[Il Gesù risorto in Matteo]

Archim. Justin Popovic

 

La resurrezione di Gesù e le mirofore
 

(Matteo 28, 1-10)

 

 

28, 1. Due Marie, la Madre di Dio e la Maddalena, sono due bianchi gigli celesti nella più profonda tenebra della nostra terra. Oppresse dall’angoscia, esse stanno incessantemente accanto al divino sofferente, mentre soffre, mentre muore e mentre lo seppelliscono (Matteo 27, 61). Esse, anime angeliche, certamente pensavano: “No, non è possibile che tutto questo termini con la tomba e con la morte. È possibile che Gesù completamente muoia? Può la morte essere più forte di lui, che ha risuscitato i morti ed ha guarito tutti i malati?”. Esse sentivano anche troppo l’immortalità e l’onnipotenza della sua persona per non aspettare qualche miracolo e qualche esperienza eccezionale. I loro occhi e le loro anime non conoscono il sonno dacché il corpo di Gesù è nella tomba. Esse prima di tutti, esse sole vanno alla tomba “al sorgere del giorno”, per vederla (vs 1).

 

28, 2-7. Ed il loro santo amore ed il loro santo zelo è ricompensato da qualcosa che nessun altro essere umano mai proverà. Ecco: “Improvvisamente vi fu un terremoto, un angelo del Signore scese dal cielo, fece rotolare la grossa pietra e si sedette sopra. Aveva un aspetto splendente come un lampo ed una veste candida come la neve. Le guardie ebbero tanta paura di lui che cominciarono a tremare e rimasero come morte. L’angelo parlò e disse alle donne: Non abbiate paura, voi. So che cercate Gesù, quello che hanno inchiodato sulla croce. Non è qui, perché è risorto, proprio come aveva detto. Venite a vedere dov’era il Signore. Ora andate presto! Andate a dire ai suoi discepoli: E’ resuscitato dai morti e vi aspetta in Galilea. Là lo vedrete. Ecco, io vi ho avvisato.”

Quanta gioia in queste parole, quale lieta notizia! Come se tutti gli Evangeli di Dio fossero scesi dal cielo sulla terra e dati agli uomini attraverso queste due sante Marie! Esse sono le prime apostole del Cristo. Sì, le prime, poiché nella resurrezione del Cristo sono contenuti tutti gli Evangeli di Dio. E nessuno è testimonio diretto della resurrezione del Cristo come le due sante Marie. Il Signore risuscita – la morte esala il suo ultimo respiro e la terra trema per l’emozione, per la gioia. La terra è un inno vivo e solenne al Dio-Uomo risorto. E “l’angelo del Signore”? è tutto con noi per la gioia e la lieta notizia: Non c’è più la morte! – egli dice, ed il volto gli risplende come una saetta. Ora gli uomini sono eguali agli angeli per l’immortalità, per la vita, per l’Evangelo, per la Verità, per la Giustizia. D’ora innanzi gli angeli sono nostri fratelli umani; e noi uomini? “Noi misteriosamente rappresentiamo i Cherubini”. Il Cristo è risorto, perché gli uomini diventassero angeli terreni e si sentissero più forti della morte come gli angeli celesti.

 

28, 4. Respinti da Dio e dagli angeli per il peccato e la morte, gli uomini si sono disabituati di Dio e degli Angeli. Hanno cessato di comunicare con loro, di unirsi a loro. Perciò i peccatori hanno paura di loro ed i giusti, per lo meno, si stupiscono davanti a loro. L’angelo della resurrezione provoca paura nelle guardie, che per causa sua “rimasero come morte” (vs 4). Come se tutti i loro peccati e tutti i loro difetti avessero gridato “Morite, ecco le vostre morti, ecco i vostri uccisori!”. Ma alle due sante Marie l’angelo dice: “Non abbiate paura voi” (vs 5), “Voi”, questo è il vostro Evangelo, la vostra vita, la vostra gioia, la vostra immortale buona notizia. “Voi” siete con il Dio mio e vostro; io sono solo un suo servitore, servitore della Buona Notizia così come siete voi. Ciò che uguaglia noi angeli e voi uomini è il servizio di Dio: noi serviamo Dio vivo e vero con lo stesso Evangelo, con la stessa Verità, con lo stesso Amore, con la stessa Giustizia, con la stessa umiltà ed obbedienza. “Non abbiate paura voi” (vs 5), poiché non c’è più la morte, il che significa che non c’è più paura per gli uomini sulla terra. Poiché la morte è ciò che è realmente tremendo, l’unica cosa tremenda. Ed ogni altra paura altro non è che un lontano riflesso della morte.

