IL VESCOVO GORAZD E IL RITORNO DELL’ORTODOSSIA IN BOEMIA

 
        In seguito al crollo della monarchia austro-ungarica sorse in Cecoslovacchia alla fine del 1918 un movimento popolare di distacco dalla Chiesa Romano-Cattolica che, a ragione o a torto, veniva identifica con l’impero Asburgico. Una parte di questo movimento confluì nella Chiesa Hussita, che riprendeva la dottrina di Giovanni Huss, martirizzato dai “padri” del Concilio romano-cattolico di Costanza nel sec. XV, un’altra confluì nell’Ortodossia, senza tuttavia, nella maggior parte dei casi, avere un’idea ben chiara di questa confessione.
        Per la verità bisogna ricordare che nel corso della seconda metà del sec. XIX si era delineato un movimento di ritorno all’Ortodossia tra i Boemi, memori della conversione al Cristianesimo dei loro antenati avvenuta 1000 anni prima per opera degli Apostoli degli Slavi, i santi Cirillo e Metodio e dei loro discepoli. Quest’opera non era stata duratura a causa dell’opposizione dei vescovi tedeschi di Salisburgo, che cacciarono dalla Grande Moravia i discepoli dei due santi fratelli Tessalonicesi, tra i quali Gorazd, successore di San Metodio, ed imposero ai Boemi il rito e la dottrina romana. Tuttavia il movimento di ritorno all’Ortodossia in Boemia nella seconda metà del sec. XIX era rimasto limitato ad una élite, specialmente agli studiosi di slavistica. Questi ottennero dalle autorità austriache il permesso di celebrare l’Ufficio ortodosso nella Chiesa di san Nicola nella piazza di Staro Mesto a Praga. Successivamente la diplomazia russa ottenne dal governo di Vienna di aprire altre chiese ortodosse a Frantiske Lazy, Marianske Lasy ed a Karlove Vary. I sacerdoti ed i diaconi venivano inviati dalla Russia imperiale. Tra questi va ricordato il celebre arciprete Nikolaj Ryokov, che fu l’anima del movimento ortodosso in Boemia. Fondò la società “Pravoslavna Beseda”  (Conversazione ortodossa), di cui divennero soci molti Boemi. A sua richiesta il Santo Sinodo della Chiesa Russa l’autorizzò ad officiare in boemo. Egli pubblicò un catechismo ortodosso ed organizzò il “Movimento ortodosso”  tra gli studenti. Tuttavia quest’opera fu interrotta dal primo conflitto mondiale. Dopo la fine della monarchia asburgica, come si è già detto, una parte dei dissidenti della Chiesa Romana confluì nell’Ortodossia e fra questi, assieme ad altri confratelli, fu il sacerdote Mattia Pavlik. Egli era nato nel 1879 e, dopo gli studi teologici all’Università di Praga, si era dedicato con passione allo studio dell’Ortodossia che era culminato in un viaggio a Kiev, dove era stato accolto fraternamente dai monaci della Kijevo
Pecerskaja Lavra. A quell’epoca risaliva la sua convinzione della verità dell’Ortodossia, che egli tenne nascosta nel suo cuore sino a che tempi nuovi gli permisero di manifestarla con grande sorpresa del suo vescovo che lo considerava un sacerdote modello.
        Nel frattempo della cura dei neo-ortodossi Boemi e dell’organizzazione degli ex Uniati dell’Eparchia di Mukacevo-Prijasev nell’Ucraina subcarpatica dalle Chiese sorelle era stata incaricata la Chiesa serba. Ed infatti con il vescovo serbo-ortodosso Dositej, incaricato di organizzare la eparchia ex uniata di Mukacevo-Prijasev, presero i primi contatti Mattia Pavlik e gli altri principali rappresentanti del movimento ortodosso boemo. Il loro primo incontro avvenne a Praga nell’agosto del 1920 e risultato ne fu un memorandum inviato al Sinodo dei vescovi della Chiesa serba, in cui si proponeva la formazione di tre eparchie. Si proposero anche i nomi dei tre candidati all’episcopato, i sacerdoti dott. Karel Farsky, Rudolf Parzik e Mattia Pavlik. Tuttavia il sinodo dei vescovi serbi decise di procedere alla chirotonia del solo Mattia Pavlik, il quale fu tonsurato monaco con il nome di Gorazd nel monastero di Knusedol dal vescovo Dositej ed elevato alla dignità di archimandrita. Quest’ultimo in quest’occasione si rivolse all’archimandrita Gorazd con questo parole: “San Gorazd, successore dell’arcivescovo san Metodio, fu costretto da coloro che odiavano l’Ortodossia a lasciare la Grande Moravia ed a cercare un rifugio qui nella terra degli Slavi meridionali. Nella tua persona, padre archimandrita, il Signore rimanda nella Moravia un nuovo Gorazd rinnovatore dell’Ortodossia tra il popolo Boemo” .
