Incontri con il p. Paisios del Monte Athos

Testo tratto da “Cronache dal Monte Athos” a cura della

Piccola Famiglia della Resurrezione, Valleripa 5  47020 Linaro (FO)

 

Bisogna essere profondamente grati a chi ha redatto questo testo. Lo stile è discorsivo e, nonostante sembra essere stato rivisto data la presenza di varie discontinuità, ha conservato la freschezza originaria. Ci mostra l’estrema delicatezza di p. Paisios, un monaco athonita morto santamente, nei riguardi di un monaco cattolico. Dal testo emerge una specie di dialogo tra le due confessioni cristiane. Paisios è chiaro ma, allo stesso tempo, caritatevole e amabile. Sa adattare il suo discorso al livello del suo ascoltatore facendo esempi semplici e concreti che vanno al cuore dei reali problemi. Questo dialogo mostra, contemporaneamente, la prospettiva dell’Ortodossia vissuta e la massima possibilità di comprensione e apertura del mondo cattolico nei suoi riguardi. Le note sono state aggiunte posteriormente e non appartengono al redattore del testo né alla famiglia religiosa alla quale egli appartiene.

 

Primo incontro

Mercoledì 17 febbraio [1980?].

Alle 9,30 suono dal p. Paisios. Mi sente e mi cala per mezzo di una cordicella la chiave per aprire il lucchetto del cancello. Mi accoglie sulla porta: è magro, basso di statura, dimostra più dei quasi 60 anni che ha. Non ha tutti i denti; alcuni sono color oro. Mi fa sedere, mi dà un bicchiere d’acqua e un lucumi[1]. Prima di questo mi fa entrare nella piccola cappella con alcune icone molto belle, anche se dipinte di recente.

Entro nella stanza dove (ora d’inverno) prega, lavora, riposa e riceve, avendo solo in questa la stufa funzionante. C’è un letto, alto come i nostri, composto da un’asse di truciolato e due cavalletti. Senza materasso, con alcune coperte.

Mi dice: “Siediti vicino a me. Di dove sei?”. Gli racconto della storia del nostro abbà e quindi del nostro essere in Grecia, soffermandomi in particolare sia sulla visita compiuta col p. Luigi, sia sulla permanenza a[l monastero di] Sìmonos Petras e infine gli parlo dell’amore, del nostro ieronda[2] per l’Ortodossia, amore che ha trasmesso alle nostre ossa. Mentre parlo incide un pezzo di legno con una mezza forbice spuntata: è il suo lavoro, fa oggetti di legno e comboskini[3]. Mi ascolta silenzioso. Ogni tanto chiede qualcosa. “Quanti anni ha il tuo ieronda? Come si chiama?” “Orfeus ptocòs[4]“. Paisios: “Ah... (e mi guarda da sotto gli occhiali che usa quando incide)... ptocòs per diventare plùsios[5]...”.

Rispondo: “Certo, padre, è proprio come dice…”.

Quindi gli riferisco, dopo avergli confessato che riconosciamo i nostri peccati ed errori della situazione di grazia in cui vive la nostra Chiesa nel suo Vescovo, nei sacerdoti e nel popolo e che il nostro ieronda crede che siamo nel plìroma[6] e che non è bene lasciare la nostra Chiesa, che è tale nonostante tutto. Gli riferisco il pensiero del padre sul “Credo” e sul Papa.

Si toglie gli occhiali, mette da parte il pezzetto di legno e la forbice e comincia a parlare:

“Guarda, la differenza fra l’Occidente e l’Oriente è una sola... cioè è la logica [logiké]; l’Occidente crede in essa[7], l’Oriente crede nello Spirito Santo. Non è il Credo, il ‘Filioque’ o le altre differenze... perché il ‘Filioque’ si può anche intendere bene. È lo Spirito Santo che conta... e l’unione delle Chiese la si fa così; se si è uomini di Dio, se si ha lo Spirito Santo allora si è Uno... l’unione potrà avvenire tramite questa via, non tramite le altre strade che sono una presa in giro e farse. Come il Patriarca Atenagora che ha preso in giro Paolo VI e Paolo VI Atenagora. Vedi, io ho fatto solo le elementari, non ho studiato teologia, ho letto solo, oltre alla Scrittura, l’Everghetinòs[8], l’Abbà Isaac, il Sinassario... ho sempre cercato giorno per giorno la luce dello Spirito Santo... il resto non importa. Anche in Oriente la logica sta entrando molto nella Chiesa e c’è grande confusione, la maggioranza dei vescovi pensa con lo stesso cervello e mentalità del sindaco... È lo Spirito Santo che ci fa Uno…”.