 

28, 6. Che sia così, ecco la prova: “So che cercate Gesù, quello che hanno inchiodato sulla croce. Non è qui, perché è risorto, proprio come aveva detto. Venite a vedere dov’era il Signore” (vs 5-6). Il Signore con il suo corpo morto, e non solo il corpo senza di lui, senza la sua divina ipostasi. “Non è qui”: non è nella tomba, non è nella morte egli che è il vincitore della morte. È accaduto “proprio come aveva detto” (vs 6): “Mi uccideranno, ma risorgerò il terzo giorno”. Ed ora “s’è levato” dalla tomba come da un letto, s’è risvegliato dalla morte come dal sonno. Morte, dov’è il tuo pungiglione? Inferno, dov’è la tua vittoria? “Proprio come aveva detto” il Signore in tutto il suo Evangelo, poiché tutta la sua vita, tutto il suo insegnamento, tutte le sue opere miravano ad un solo fine: alla vittoria sulla morte, sul peccato, sul demonio. E ciò per mezzo della resurrezione dai morti, quale coronamento di tutta l’economia della salvezza e della divinizzazione. “Voi” due siete le prime testimoni di ciò, poiché per prime l’avete visto con i vostri occhi: “Ora andate presto! Andate a dire ai suoi discepoli: E’ resuscitato dai morti” (vs 7). La vostra fede coraggiosa, il vostro intrepido ed incessante amore hanno la ricompensa per primi nell’amaro mondo umano della paura e della morte. D’ora innanzi Gesù sarà con voi come lo è stato finora. Non c’è più alcun ostacolo tra Dio e gli uomini, poiché è stato allontanato il maggior ostacolo: la morte. E con essa e dopo di essa il peccato e la morte. “E vi aspetta in Galilea. Là lo vedrete. Ecco, io vi ho avvisato” (vs 7). Vi ho annunciato tutto il mistero dell’Evangelo di Dio, tutta la gioia, tutta la buona notizia della salvezza e della divinizzazione umana.

 

28, 8. Mai in una tomba si ebbero una più drammatica e più elevata buona notizia e una gioia quale alla tomba di Gesù. La tomba è il simbolo ed il luogo della più grande paura e terrore, poiché è il regno della morte. Ma nella tomba del Cristo tutto cambia: l’inferno diventa paradiso, la paura si trasforma in gioia, l’orrore in entusiasmo, la morte si ritira nel non essere ed il suo posto è preso dall’immortalità. Tutte queste buone notizie, ed infinite altre, s’impadronirono delle anime delle due Marie e misero loro le ali ed esse “se ne andarono presto dalla tomba”, con che cosa? “E con paura e gioia grande si affrettarono ad avvertire i suoi discepoli” (vs 8). Chi può essere ora compagno di strada delle loro sante anime, che per l’entusiasmo e la gioia attraversano chissà quanti e quali mondi?

 

28, 9. Le due sante Marie si sono rese degne dell’onore e della gioia, si sono rese degne della più grande buona notizia, di vedere cioè ciò che nessuno degli uomini non aveva visto: il Risorto Dio-Uomo, il Signore Gesù. Doveva essere questa una gioia invisibile ed una paura frammista a gioia, poiché vedono “ciò che l’occhio umano non vide, ed ascoltano ciò che l’orecchio umano non udì” e provarono “ciò che cuore umano non sentì” (cfr. Corinti 2, 9). Ecco, esse vedono per prime il Signore risorto, per prime ascoltano le divine parole dalle labbra del suo corpo risorto. L’Evangelista scrive: “E mentre si recavano a portare la notizia ai suoi discepoli, all’improvviso Gesù venne loro incontro e disse: ‘Salve’. Ed esse si avvicinarono a lui, abbracciarono i suoi piedi e lo adorarono” (vs 9). E di nuovo una gioia straordinaria e di nuovo una straordinaria buona notizia: esse per prime si rendono degne di abbracciare i piedi del Signore e di adorarlo come vero Dio e Signore.