        Il 25 settembre del 1921 il patriarca serbo Dimitrije, assieme a molti altri vescovi e metropoliti, compì nella cattedrale di Belgrado la chirotonia episcopale dell’archimandrita Gorazd, il quale ricevette il titolo di vescovo della Moravia e della Slesia. In quella circostanza il patriarca Dimitrije lo esortò ad operare secondo l’esempio dei Santi Cirillo e Metodio e del loro Successore Gorazd. Il nuovo vescovo rispose ringraziando la Chiesa serba per l’aiuto offerto a quei Boemi che cercavano di ritornare alla fede dei loro padri convertiti al Cristianesimo dai Santi fratelli di Tessalonica. Da quel momento la diocesi del vescovo Gorazd fu parte integrale della Chiesa serba e tale rimase fino al 1946.
        Per il nuovo vescovo compito molto difficile fu quello di fornire di solide basi il movimento a favore dell’Ortodossia in Boemia e Moravia. La maggioranza di quelli stessi che inizialmente avevano aderito a questo movimento ritenevano che l’Ortodossia fosse una dottrina ascetica e che le persone civili del secolo XX non potessero sopportare un simile peso. Tutto ciò non era ignoto al vescovo Gorazd, che proprio per questa ragione aveva accettato la dignità episcopale. La Chiesa serba appoggiò la sua opera e chiese al governo cecoslovacco di riconoscere ufficialmente il vescovo Gorazd, come vescovo diocesano. Ciò avvenne nel 1923. Così egli si dedicò alla sua missione rimanendo sempre nell’ambito degli ex romano-cattolici tra i quali cercava di spiegare e consolidare la fede ortodossa. Quest’ultima era da lui predicata sulla base della Scrittura, delle decisioni dei sette Concili Ecumenici, dei nove Concili locali e della tradizione, i fedeli gli chiedevano che cosa fossero i dogmi dell’Ortodossia: “Essi sono la formulazione logica della fede fondata sulla Sacra Scrittura. Il Cristiano non dovrebbe avere paura di loro, come di qualcosa che supera le nostre capacità. I dogmi sono solo l’espressione della comune consapevolezza ecclesiale di quegli avvenimenti apportatori di salvezza su cui si fonda l’attuale struttura della Chiesa ortodossa...” . Questi pensieri costituiscono il filo conduttore del suo celebre “Catechismo” e della sua predicazione.
        Purtroppo spesso in Cecoslovacchia, in seguito alle interruzioni della tradizione cirillo-metodiana, i Boemi contemporanei non comprendono il significato dell’Ufficio divino Ortodosso. Per influsso del protestantesimo e della stringatezza delle cerimonie romano-cattoliche essi ritenevano che l’Ufficio ortodosso, per la sua lunghezza, fosse “noioso”  per l’uomo moderno. Tuttavia questo punto di vista è inesatto. Lo splendore dell’Ufficio ortodosso riflette tra gli uomini la Liturgia del Regno dei Cicli. Analogamente sono nel torto quanti vedono nelle icone un segno di superstizione, poiché, secondo le parole di san Basilio il Grande e di san Giovanni Damasceno, “la venerazione dell’immagine si riferisce al modello” , cioè a Dio ed a tutti i Santi in cui egli è presente. Con tali argomenti il vescovo Gorazd difendeva l’Ortodossia in Cecoslovacchia. Spesso si recava nelle città della Moravia per il desiderio di predicare la verità dell’Ortodossia. A suo giudizio i contemporanei, anche se avevano raggiunto un alto grado di civiltà, non erano chiamati a fondare una nuova religione. Con questa affermazione egli si riferiva a quanti nel suo paese si proponevano di ridare vita all’insegnamento di Jan Huss costituendo una nuova Chiesa. Anzi nel 1924 egli decise di rompere definitivamente qualsiasi rapporto con la cosiddetta “Chiesa cecoslovacca” , che si ispirava alle dottrine di Huss e che tra le sue file annoverava la maggioranza di quanti si erano staccati dalla Chiesa romana. Da tutto ciò si comprende che non fu facile la sua opera di diffusione dell’Ortodossia. Così si esprimeva in una lettera all’Arcivescovo Savatios della Chiesa di Costantinopoli: “L’opera di diffusione dell’Ortodossia richiede molti più sforzi, preoccupazioni e prontezza al perdono delle offese di quanto non comporti la pubblicazione di disposizioni eparchiali” . Infatti la prontezza al sacrificio ed al perdono, la misericordia, l’umiltà, la speranza dell’aiuto divino erano le sue virtù principali.
