Rev. Prof. Dott. Giorgio Metallinos
Professore all’Università di Atene

 

FEDE E SCIENZA NELLA GNOSEOLOGIA
E
METODOLOGIA ORTODOSSA

 

 

Problema o pseudo-problema?

 

L’antitesi e la conseguente collisione tra la fede e la scienza è un problema nel pensiero occidentale (franco-latino) mentre è uno pseudo-problema nella tradizione patristica ortodossa. Questo diverso risultato nasce da presupposti storici altrettanto diversi che si sono manifestati in regioni geografiche distinte tra loro (l’Occidente e l’Oriente mediterraneo).

Il supposto dilemma tra la fede e la scienza appare in Europa occidentale nel diciasettesimo secolo simultaneamente allo sviluppo delle scienze positive. Nella medesima epoca abbiamo le prime posizioni ortodosse davanti alla stessa questione. È importante notare che questi sviluppi del pensiero occidentale sono avvenuti in assenza dell’Ortodossia. Negli ultimi secoli sono emerse sia un’evidente alienazione spirituale, sia una profonda differenziazione tra l’Occidente razionale e l’Oriente ortodosso. Tali fenomeni nascono dalla deortodossizzazione e dalla de-ecclesializzazione del mondo europeo occidentale avvenute con la filosofizzazione e la legalizzazione della fede la quale ha così assunto l’identità d’una religione. La religione ha poi confutato l’Ortodossia e, secondo padre Giovanni Romanidis, ha determinato negli esseri umani ad essa soggetti una vera e propria malattia. L’Ortodossia non ha storicamente partecipato alla costruzione della presente civiltà occidentale europea sia per i suoi diversi presupposti sia per la sua profonda diversità.

I principali fenomeni che hanno allontanato l’Occidente dall’Oriente sono: la filosofia scolastica (XIII secolo), la filosofia nominalista (XIV secolo), l’Umanesimo ed il Rinascimento (XV secolo), la Riforma (XVI secolo) e la diffusione della cultura illuministica (XVIII secolo). Tutti questi movimenti hanno determinato una serie di rivoluzioni e di rotture nella struttura della civiltà occidentale europea.

Lo scolasticismo è basato sull’adozione di alcuni concetti platonici: il nostro mondo è concepito come l’immagine di universali trascendenti (realismo, archetipo). Lo strumento conoscitivo è la mente-intelletto. La conoscenza (inclusa quella di Dio) è compiuta attraverso la penetrazione della logica nell’essenza degli esseri. Questo è il fondamento della teologia metafisica, la quale presuppone l’analogia entis, ossia la relazione ontologica tra Dio ed il mondo, l’analogia tra il creato e l’increato. Il nominalismo afferma che gli universali sono dei semplici nomi e non degli esseri a differenza del realismo (aristotelico-tomista). Così nel pensiero europeo si determina una lotta tra i concetti platonici e quelli aristotelici. Tuttavia il nominalismo è divenuto, in un certo qual modo, il DNA della civiltà europea. I suoi elementi essenziali sono il dualismo filosofico e l’individualismo (eudomenismo) sociale. La base teologico-scolastica medioevale contribuì a polarizzare l’attenzione dell’uomo occidentale in una principale attività: la ricerca della propria prosperità materiale. Il nominalismo (che è dualista) è all’origine dello sviluppo scientifico del mondo occidentale, ovvero dello sviluppo delle scienze positive.

L’Oriente ortodosso ha avuto un’altra evoluzione spirituale sotto la guida dei suoi leaders spirituali, i santi, e di coloro che li hanno seguiti, i veri credenti. Essi rimasero fedeli alla tradizione profetica-apostolica-patristica. Questa tradizione si regge su presupposti esattamente opposti a quelli scolastici e a quelli che hanno determinato lo sviluppo storico-spirituale del mondo europeo. In Oriente, l’esicasmo o preghiera del cuore, è dominante ed è la spina dorsale della tradizione patristica. Tale preghiera si esprime con la partecipazione dell’asceta alla Verità concepita come comunione con l’Increato. Nell’Oriente Ortodosso viene conservata la fede che contempla la possibilità dell’unione tra Dio ed il mondo (tra l’Increato ed il Creato) nella storia. Questo determina il rifiuto d’ogni schema duale. La scienza, sviluppata nella Romània “bizantina”, non conosce tale caratteristica.

