesso che lo aveva guidato e salvato; “e che questa era la casa del martire, la stessa che aveva ricordato quando mi era apparso all’inizio”. Allora fu riferito al vescovo della città della presenza dell’uomo, e delle cose che gli erano accadute ed erano state rese note. Egli subito accolse con favore il suo confratello nel ministero, lo portò nella sua casa, e lo trattò benignamente. Ma [Cipriano] non poteva sopportare di stare lontano dalla chiesa del santo martire, neanche per un momento, e trascorse tutto il tempo in cui era rimasto in città, in questa stessa chiesa. Quando trascorse l’inverno, e giunse infine il momento adatto per la navigazione, salì a bordo di una nave portando con sé l’immagine del martire Demetrio, e navigò con successo per la città di Costantinopoli.

Il Ciborio dove sono attualmente custodite le reliquie del santo (Tessalonica, basilica di San Demetrio)

Quando ebbe adeguatamente sbrigato le proprie faccende, con l’aiuto del vittoriosissio martire Demetrio, tornò da lì al suo paese e al suo gregge, promettendo di rendere grande venerazione al martire per quanto era accaduto. Inoltre, volle costruire un ciborio e un ambone simile a quelli che aveva visto [a Tessalonica], con colonne di marmo, in onore del santo martire Demetrio. In seguito fu molto inquieto, perché non conosceva assolutamente nessun modo o il come si potessero fare queste decorazioni. Infine, una notte, quando il vescovo era esaurito dall’eccessivo assalto dei suoi pensieri, la stanchezza lo invase, e immediatamente si addormentò. Ed ecco, stava di fronte a lui il santo martire Demetrio, dicendogli: “Perché sei triste, fratello? Non hai sentito quanto dice il Signore Gesù ai suoi discepoli: Amen! vi dico che chi dirà a questo monte: “Togliti di là e gettati nel mare”, se non dubita in cuor suo, ma crede che quel che dice avverrà, gli sarà fatto?[34] [col. 726] Dov’è la tua fede? O uomo, non essere turbato a causa delle colonne o dell’ambone. Infatti oggi una nave sta per mettersi in mare, trasportando tutte le cose che ti possono sembrare necessarie per la preparazione del tempio. Vi è infatti un vescovo nella regione delle Gallie, nella città di Marsiglia, che sta curando per il popolo a lui affidato, la costruzione di un tempio in onore del santo martire Victor[35], mio compagno e fratello, e vuole costruire in essa un ambone e il ciborio, come te nella mia chiesa. Per questo motivo, ha inviato una nave con i suoi servi al monte di porfido per acquistare abbastanza colonne di porfido e lastre da completare il lavoro in onore del santo martire Victor. Ma il santo martire è intervenuto e il suddetto vescovo ha ora trovato [alcune] colonne di porfido e lastre meravigliosamente colorate, che erano riposte a terra da lungo tempo, fuori della sua città. Il martire di Cristo ci inviò con la nave le colonne di porfido e le lastre acquistate dai suoi rappresentanti per poter eseguire con esse il lavoro che si desidera fare per me”. Ridestatosi finalmente dal suo letto, il vescovo riferì con ordine la sua visione al suo clero, e in grazia di ciò li inviò al porto marino. Questi, quando ebbero trovato la nave e parlato al suo capitano, chiesero quale prezzo si richiedeva per le lastre e le colonne di marmo, al fine di soddisfare il desiderio del vescovo. Ma il comandante della nave e quelli con lui non erano disposti [a vendere], negando completamente di avere alcuna delle cose che stavano cercando. I chierici che erano stati inviati dal loro vescovo riferite queste cose lo lasciarono triste, e frustrato nei suoi piani, cominciò a piangere. E così di nuovo il santo martire Demetrio gli apparve in visione, dicendo: “Vai tu stesso dal suddetto comandante della nave e digli: “Non essere mendace, infatti sulla tua nave si trovano stipati un ambone e altri pezzi in marmo che sono stati nascosti. Non esitare a darmeli a motivo del vescovo che ti ha inviato. Infatti il mio confratello, nella città di Marsiglia ha trovato il modo per finire il lavoro nel proprio oratorio”. E quando il vescovo andò e disse queste cose al capitano, e gli disse della sua meravigliosa visione, lo convinse ad accettare da lui il prezzo offerto per i marmi. E così avvenne. Quindi il vescovo dedicò il tempio costruito in onore del santo martire Demetrio, con un ambone e un ciborio, a lode di Cristo e per la gloria del martire, di cui spesso abbiamo detto. Se una persona malata si reca presso questo tempio in preghiera, e viene unto con l’olio della sua lampada, vi sarà guarito per la sua intercessione e per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo, che vive e regna nei secoli dei secoli. Amen.