 “Padre, il mio ieronda non vuole che giri molto. Io penso di stare ancora una settimana a[l Monastero di] Cutlumusìu, poi di andare a[l Monastero di] Stauronikìta per un mese circa. Il mio ieronda desidera che possa avere un rapporto spirituale con lei. Se posso venire qualche altra volta da lei, allora penso di restare di più a Cutlumusìu... Faccia lei, io non le chiedo nulla... lascio a lei il discernimento di ciò che è bene per il nostro monastero...”.

Paisios: “Guarda, qui puoi venire tutte le volte che vuoi... “. Lo ringrazio molto. Comincio a raccontargli di ciò che faccio a Cutlumusìu: “Padre dormo parecchio, diversamente mi fa male il cervelletto”. Paisios: “Qual è il motivo?”. “Non sono forte di costituzione e ultimamente in monastero abbiamo lavorato sodo per la sistemazione delle case (gli avevo raccontato di Valleripa)...”. Non mi lascia continuare la confessione delle mie disobbedienze allo ieronda, ma tutto gioioso mi interrompe sbattendo le mani: “Ah, non avere paura… se è per fatica fisica non è niente… il male è quando si ha mal di testa a forza di scrivere libri su libri ecc. ...e poi si dà la colpa allo Spirito Santo, ma lo Spirito non affatica nessuno. Lo ripeto: è la logica il male di tutto, il pensiero... A Tessalonica c’è una scuola teologica abbastanza buona, ma ad Atene... le cose più assurde vengono da lì! Fortunatamente nell’Ortodossia c’è molto sale, ma anche i nostri si stanno piegando al sistema della scienza, vanno a studiare all’estero... pensa, hanno inventato pure la scienza della ‘pastorale’ per i parroci e ci mettono dentro pure la psicologia! Ma lo Spirito Santo cosa ci sta a fare? Lasciamo ai tedeschi il mestiere di pensare e pensare per fare nuovi aerei e nuove bombe... So che a Gerusalemme i cattolici mettono nell’acqua benedetta il sale... Ma questo è disprezzare lo Spirito Santo! Perché mettono un conservativo?” Lo interrompo: “Anche noi mettiamo il sale. Il testo della preghiera si rifà al profeta Eliseo quando rese dolce l’acqua col sale... E poi il Signore dice: ‘Abbiate sale in voi stessi’...”. Paisios: “Vedi questo è fare entrare la logica. Certo è un bel pensiero quello che dici, ma è un’altra cosa. ...”.

Gli dico: “Padre, capisco. Riferirò al mio ieronda il suo pensiero”. Paisios: “Nella Bibbia quando Davide fece trasportare l’arca, ricorderai il fatto di Ozia. Vedendo che l’arca stava per cadere la volle sostenere e Dio lo fulminò. Questo è il male della logica, credere che l’arca di Dio possa cadere, credere che Dio abbia bisogno del nostro sostegno. Anche gli undici apostoli furono presi da questo male dopo la sua morte: erano ancora dei ragazzi pieni di forza eppure si sbarrarono nel cenacolo per paura dei Giudei. Invece le donne... il Signore le ha fatte con poco cervello ma con un grande cuore... le donne erano 2-3 e hanno avuto il coraggio di andare di notte al sepolcro ed hanno trovato gli angeli che hanno loro annunziato la resurrezione... le donne hanno un grande cuore... e sono andate a bussare a quelli là che erano chiusi dentro: ‘Ehi!!… È risorto!!…’. Vedi lo Spirito Santo? Lo Spirito Santo quando trova un cuore umile lo illumina.

Ho conosciuto un monaco[9] che aveva una grande umiltà. Una volta mi disse tutto confuso: ‘Sai, spesso, alla sera non ho bisogno di accendere il lume per leggere, perché la mia cella è illuminata’. Era pieno della luce dello Spirito fino a tal punto! Un’altra volta subì l’assalto del diavolo in forma di cane. Respinse e colpì il diavolo. Ma ne fu molto addolorato; uscì subito dalla cella e dopo un’ora e mezzo di cammino giunse dal suo padre spirituale: ‘Padre perdonami, ho colpito il diavolo... ‘. Questo stesso monaco raccontando a me l’accaduto commentava: ‘Lo sai? Il mio padre spirituale non mi ha dato nessuna punizione, e mi ha pure permesso, l’indomani, di fare la Comunione! Io mi sono molto meravigliato, perché avevo colpito il diavolo. Quando mi è stato dato il Corpo e il Sangue del Signore ho visto che somigliava a un pezzo di carne sanguinante ed era proprio così... Ho fatto molta fatica a masticare, ma era così dolce che non so esprimere. Dovetti correre subito in una cella appartata per non fare vedere agli altri la mia gioia’. Vedi fino a che segno questo monaco era umile?”.