La rivoluzione scientifica dell’Europa occidentale nel XVII secolo, ha contribuito alla separazione dei campi della fede da quelli della conoscenza. Da qui è nato il seguente principio assiomatico: la nuova filosofia (positivista) accetta solo le verità verificabili dal pensiero razionale. Ecco l’autorità assoluta del pensiero occidentale. Le verità di questa nuova filosofia sono: l’esistenza di Dio, l’anima, la virtù, l’immortalità ed il giudizio. Naturalmente la loro accettazione può avvenire solo all’interno dell’illuminismo teistico, in un tempo in cui troviamo anche l’ateismo come elemento strutturale del pensiero moderno. Le dottrine ecclesiali rigettate dalla razionalità sono: la natura triunitaria di Dio, l’incarnazione, la glorificazione, la salvezza, ecc. Dal punto di vista ortodosso tale logica e tale religione naturale non solo differiscono dall’ateismo ma sono molto peggiori rispetto ad esso. L’ateismo e meno pericoloso di queste distorsioni!

 

 

La gnoseologia ortodossa

 

È stato affermato che in Oriente l’antitesi tra fede e scienza è uno pseudo-problema. Perché? Perché la gnoseologia orientale viene definita a partire dall’oggetto che si deve conoscere. Esso è duplice: l’Increato ed il creato. Solo la Santa Trinità è Increata. L’universo nel quale si svolge la nostra esistenza e creato. La Fede è la conoscenza dell’Increato mentre la scienza è la conoscenza del creato. Perciò, ci sono due diversi tipi di conoscenza. Ciascuno ha il suo proprio metodo ed i suoi strumenti d’indagine.

Il credente, muovendosi nel campo soprannaturale o nella conoscenza dell’Increato, non è chiamato ad imparare qualche cosa di metafisico o ad accettare qualche cosa di logico, ma ad esperimentare Dio per essere in comunione con Lui. Ciò avviene introducendolo in una via di vita o in un metodo che lo porta alla conoscenza divina.

È stato giustamente detto che quando il Cristianesimo apparì per la prima volta nella nostra era, assunse le sembianze di un’istituzione terapeutica, di un ospedale per riabilitare e ripristinare le corrette funzioni umane psicosomatiche. Questo è il motivo per cui San Giovanni Crisostomo chiama la Chiesa “ospedale spirituale”. La conoscenza soprannaturale-teologica è compresa dall’Ortodossia come pathos (esperienza di vita), partecipazione e comunione col trascendente e non come la ricerca di un’introvabile verità personale dell’In-creato o ancor meno, come un semplice esercizio di cultura. Così, la fede cristiana non è l’astratta contemplazione di verità metafisiche ma, piuttosto, l’esperienza della Superessenziale Trinità.

Questo comporta chiaramente che nell’Ortodossia, l’autorità è fondata dall’esperienza. L’esperienza della partecipazione con l’Increato, vedendo l’Increato, (nel senso espresso dai termini theosis e “divinizzazione”), non è basata solo nei testi o nelle Sacre Scritture. La Tradizione della Chiesa non è conservata nei libri ma nel vissuto delle persone. I testi aiutano, ma non sono i portatori della Santa Tradizione. La Tradizione è conservata dai Santi. Gli esseri umani sono i trasmettitori del Vangelo. Porre i testi al di sopra dell’esperienza dell’Increato (il che segnala la “religionizzazione” della fede) significa ideologizzarne il contenuto e, di fatto, idolatrizzarlo. Una volta arrivati a questo punto non si può che attribuire al testo un’autorità assoluta (ecco il fondamentalismo) con tutte le conseguenze facilmente comprensibili.

Per attivare la funzione conoscitiva dell’Increato è indispensabile, per l’Ortodossia, rifiutare ogni analogia (Entis e Fidei) nella relazione tra il creato e l’Increato. San Giovanni damasceno compendia questa tradizione patristica nella maniera seguente: “È impossibile trovare, nella creazione, un’icona che rivelerebbe la via d’esistenza della Santa Trinità. Infatti, come sarebbe possibile per il creato, realtà complessa, variabile e descrivibile, che ha una forma ed è limitata, rivelare chiaramente la Superessenziale Essenza Divina, la quale prescinde da tutte queste categorie?” (P.G. 94, 821/21).