 

28, 10. Tutto in quell’incontro era santo: la gioia e l’entusiasmo, la paura e l’adorazione. Poiché si era di fronte a qualcosa di realmente nuovo, di veramente mai accaduto. In tutti quei sentimenti c’era una santa emozione, spirava un sacro tremito ed un timore. Perciò il Signore le incoraggia affinché senza paura si abituino a tutte quelle novità e sorprese, ad una nuova vita con un essere divino ed umano. L’Evangelista scrive: “Allora disse loro Gesù: Non temete nulla; andate e dite ai miei fratelli che vadano in Galilea e lì mi vedranno” (vs 10). Quanto divino amore per gli uomini! Il Signore risorto chiama “fratelli” gli Apostoli fuggiaschi e paurosi, che s’erano dispersi da lui appena egli era stato arrestato. “Lì mi vedranno”; che abbiano il tempo necessario per calmarsi, che pensino a tutto, che si rendano conto che la mia resurrezione è del tutto naturale, logica e naturale nell’economia divino-umana della salvezza del mondo dalla morte e dal demonio.

 

 

Le guardie prezzolate
 

(Matteo 28, 11-15)

 

 

28, 11-15. Come gli uomini possano essere malvagi, talmente malvagi da superare forse in malvagità anche il demonio, è provato dai sommi sacerdoti, dai capi del popolo ebraico. La notizia della resurrezione del Cristo, recata loro dalle guardie, consapevolmente ed intenzionalmente essi trasformarono nel furto del cadavere di Gesù da parte dei suoi discepoli. Così avviene: se gli uomini si mettono sulla sdrucciolevole roccia dell’amore per il peccato, avverso al Cristo, essi non si possono arrestare, ma di peccato in peccato consapevolmente e testardamente precipitano al fondo di tutti i peccati: l’inferno. Ma, tuttavia, sempre l’avversione al Cristo ha corta la vista o è cieca. I dotti sommi sacerdoti ed i dottori della legge vogliono, corrompendo le guardie, mettere a tacere e nascondere la resurrezione del Cristo. Bene, ma che cosa farete con lo stesso Cristo risorto? Egli appare molte volte dopo la sua resurrezione, mangia e beve con i suoi discepoli, insegna loro la nuova vita, per quaranta giorni parla del regno di Dio, ascende al Cielo, manda il Santo Spirito ai suoi discepoli, lascia tutto se stesso al suo Corpo divino-umano, alla Chiesa.

Che cosa farete con lui? Come lo toglierete di mezzo, come lo metterete a tacere, come lo nasconderete? Come lo prezzolerete? E poi non solo lui: come farete tacere i suoi discepoli, testimoni della sua resurrezione? Li corromperete con il denaro? Ma essi guardano al vostro oro come al fango. Ascoltate quello che Pietro dice al paralitico dalla nascita: “Io non ho né argento né oro, ma ciò che ho, ti dono: In nome del Cristo Nazzareno levati e cammina!” (Atti 3, 6). Ecco il Cristo risorto in lui ed attorno a lui. Li farete tacere con minacce, prigioni, torture? Il Cristo risorto le trasforma nella loro più pura gioia. Li percuoterete? Ma per loro non c’è la morte, né la paura della morte: entrambe sono annientate dalla resurrezione del Dio-Uomo Gesù. Che cosa vi rimane? La menzogna, in modo da guadagnare menti superficiali alla vostra stupida invenzione: il Cristo non è risorto, ma i suoi discepoli hanno rubato il suo corpo e dichiarato al popolo che era risorto. L’Evangelista scrive: “E si diffuse questa voce tra gli Ebrei e permane tuttora” (28, 15). E tramite loro è passata a molti nemici del Cristo, non Ebrei, ma Europei.