 

Traduzione e note di E. M.
© Tradizione Cristiana
Aprile 2009

 

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Gloria a Dio!

 

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[1] BHL 2122.

[2] BHL 2123.

[3] I cui atti furono abrogati dal successivo concilio dell’879-880.

[4] Bibliotheca, cod. 255; PG, CIV, coll. 104 105; risalirebbe all’855 ca.

[5] BHG 496. Il testo è riportato in H. Delehaye, Les légendes grecques des Saints militaires, Paris, Picard, 1909, pp. 259-263.

[6] BHG 497. Secondo la Passio altera Demetrio è un alto funzionario pubblico, appartenente a famiglia di rango senatorio. A Tessalonica Demetrio predica l’evangelo nel foro e poi in un locale delle vicine terme. Uno dei seguaci, un gladiatore di nome Nestor, in vista del combattimento chiede la benedizione di Demetrio, in seguito alla quale sconfigge il suo avversario uccidendolo. Chiamato da Massimiano, spiega che la vittoria gli è stata concessa dal Dio di Demetrio. L’imperatore allora lo fa mettere a morte, ordinando anche l’immediata esecuzione di Demetrio. Un servo di Demetrio, Lupos, segretamente seppellisce il corpo del suo padrone, conservando però la clamide insanguinata del santo e il suo anello, coi quali opera numerose guarigioni. Scoperto dalle autorità, anche lui viene ucciso. Segue e conclude, la parte relativa al prefetto Leonzio e alla sua basilica, con alcune differenze rispetto alla passio prima.

[7] BHG 498.

[8] La più antica iconografia del santo, a Tessalonica e a Roma, lo presenta come diacono vestito di clamide, recante la croce e la corona del martirio. È a partire dall’XI-XII secolo che è testimoniato l’uso di raffigurare san Demetrio non più in abiti diaconali ma armato e in vesti militari, o anche seduto a cavallo, come descritto nella narrazione del dell’assedio di Tessalonica (miracolo 8). A questo contribuì certamente una memoria di quegli assalti crudamente ravvivata dall’invasione operata dai Franchi, che depredarono le reliquie del santo, e infine da quella dei Turchi che ne trasformarono il santuario in moschea.

[9] Giovanni Immonide, detto anche Giovanni il Diacono, poeta e scrittore Romano; tra le sue opere più conosciute figurano la Vita Gregorii I papae (conservata in BHL 3641-3642), e un rifacimento satirico della Coena Cypriani, che fu recitata a Roma durante il banchetto di festeggiamento per l’incoronazione di Carlo il Calvo.

[10] Lyaeus.

[11] monomachum.

[12] martyrium.

[13] Nel corso della IV Crociata (1204) il corpo di san Demetrio venerato a Tessalonica fu trafugato dai Veneziani e portato in Italia presso l’abbazia benedettina di San Lorenzo in Campo (Pesaro); venne restituito alla città di Tessalonica solo nel 1980, dove è esposto alla amabile venerazione dei cristiani di ogni parte del mondo. Reliquie minori del santo si trovano tuttora in Italia; una in particolare è venerata presso la parrocchia greco-ortodossa di san Demetrio in Bologna.