Se si considera soprattutto il metodo della tradizione patristica è chiaro perché l’educazione scolastica e la filosofia non sono i presupposti per conoscere Dio (theognosia). In tal senso è significativo come la Chiesa assieme al grande accademico Basilio il Grande (†379) onori Sant’Antonio (†350) il quale non era uno studioso. Incurante di ciò essa li accomuna con il titolo di “insegnanti della fede”. Entrambi, infatti, testimoniano una particolare conoscenza di Dio; sia Sant’Antonio privo d’istruzione, che San Basilio del quale qualcuno affermò d’aver constatato una cultura più profonda di Aristotele. Sant’Agostino (†430) differisce dalla Tradizione patristica proprio su questo punto, punto che l’Occidente potrebbe trovare molto doloroso se, conoscendolo, ne valutasse le conseguenze! Egli ignora la gnoseologia delle scritture e dei padri e si presenta essenzialmente come un neoplatonico. Con il suo credo ut intelligam (credo per capire) egli ha introdotto il principio che l’uomo è portato ad una logica rappresentazione della Rivelazione attraverso la fede. Tale affermazione dà priorità all’intelletto (alla mente) che, con questo approccio conoscitivo, viene considerata come lo strumento o il mezzo di conoscenza sia del naturale che del soprannaturale. Dio è visto come un oggetto conoscibile e rappresentabile dall’intelletto umano (la mente) proprio come quest’ultimo rappresenta ogni altro oggetto naturale. Dopo Sant’Agostino e successivamente all’intervento della scolastica di Tommaso d’Aquino (†1274), il passo seguente sarà fatto da Descartes (†1650) attraverso il suo assioma Cogito ergo sum, penso quindi sono. Tale assioma pone l’intelletto (la mente) a principale base dell’esistenza.

 

 

I due tipi di conoscenza

 

È la Tradizione ortodossa che mette fine a questa collisione teoretica nel campo gnoseologico. Essa differenzia i due tipi di conoscenza e di saggezza: quella divina o superiore e quella secolare (thyrathen) o inferiore.

La prima conoscenza è soprannaturale, la seconda naturale. Ciò corrisponde alla chiara distinzione tra l’Increato ed il creato, tra Dio e la creazione. Questi due tipi di conoscenza richiedono due metodi conoscitivi. Il metodo della divina saggezza-conoscenza consiste nella comunione dell’uomo con l’Increato. Essa avviene nel cuore umano e si compie attraverso la presenza dell’energia increata di Dio. Il metodo della saggezza-conoscenza secolare è la scienza, effettuata con l’esercizio del potere logico ed intellettuale dell’uomo. L’Ortodossia stabilisce una chiara gerarchia tra i due tipi di conoscenza e i loro metodi.

Il metodo della gnoseologia soprannaturale, nella Tradizione Ortodossa, è chiamato esicasmo ed è identificato con l’attenzione e la purificazione (nepsis e katharsis) del cuore. L’esicasmo stesso viene identificato con l’Ortodossia. L’Ortodossia, parola patristica, è inconcepibile al di fuori della sua pratica esicastica. L’esicasmo nella sua essenza, è la pratica ascetico-curativa che deterge dal cuore le passioni riaccendendo in esso la facoltà noetica. Si deve porre attenzione al fatto che il metodo esicasta, come pratica curativa, è anche un metodo scientifico. Perciò la teologia appartiene, per queste sue caratteristiche peculiarità, alle scienze pratiche. La classificazione accademica della teologia fra le scienze o arti teoretiche e iniziata nel XII secolo in Occidente quando essa è divenuta metafisica. Perciò, coloro che in Oriente condannano la nostra tradizionale teologia, dimostrano la loro occidentalizzazione, dal momento in cui essi pensano di rigettare una sfigurata caricatura che non ha nulla a che fare con quanto concerne strettamente la teologia stessa. Ma cos’è la funzione noetica? Nelle Sacre Scritture esiste già la distinzione tra lo spirito dell’uomo (il suo nous) e l’intelletto (il logos o la mente). Lo spirito dell’uomo è chiamato dalla dottrina patristica nous per distinguerlo dallo Spirito Santo. Lo spirito, il nous, è l’occhio dell’anima (cfr. Mt 6, 22-23).