        Grave per la nuova Chiesa era la mancanza di sacerdoti ed anche quei pochi che c’erano si trovavano in difficoltà economiche tanto che per vivere dovettero procurarsi un impiego, finché il vescovo non riuscì ad ottenere dal suo governo l’aiuto statale. Subito dall’inizio della sua opera egli si dedicò alla costruzione di nuove chiese, sebbene scarse fossero le sue risorse materiali. Egli stesso si privava dei suoi mezzi di sostentamento per offrire ad ogni parrocchia le somme necessarie per acquistare materiale da costruzione. In tal modo già prima del 1930 tutte le comunità disponevano di una Chiesa sia pur modesta. L’Ufficio divino veniva celebrato in lingua boema secondo la tradizione del vescovo Gorazd, mentre il canto era quello corale della Chiesa russa. Egli spesso visitava le parrocchie ed insegnava ai fedeli il canto. In tale occasione predicava e le sue parole sembravano ispirate dal Santo Spirito. In realtà egli era un servitore dello Spirito, non della parola, per cui edificava la Chiesa sui cuori dei suoi fedeli rinati alla luce dell’Evangelo. Ripeteva sempre le parole: “Non si deve adattare l’Evangelo ai propri desideri, ma uniformare la nostra vita ad esso” . Nell’ufficiatura apprezzava non solo la forma esteriore, ma la commozione dello spirito. Raccomandava ai fedeli di pregare con ardore in chiesa, a casa e dappertutto e, quando celebrava la Liturgia, era così concentrato che tutti coloro che erano intorno a lui sentivano l’elevatezza delle preghiere che egli innalzava a Dio per la salvezza dei fedeli di cui era a capo. Giacché egli desiderava che il Cristo regnasse nell’anima di ogni uomo, in quanto la santità dell’Ortodossia non consiste solo nella bellezza dell’Ufficio divino, ma deve diffondersi nella vita quotidiana dei fedeli. Infatti la Chiesa unisce la terra al Cielo, gli uomini agli Angeli in uno stesso amore per il Cristo.
        Il vescovo Gorazd attribuiva particolare significato alla stampa religiosa. Spesso scriveva articoli sulla rivista “Za Pradva”  (Per la Giustizia), che sovente non firmava. Altra preoccupazione sua era la formazione dei candidati al sacerdozio. In quest’ambito gli fu di aiuto la Chiesa serba che istruì nei suoi seminari parecchie decine di giovani Cechi. Dall’inizio della sua attività pastorale si preoccupò per il riconoscimento dello statuto della Chiesa ortodossa cecoslovacca da parte dello stato, che tuttavia non mostrò alcuna fretta nell’approvazione, tanto che essa avvenne appena nel 1929. Tuttavia, avvenuto il riconoscimento, lo stato non mancò di aiutare economicamente la Chiesa ortodossa sia sovvenzionando la costruzione delle Chiese che pagando uno stipendio mensile al clero.
        La fine del vescovo Gorazd fu tragica. Il 27 maggio 1942 il Reichsprotektor della Boemia e Moravia Heidrich fu assassinato a Praga da parte di sette paracadutisti cecoslovacchi. I sette paracadutisti avevano trovato rifugio sia prima del loro gesto che dopo in una cripta segreta della cattedrale ortodossa dedicata ai Santi Cirillo e Metodio. Non si sa con certezza se ciò sia avvenuto con il consenso del vescovo Gorazd. Ci fu una spia che riferì il fatto alle autorità germaniche. Le SS irruppero nella cripta ed i paracadutisti, piuttosto che farsi prendere, preferirono suicidarsi. Naturalmente furono arrestati coloro che avevano dato ricovero ai paracadutisti, il sacerdote dott. Vladimir Petrsek, l’arciprete V. Cikel, il presidente della comunità J. Sonevend con essi anche il vescovo Gorazd. Furono processati, condannati a morte e fucilati il 4 settembre 1942. I loro corpi furono bruciati e le ceneri disperse. Nel 1961 è stato canonizzato dalla Chiesa madre di Serbia, la sua memoria si celebra il 22 agosto (4 settembre c. g.), giorno del suo martirio.
        Per concludere questo ritratto, diremo che il santo Vescovo Gorazd può paragonarsi al mercante, di cui si parla nell’Evangelo, che cercava di acquistare il più bel gioiello e, quando lo trovò, diede tutto ciò che possedeva e lo comperò. Questo gioiello era per il vescovo Gorazd la Verità dell’Ortodossia.

di A. S.
in “Messaggero Ortodosso”, Roma 1983, anno VII n. 8-9, p.11-17.

 

Tropario

Emulo degli Apostoli nel genere di vita e loro successore sul trono, mediante l’azione, o da Dio ispirato, hai trovato l’accesso alla visione. Perciò, mettendo in pratica la Parola di Verità, hai versato il sangue per la fede, martire e pontefice Gorazd: prega Cristo Dio di salvare le nostre anime.

  

 Immagini:
http://1389blog.com/2007/09/08/never-knew-that-the-church-was-orthodox/

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