PASSIO SANCTI ALEXANDRI

 

Ex manuscripto a Bonino Mombritio publicis juris facto

 

 

 

S. Alessandro, affresco romanico nell’atrio della curia di Bergamo

Fattosi cristiano sotto il governo del Cesare Massimiano, ciò avendo udito lo stesso Massimiano, dopo quindici giorni lo chiamò in giudizio e gli disse:

“Per nessun altro motivo ti ho citato in giudizio se non perché tu compia un sacrificio; abbiamo saputo che hai abbandonato i nostri dei; che ti sei fatto cristiano”.

E dicendo questo si fece portare una mensa: sistemata la quale, coperta di tovaglie di lino, disse ad Alessandro:

“Avvicinati ora e sacrifica”.

Sant’Alessandro, confermato nella grazia di Dio, gli rispose:

“Perché ti comporti così, Cesare Massimiano? Tu compi un gesto di grande tirannia. E certamente io ti posso venerare come re; ma assolutamente non posso amarti come un dio”.

E Cesare gli disse:

“Stabilisco che tu muoia, se non sacrificherai”.

Sant’Alessandro rispose:

“Se la morte mi sarà inflitta da te, questo è vita presso Dio. Infatti occorre uscire da questo mondo. È più grande la vita in cui entrerò; possiederò il re dei secoli che è giustissimo, nostro creatore e nostro Dio”.

Sorpreso per la sua risposta, Cesare ordinò che si alzasse, e lo persuadeva con suasive parole, dicendogli:

“Anche se rifiuti di sacrificare, Alessandro, acconsenti almeno a coloro che sacrificano, e unisciti ad essi”.

Dal momento che egli taceva e non rispondeva nulla al tiranno, Cesare comandò agli inservienti di sistemare la mensa coi sacrifici.

Sant’Alessandro, guardando il cielo disse:

 “E volesse il Cielo che Dio mi concedesse simile grazia, lui che tutto concede a chi gli chiede in nome di Gesù Cristo, di poter cioè convertire la tua volontà alla conoscenza di Dio, e di allontanare da te questa incredulità quant’altri mai vuota. Ma tu hai questo insanabile male a causa di decrepita vecchiezza e aderendo a questa vanità non vuoi credere; me invece ha chiamato colui il quale promise in antico di chiamare coloro che giungono alla sua grazia. Evita le tue diaboliche decisioni, piangi; e riconosci le tue malvagie azioni; e credi nel Dio vivo; egli ha creato il cielo e la terra”.

Massimiano, scosso dalla sua ostentata sicurezza, gli disse:

“Finora sei rimasto fedele al punto che ti comandavo di unirti nella gioia ai sacrificanti. Dal momento che hai usato parole irrispettose più del consentito, ordino che tu sia obbligato come operatore primario del sacrificio preparato”.

Sant’Alessandro, udendo ciò, gli disse:

“Accolgo il tuo comando come risibilissimo. Io infatti adoro il Dio del cielo che mi ha condotto da questo errore, dal quale tu sei ancora avviluppato, alla sua conoscenza, e mi ha comandato di non adorare oggetti di legno o di pietra fabbricati da uomini, che tu adori con venerazione. Ma perché, tiranno, continui ad agitare la spada? E che cosa è questo che mi è concesso da te se sacrificherò? In verità non sono unito tanto alla tua meschina iniquità, quanto alla giustizia di Dio; e per la sua grazia ho meritato di esistere: per un piccolo piacere, non abbandono la grazia celeste”.

Avendo detto queste cose Alessandro ad alta voce al tiranno ed agli altri, Massimiano esasperato comandava ai circostanti che presentassero il sacrificio predisposto a lui che non lo voleva, e lo persuadessero accostandosi a lui con le armi. E quello, ancor più spinto a grande indignazione, sconvolgendo l’iniquità del re e i suoi comandi, percuotendo la mensa con un calcio la rovesciò con tutto quanto vi era stato posto sopra. Pieno di furore per questo e bruciante d’ira in modo estremo, Massimiano fissò gli occhi alla morte di lui e comandò che fosse consegnato ad uno dei servi che lo conducesse tra i destinati alla pena. Il servo in verità, sfoderata la spada, se ne stette immobile non osando fare nulla contro di lui; gli disse Massimiano:

“Perché te ne stai fermo, soldato malvagio?”.

Il soldato Marziano rispose:

“Signore mio re, la sua testa appare davanti a me come un monte; e io sono tutto impaurito”.

Conoscendo il motivo, Massimiano lo consegnò ad altri servi, perché lo uccidessero. Il santo martire di Dio Alessandro, pieno di gioia per questo comando, chiese dell’acqua e subito lavò le sue mani e piegando le ginocchia e abbassando la testa verso terra fece una preghiera a Dio dicendo:

“Benedetto sei Dio, che concedi cose buone a coloro che sono degni della conoscenza di te. Benedetto sei tu, che sei paziente con i peccatori e gli infedeli. Chiami gli erranti alla conoscenza di te. Benedetto sei tu, che hai calpestato l’inferno per la nostra resurrezione; i persecutori rifiutano di giungere alla tua verità. Benedetto sei tu, che per la tua pietà sollevi quelli che cadono. Benedetto sei tu, che detesti il sacrificio di animali e accetti molto volentieri le preghiere dei tuoi santi. Benedetto sei tu che cooperi con coloro che ti venerano per sottometter loro i demoni. Benedetto sei tu, che ti degni di offrire la penitenza a coloro che si pentono dei loro peccati, che ti sei degnato per grazia di donare la stessa ricompensa anche a coloro che arrivano all’undicesima ora. Benedetto sei tu, che oggi hai tolto da me l’ignoranza dell’empietà e mi hai unito alla venerazione di te, perché tu mostrassi la vittoria sulla persecuzione. Benedetto sei tu, che mi hai innalzato di mezzo al culto degli idoli fino alla tua grandezza delle sublimi tue opere buone, e mi hai liberato dal potere dei principi della terra. Benedetto sei tu, che hai stabilito che io fossi nella parte buona del tuo gregge, e mi hai confermato nella tua verità con un pensiero appropriato. Benedetto sei tu, che mi hai subito fatto dono del tesoro di tanti beni, e mi hai introdotto nello stadio della tua verità per mezzo di Gesù Cristo nostro Signore. Benedetto sei tu, che hai istruito con la parola della venerazione di te un forte atleta, mentre hai reso vano l’aculeo del diavolo. Tu, Signore, donami la grazia perfetta, come ti sei degnato di inviarla a coloro che ti amano”.

Pregò così il beatissimo Alessandro. Dopo l’orazione, guardando in cielo raccomandò il suo spirito dicendo:

“Nelle tue mani, Signore, affido il mio spirito”, e inclinò il capo adempiendo al comando del re.

Il servo gli tagliò la testa.

Poi, una certa matrona castissima di nome Grata, sopraggiunta alcuni giorni dopo, raccolse il suo corpo con animo lieto, e lo pose in un piccolo podere di sua proprietà, non lontano dalle mura della città di Bergamo.

Il beatissimo uomo di Dio Alessandro patì il martirio il 26 agosto essendo imperatore Massimiano, mentre regnava il Signore Nostro Gesù Cristo: a lui onore e gloria nei secoli dei secoli. Amen.

 

 

 

 

Urna con le reliquie di s. Alessandro, Cattedrale di Bergamo

 

 

 

Da: AA.VV., Exite flores inclyti. Antologia Alessandrina. Testimonianze a s. Alessandro dalle “passiones” ai giorni nostri, Bergamo, 1998, p. 33-36.

 

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