Per facoltà noetica si intende la funzione del nous nel cuore cioè la funzione spirituale del cuore. La sua funzione parallela è quella organica con la quale tale muscolo pompa il sangue in tutto il nostro corpo. Questa facoltà noetica è un sistema mnemonico che esiste assieme alle cellule celebrali. Questi due sistemi sono conosciuti e riscontrabili dalla scienza umana la quale, però, non e in grado di concepire il nous. Quando l’uomo raggiunge l’illuminazione grazie allo Spirito Santo diviene tempio di Dio. Allora il suo amore egoistico si trasforma in amore incondizionato e gli diviene possibile costruire reali relazioni sociali sostenute da una reciprocità incondizionata. Qui non esiste una richiesta interessata di diritti individuali com’è riscontrabile nello spirito della società occidentale europea.

Allora vengono comprese alcune conseguenze importanti:

1) il Cristianesimo nella sua autenticità trascende la religione ovvero trascende una concezione di Chiesa concepita soltanto come un’istituzione di regole e di doveri.

2) L’Ortodossia non può essere concepita come l’adozione di alcuni principi o verità imposte da un’autorità superiore. Questa è la concezione eterodossa della dottrina (principi assoluti e verità imposte). Concetti e significati nell’Ortodossia sono esaminati attraverso la loro verifica empirica. Lo stile dialettico-intellettuale di pensare la teologia, come pure la dogmatizzazione, sono alieni all’autentica Tradizione Ortodossa.

Lo scienziato ed il professore della conoscenza dell’Increato nella Tradizione Ortodossa è il Geron o lo Starets (il più vecchio Padre Spirituale), la guida o “l’insegnante del deserto”. La registrazione di entrambi i tipi di conoscenza presuppongono l’empirica conoscenza dei fenomeni.

Le stesse considerazioni nel campo della scienza da parte degli scienziati, sono capite solo dallo specialista della ricerca del campo medesimo. L’adozione di conclusioni o scoperte su un ramo scientifico da parte di non specialisti (cioè da parte di coloro che sono incapaci di compiere un esame sperimentale o una ricerca specialistica) sono basate sulla fiducia e sulla credibilità degli specialisti stessi. Altrimenti, non ci sarebbe alcun progresso scientifico.

Identiche considerazioni si possono fare per la scienza della fede. La conoscenza empirica dei Santi, Profeti, Apostoli, Padri e Madri di tutte le epoche sono adottate e fondate sulla stessa fiducia. La tradizione patristica ed i Concili della Chiesa si muovono su questa verificabile esperienza. Non esiste alcun concilio ecumenico che non abbia la presenza di uomini deificati o glorificati (theoumenoi), di coloro, cioè, che hanno visto il divino (questo è il problema dei concili di oggi!). La dottrina Ortodossa è solamente il prodotto di questa situazione.

Perciò, la fede Ortodossa è sia dogmatica che scienza. Quelli che parlano di deviazione nel tesoro della fede, non devono dimenticare le parole di Marc Bloch, secondo cui tutta la ricerca scientifica viene orientata fin dai suoi inizi, altrimenti la ricerca stessa non sarebbe possibile. Lo stesso riguarda la vera fede.

L’Ortodossia fa una distinzione tra i due tipi di conoscenza (e di saggezza) ed i loro metodi e mezzi evitando, così, la confusione e qualsiasi conflitto tra loro. Confusione e conflitto sono possibili solo dove le condizioni e l’essenza del Cristianesimo sono stati persi. Comunque, nell’ambiente Ortodosso, esistono alcune analogie illogiche. Ad esempio, la possibilità di incontrare qualcuno che eccelle nella scienza, mentre nella divina conoscenza è ancora piccolo o, viceversa, qualcuno che è grande nella conoscenza divina ma completamente analfabeta nella saggezza umana. L’ultimo caso è quello del summenzionato Sant’Antonio il Grande. Nulla, comunque, preclude la possibilità di possedere entrambi i tipi di saggezza-conoscenza, come nel caso dei grandi Padri e Madri ecclesiastici. A tal proposito, in un inno la Chiesa ricorda una santa matematica del terzo secolo, Santa Caterina la Saggia. Questa martire possedeva entrambi i tipi di conoscenza avendo ricevuto la saggezza di Dio dall’infanzia ed essendo dotata di tutta la saggezza secolare d’allora.