[14] Tra il 412 e il 413 è attestata la presenza di un prefetto dell’Illirico di nome Leonzio. Il dato concorda con quanto vuole la tradizione, che la costruzione della basilica sia avvenuta nel 413.

[15] Luca 1, 52.

[16] Marco 5, 25-34.

[17] summum sacerdotem, si potrebbe tradurre con “vescovo”, ad ogni modo, l’autore lascia intendere che la sua fonte sia stata lo stesso prelato protagonista del fatto, di cui (opportunamente) viene taciuto il nome.

[18] ostiarius.

[19] Si tratta di Eusebio arcivescovo di Tessalonica, contemporaneo di Gregorio Magno, al cui indirizzo troviamo alcune epistole di quest’ultimo, tra cui quella del maggio 599 sull’arbitrario utilizzo del titolo di “ecumenico” da parte dell’arcivescovo di Costantinopoli. Eusebio compose un’opera in dieci libri contro il monaco aftartodoceta Andrea, dei quali si è conservato un riassunto nella “Bibliotheca” di Fozio, Cod. 162.

In questa raccolta dei miracoli di san Demetrio, è riportata anche un’altra testimonianza dello stesso Eusebio relativa all’assedio di Tessalonica.

[20] L’argomento verrà ripreso più avanti (miracolo 8), nel dettagliato racconto, fatto dall’arcivescovo Eusebio, dell’assedio e della intercessione operata da san Demetrio.

[21] Nel 586 Tessalonica fu a lungo assediata dagli attacchi di Avari e Slavi. La città di Tessalonica, benché allo stremo, resistette all’assedio, a seguito del quale si insediò nella città una numerosa comunità Slava, tra i cui discendenti emergeranno fra gli altri i santi Cirillo e Metodio.

[22] Maurizio Tiberio imperatore dal 582 al 602 (anno della sua morte), nella seconda metà del suo regno sostenne una lunga campagna di difesa delle frontiere balcaniche contro gli assalti di Avari e Slavi. Successivamente all’assedio di Tessalonica, Maurizio richiese alcune reliquie di san Demetrio all’arcivescovo della città Eusebio, il quale gli rispose però che nessuno sapeva dove si trovassero i corpi dei martiri perché si era dovuto seppellirli di nascosto: avrebbero potuto dirlo solo coloro che avevano preso parte a queste sepolture (cfr. PG, CXVI, coll. 1240-41).

[23] Unità di misura della capacità, specialmente per i cereali: in epoca romana corrispondeva a circa ~ 8⅔ litri.

[24] La chiesa, costruita nel V secolo da san Marciano nella località di Chora, era dedicata a sant’Isidoro di Chios, protettore dei marinai in tutto il mediterraneo, custodiva le sue reliquie e quelle dei suoi compagni di martirio Ammonio e Mirope.

[25] tragoedum.

[26] ingentibus testudinibus, macchina da assedio costituita da una tettoia mobile, volta a proteggere gli assalitori durante l’avvicinamento alle mura.

[27] Ezechiele 33, 21.

[28] Luca 15, 10.

[29] Giona 2, 1-11.

[30] Daniele 3.

[31] Daniele 13.

[32] Cfr. Luca 1, 38. «Diceva l’abate Mios: “Obbedienza per obbedienza. Se uno obbedisce a Dio, Dio gli obbedisce”» (dai Detti dei Padri del deserto).

[33] “Un anziano sentenziò: In qualunque prova non incolpare nessuno, ma soltanto te stesso, dicendo: Questo mi accade per i miei peccati”, da Detti dei padri del deserto, Poemen.

[34] Marco 11, 23.

[35] Testimonianze archeologiche confermano che la costruzione della chiesa abbaziale di Saint-Victor in Marsiglia risale alla fine del V secolo. L’abbazia, il cui primo impulso spirituale si deve a san Giovanni Cassiano, e la relativa chiesa sorsero attorno al sepolcro del martire soldato Victor (IV secolo).

 

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