A questo punto suona e arriva Nicola, il polacco ribattezzato, per parlare col p. Paisios.

È accompagnato da un novizio che fa da traduttore. Il p. Paisios dopo aver loro dato un bicchiere d’acqua e un lucumi, li accompagna nella cappella.

Riprende a parlare con me: “Vedi, non voglio dire che non ci sono differenze dogmatiche... ci sono... ma sono tutte riconducibili a quel male di cui ti parlavo prima”.

Dico al p. Paisios che, per non fare attendere Nicola, è meglio che me ne vada. “Posso ritornare presto?”. Paisios: “Certo, ti ho detto che puoi venire quando vuoi. Vieni, ti mostro un altro ingresso dietro casa, di qui puoi sempre entrare e se chiami ti sento bene”.

Prima di uscire, mi dà una manciata di noccioline e un comboskini a 50 grani: “È una benedizione!”. Mi saluta con grande affetto e mi indica il sentierino per giungere all’uscita segreta.

Quasi all’inizio del colloquio gli avevo detto: “Il mio ieronda la saluta molto e chiede la sua preghiera per lui e per tutto il monastero. Ho pure da riferirle da parte del p. Isaias di Sìmonos Petras che il Patriarca (di Costantinopoli) la saluta molto, la ritiene un uomo santo e chiede la sua preghiera”. Ascolta e tace[10].

Mi dicono che il p. Paisios veglia tutta la notte e dorme 2-3 ore al mattino. Per la Divina Liturgia, non essendo lui sacerdote, vanno la domenica e qualche altro giorno alcuni ieromonaci, suoi figli spirituali, che vivono in eremitaggi vicini. Il p. Paisios, a prima vista, si presenta come un normale vecchietto. E’ un “povero” di Dio, pieno della ricchezza dello Spirito Santo, per esprimermi con le sue stesse parole. Anche ora che c’è stagione brutta, è continuamente occupato durante il giorno con ospiti.

Gli avevo chiesto un consiglio se rimanere fino a Pasqua qui a Cutlumusìu o andare a Stauronikìta e anche se aveva qualche cosa da dirmi per la mia preghiera in questi giorni: “Fai come lo Spirito ti spinge, qui siamo in democrazia... (sorride) fa’ secondo quanto ti ha detto il tuo ieronda”.

 

Secondo incontro

Venerdì 4 marzo.

Alle 11 circa lo vedo entrare dal cancello principale con una accetta e una lima a ferro in mano: è stato nel bosco vicino a casa a tagliare legna. Con lui è appena arrivato un professore (laico) della scuola ieratica dell’Aghion Oros. “P. Laurendie!... S. Lorenzo ha dato via tutto in elemosina...”. Mi dice di attendere nella cappella in cui fa bruciare incenso.

Dopo un’ora e un quarto entro a parlare. Gli dico che c’è un nostro padre che sa incidere sul legno, ma ora non può essendo molto occupato a fare il muratore. Sorride. Oggi sta facendo un comboskini. Mi chiede da quando sono monaco. Gli racconto brevemente di quando l’abbà[11] mi ha detto di iniziare a leggere la Scrittura nelle case, della responsabilità che avevo mentre lui era lontano e ci seguiva. Poi come mi ha preso per mano con forza facendo gradualmente il deserto attorno a me, “nello spirito ero pronto perché sapevo dalla Scrittura come deve vivere un monaco, ma nella carne ho fatto fatica. Il Signore però ha dato luce e forza al mio ieronda... e ora godo nel ringraziare il Signore per questo... Per farle capire che il mio ieronda mi ha guidato sulla via dei Padri, le racconto questo fatto... (e gli narro del mio peccato delle castagne e l’inizio della metània[12] allo ieronda). E pure mi ha mandato in pellegrinaggio ai nostri santi, (e gli racconto terminando con s. Ignazio martirizzato al Colosseo) ... poi ci siamo recati tutti insieme. Nella nostra Chiesa abbiamo le reliquie... (e gli racconto dei santi vescovi Vicinio e Mauro), spesso il nostro ieronda ci porta a venerarle: sono le nostre feste...”.

Paisios: “Vedi, l’altro ieri ti dicevo della logica... Ci sono quelli che con in mano la Scrittura dicono che non si può fare la metània né allo ieronda, né al vescovo, né a Cristo... ma solo a Dio! E per Dio intendono qualcosa d’indefinito... Bisogna tornare alla pietà [Eylabeia]. Voi avete poi tante reliquie! Ma perché tenerle nascoste? Io ho l’icona della Sindone: mi commuove... Le tengono in esposizione per la proskìnisis [= prosternazione]? Le ossa dei santi hanno lo Spirito Santo! Bisogna tornare all’aghiasmò [= acqua benedetta], alla proskìnisis delle reliquie.