 

 

La dialettica Dio-uomo

 

La dialettica Dio-uomo viene sperimentata dal credente ortodosso nella correlazione delle due conoscenze-saggezze. Utilizzando la terminologia cristologica affermiamo che ogni conoscenza deve muoversi nei suoi limiti. I limiti assegnati a ciascun genere di conoscenza vengono definiti solo perché il sorpassarli conduce alla confusione delle funzioni conoscitive e, alla fine, al loro conflitto. Ecco perché i Santi Padri hanno difeso l’uso corretto della scienza e dell’insegnamento. In tal senso San Gregorio il Teologo dice: “Gli insegnamenti non devono essere disonorati”. Lo stesso Padre nel suo Secondo discorso teologico definisce pure i limiti di entrambi i generi di saggezza. San Gregorio riporta le parole di Platone scritte nel Timaeus: “È difficile conoscere Dio ed è impossibile esprimerLo” [verbalmente]. Il santo, però, oltre ad affermare l’impossibilità della descrizione di Dio, aggiunge che è assolutamente impossibile capirLo! Platone pose all’esterno della ragione umana ciò che non poteva essere compreso da essa. Il fatto è importante in quanto denota che non esisteva alcun razionalismo nella filosofia greca antica. San Gregorio dimostra pure l’impossibilità di sorpassare i limiti e il concetto dell’Increato utilizzando i mezzi di conoscenza del creato.

La distinzione e la simultanea gerarchia dei due generi di conoscenza sono state esposte da San Basilio il Grande quando afferma che la fede deve prevalere sulle parole riguardo a Dio e sulle prove portate dalla ragione. Tale fede è causa dell’azione e dell’energia dello Spirito Santo. Così la Fede è, per San Basilio, l’illuminazione dello Spirito Santo nel cuore. (P.G. 30,104B-105B). Egli fornisce anche un classico esempio dell’uso Ortodosso della conoscenza scientifica nel suo Hexameron (P.G. 29, 3-208). In quest’opera egli ripudia le teorie cosmologiche dei filosofi sull’eternità e sull’autosufficienza del mondo e procede alla sintesi dei fatti biblici e scientifici attraverso i quali si supera la scienza. Inoltre, rigetta gli insegnamenti materialistici ed eretici, per arrivare alla teologica (ma non metafisica) interpretazione della natura della creazione. Il principale contributo di questo lavoro consiste nel sottolineare che non è possibile sostenere logicamente il dogma basandosi solo sulla scienza. Il dogma appartiene ad un’altra sfera. Porre la ragione e la scienza al di sopra di tutto significa limitare un’altra conoscenza [o addirittura sbarrarne la via n.d.t.]. L’uso del dogma, esclusivamente nel contesto di un discorso filosofico-gnoseologico, conduce alla trasformazione della scienza in metafisica, mentre l’uso della ragione nel dominio della fede prova la sua debolezza e relatività. Perciò non c’è alcuna credenza che non sia verificata dalla gnoseologia ortodossa, ma ciascun campo è indagato con i propri criteri: la scienza con i suoi presupposti e la conoscenza divina con i propri.

L’espressione più tragica della cristianità alienata è stata l’atteggiamento ecclesiastico nei riguardi di Galileo. Il caso viene qualificato come un sorpasso dei propri limiti di giurisdizione. In realtà il fatto è molto più serio perché significa la confusione sui limiti gnoseologici determinandone conseguentemente il conflitto. È un fatto che questa perdita di saggezza nell’Occidente abbia fatto in modo da usare l’intelletto (la mente) come un mezzo, non solo per la saggezza umana, ma pure per quella divina. L’uso dell’intelletto nel campo della scienza ha condotto inevitabilmente al rifiuto del soprannaturale in quanto incomprensibile ed il suo uso nel campo della fede ha condotto al rifiuto della scienza in quando considerata in conflittualità con la stessa fede. Questo pensiero con la medesima perdita di criterio è manifesto anche nel rifiuto del sistema copernicano in Oriente (1774-1821). In seguito la teoria dell’evoluzione di Darwin sorse come la vendetta della scienza sulla condanna ecclesiastica di Galileo.

 

 

Il trapianto del problema occidentale nell’Oriente ortodosso

 