 

 

Il Signore risorto con i discepoli in Galilea
 

(Matteo 28, 16-20)

 

 

28, 16-17. Gli Undici? Come hanno eccessivamente dubitato della resurrezione del Cristo! Hanno dubitato per quanto basta per tutti i secoli. Così è fatta la natura umana, per cui per secoli e secoli ha fatto lega con gli stati d’animo avversi a Dio. Questi hanno loro resa estranea l’idea dell’immortalità e, con ciò, della resurrezione. Per essa l’immortalità e la resurrezione sono qualcosa di “innaturale” e di “contrario alla natura”. Invece, la verità è dalla parte opposta: il peccato e la morte, l’essere schiavi del peccato e della morte, sono innaturali e contro natura nel mondo umano. A causa di questo universale atavismo, fondato sul centrismo del peccato e della morte, gli stessi Apostoli a fatica credettero nella resurrezione del Cristo. E quando credettero, tutti con gioia sacrificarono le loro vite ed i loro corpi mortali predicando il Signore risorto ed il suo divino Evangelo. Poiché Egli, il Dio-Uomo, eternamente vivo, li guidò attraverso tutte le sofferenze affrontate per lui, facendo sorgere nelle loro anime una gioia che il mondo non conosce: la gioia della vittoria e dell’immortalità assicurata per sempre ai seguaci del Cristo.

 

28, 18-20. Il testamento del Signore risorto; non c’è dubbio, il Dio-Uomo nel suo essere ha congiunto Dio e l’uomo, il cielo e la terra: li ha identificati con la sua Verità, con la sua Vita, con il suo Amore, con la sua Resurrezione e con il suo eterno Evangelo. Perciò a Lui “è stato dato ogni potere in cielo ed in terra”. Questo è dato in lui, attraverso di lui e per lui alla stessa natura umana, la quale aveva perduto questo potere sottomettendosi spontaneamente a quello del peccato, della morte e del demonio. Nel Dio-Uomo risorto la natura umana è liberata dal peccato, dalla morte e dal demonio e così le è restituito tutto il potere che aveva “sulla terra” prima della caduta nel peccato. E per di più le viene dato un potere molto più grande, poiché nel Cristo Dio-Uomo le è concesso “ogni potere anche in cielo”. Così in tutti e due i mondi dominano un solo Evangelo, un solo potere, una sola Verità, una sola Vita, una sola Legge, una sola Chiesa. Questo potere universale, e prima di esso l’onnipotenza come dono del Dio-Uomo risorto, diventa caratteristica della Chiesa e dei suoi rappresentanti; gli Apostoli ed i loro successori. Il suo cuore è il sacramento del Battesimo. Ad esso il Salvatore nel suo testamento riconduce tutto il suo Evangelo e tutta l’economia divino-umana della salvezza. In questo Sacramento sono compresi tutti gli altri; da esso derivano tutti, come da un sacramento onnicomprensivo. Da esso, come da una virtù onnicomprensiva, derivano anche tutte le sante virtù: la trasformazione in Trinità, che è la virtù universale. La dimostrazione? “Insegnate loro ad obbedire a tutto ciò che vi ho comandato” (vs 20), poiché questo “tutto” è santo ed è un santo sacramento, un sacramento onnicomprensivo ed una virtù onnicomprensiva. Nulla di ciò che è divino-umano può essere tralasciato o respinto. In esso consiste la salvezza di ogni singolo e di tutti i popoli. E la prova è rappresentata dal fatto che il Signore stesso resta sulla sua Chiesa con i suoi Apostoli ed i loro successori “in tutti i giorni sino alla fine del mondo” (vs 20). In realtà questo è l’unico vivo testamento nel nostro mondo umano: il Dio-Uomo ha lasciato se stesso integralmente nella sua Chiesa, cioè nel suo Corpo.

 

 

da “Tumacenje Svetog Evandjelja po Matejn”, 521-526, Beograd 1979; trad. A. S.

 

 

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