La diffusione della cultura europea si è caratterizzata per una lotta tra l’empirismo fisico e la metafisica aristotelica. Gli illuministi sono filosofi razionalisti. Gli illuministi greci, con Adamantios Korais come loro patriarca, erano metafisici nella loro teologia. Grazie a loro si importò in Grecia il conflitto tra empiristi e metafisicisti. Comunque, i monaci ortodossi del Monte Athos, Kollyvades e gli altri padri esicasti sono rimasti empiristi nel loro metodo teologico. L’introduzione della metafisica nella nostra teologia popolare ed accademica è dovuta, principalmente al Korais. Per questa ragione Korais è divenuto un’autorità per i nostri teologi accademici, come per i movimenti popolari di moralizzazione. La linea del Korais comporta il rifiuto della base sulla quale si è sempre fatta teologia, la purificazione del cuore, sostituendo, al suo posto dei progetti educativi scolastici. Identico fenomeno si affacciò in Russia al tempo di Pietro il Grande (XVII-XVIII secolo). In tal maniera i Padri vengono catalogati come filosofi (prevalentemente neoplatonici, filosofia nella quale si può certamente inserire Sant’Agostino) ed operatori sociali. Questo orientamento determinò un prototipo di pietismo che si diffuse in Grecia. Inevitabilmente, l’esicasmo fu rigettato come segno di oscurantismo. Le cosiddette idee progressiste di Korais si comprendono se si conosce ch’egli era soprattutto un sostenitore di idee calviniste più che della metafisica romano-cattolica. I suoi lavori teologici sono intensamente influenzati da pietismo e moralismo calvinista.

Comunque, per i Padri, l’Ortodossia è anti-metafisica, ed è continuamente rivolta ad una certezza empirica, attraverso i mezzi del metodo esicasta. Questo spiega perché l’esicasmo del Kollyvades è empirico e scientifico non meno di quello utilizzato da San Nicodemo l’aghiorita. Il fatto è dimostrato dagli esicasti del XVIII secolo i quali accettarono il progresso scientifico occidentale. Il Kollyvades accettò i punti di vista scientifici come fece lo stesso San Nicodemos l’aghiorita. Quest’ultimo nel Symbouletikon, accettò le nuove teorie del suo tempo sul funzionamento del cuore. Sant’Athansios Parios non fece scienza né lottò contro di essa, ma si oppose al suo uso illuministico-occidentale infiltratosi nella nazione greca. Tutti questi guardarono alla scienza come se fosse un dono di Dio e come una possibilità per migliorare le condizioni di vita umane. Ma l’uso della scienza per una lotta metafisica contro la fede, com’era consueto in Occidente e come è stato importato in Oriente, era, in realtà, una lotta ai teologi tradizionali del XVIII e del XIX secolo. Gli errori compiuti rivelano la posizione degli illuministi greci che, senza avere alcuna relazione con il punto di vista patristico di conoscenza, benché fossero preti e monaci, hanno importato il conflitto europeo tra metafisicisti ed empiristi in Grecia, parlando di “religione irrazionale” allorché i Padri dell’Ortodossia, differenziavano i due generi di conoscenza facendo, allo stesso tempo, una distinzione tra il razionale e il sopra-razionale.

Il problema del conflitto tra fede e scienza, al di là dalla confusione gnoseologica, ha causato l’idolizzazione dei due generi di conoscenza. Così, all’interno del Cristianesimo è nata una debole e malsana apologetica. Famoso, a tal proposito, è l’esempio d’un professore greco d’apologetica il quale, molti anni fa, sostenne una prova matematica dell’esistenza di Dio! Nell’Ortodossia, comunque, questa dualità non è evidente. Nulla esclude la coesistenza della fede con la scienza quando la fede non è un immaginario metafisico e la scienza non falsifica il suo carattere positivo con l’utilizzo della metafisica stessa. La mutua comprensione della scienza con la fede è aiutata dalla corrente lingua scientifica.

Il principio di indeterminazione (quello dove non si riscontra alcuna causalità) e una specie di apofatismo scientifico. Il ritorno ai Padri perciò, aiuta a superare il conflitto in oggetto. L’accettazione dei limiti dei due generi di conoscenza (l’increata e la creata) e l’utilizzo dell’organo appropriato o dello strumento per ciascuna di esse, contraddistingue l’Ortodossia e i Padri che pongono la saggezza terrena al di sotto della conoscenza più elevata o divina.

Contrariamente a ciò, la confusione dei due tipi di conoscenza nel pensiero Occidentale promuove i mutui malintesi e continua a generare conflitti. Una Chiesa che persiste nella teologia metafisica sarà obbligata sempre ad elemosinare il perdono di Galileo. Ma una Scienza che ignora i suoi limiti, si deteriora in metafisica. Essa, così, si occuperà dell’esistenza di Dio (campo che non è di sua competenza) finendo, in diversi casi, per rigettarLo completamente.

 

Pubblicato originariamente in: http://digilander.libero.it/ortodossia/fedescienza.htm

 

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