Io sono originario della Cappadocia; noi abbiamo bevuto per 36 anni la stessa acqua benedetta e non è imputridita. A volte vengono da me degli indemoniati. E io cosa faccio? Non posso nulla, non sono nemmeno sacerdote... Ho alcune reliquie e con esse tocco gli indemoniati. Una volta è venuto un ragazzino di 10 anni, indemoniato, accompagnato dal padre. Allora sono andato in cappella con l’intenzione di prendere le reliquie. Il ragazzino, che nulla sapeva, ha cominciato a schiumare dalla bocca e a dire: ‘Quelle no! Quelle no!...’ e bada che il ragazzo era muto. Ecco, bisogna tornare alla pietà”.

 “Padre, sono molto contento di poter essere ai suoi piedi come ai piedi del Cristo... Il mio ieronda lo desiderava, la conosceva già da tempo, mentre io no...”.

Paisios: “Mi ha incontrato?”. Io: “No, la conosceva di nome e mi aveva detto di incontrarla, se era possibile una volta... e invece lei mi ha permesso di venire quando voglio. Il Signore fa questa grande grazia per il mio ieronda e per tutto il monastero, non lo fa per me. Sono così impuro e pieno di logica... eppure a me è dato di trasmettere e di essere qui... Siamo qui per imparare, per umiliarci, per ricevere lo Spirito”.

Paisios: “Certo, lo Spirito... S. Lorenzo non aveva logica, ha dato via tutto e quando era cotto da una parte ha chiesto di essere cotto anche dall’altra... Vedi, il cuore non si cuoce mai (e ride molto, a bocca aperta e con gli occhi che brillano). Diventate sempre più dei buoni cattolici[13] e noi dei buoni ortodossi.

Gli uomini uniti a Dio possono fare l’unione delle Chiese. Bisogna cercare le vie che elevano lo spirito; oggi anche nella vita spirituale si cerca di giungere a Dio subito e senza fatica, ma non è possibile! Ci vuole la fatica [kòpos], fatica, fatica del corpo! ...Che begli esempi abbiamo dai nostri Padri dell’Occidente e dell’Oriente... mi commuovo quando ci penso. Oggi la situazione delle Chiese è molto grave. Non lo capiscono, ma è così. Ci aspettano molte prove. Fra pochi anni ci sarà una grande prova[14]: i pii saranno duramente provati; ma durerà poco per fortuna; poi non ci sarà più nemmeno un infedele. L’Europa diventerà una grande potenza, avrà un capo ebreo; non solo, ma cercheranno anche un capo spirituale per avere più forza e sarà il Papa, il quale metterà insieme tutti, cattolici, protestanti, i figli del diavolo (è una setta americana, sono anche qui in Grecia), i mussulmani, li metterà insieme lasciando a ciascuno libertà... Viviamo in tempi di Apocalisse, siamo come al tempo di Noè; lo prendevano in giro... Oggi nessuno ci crede, ma siamo al colmo. I pii avranno grandi prove, ma il tempo sarà breve... Queste cose sono chiaramente annunciate da Ezechiele e Zaccaria... (e racconta di Gog e Magog, ma non capisco bene)”.

”Padre, lei crede che il Papa possa giungere a questo punto?”.

Paisios: “Certo, avverrà questo. Ci sarà una grande catastrofe, ma poi tempo di pace e più nessun infedele, anche gli ebrei si convertiranno. Fra poco succederà questo. Voi come vi comporterete quando il Papa farà così?”.

– Io: “Il nostro ieronda dice che se il Papa non segue l’Evangelo non lo si può seguire...”[15].

Paisios: “L’unione verrà, ma prima avremo la tribolazione e la catastrofe. Noi intanto dobbiamo mirare in alto... sì la pietà... la Scrittura dice che le ossa di Eliseo morte appena toccarono un altro cadavere lo fecero resuscitare. Perché noi non facciamo la proskinisis alle reliquie dei santi? Ciò comporta necessariamente anche il contatto con esse tramite il bacio... ma se amo i santi, amo Dio, i santi mi portano al Cristo, sono il Cristo.

Alcuni nostri teologi stanno scalzando la venerazione ai santi e alla Vergine perché – affermano – distolgono dal Cristo Dio... Ma io amando la Madre amo il Figlio! (lo dice con forza, tenerezza e pietà gioiosa). Ecco non importa sapere molte cose, imparare molte lingue… Mi ha scritto tempo fa il p. Athos da Damasco (nel primo incontro mi aveva chiesto se lo conoscevo e gli ho raccontato) e mi ha chiesto la benedizione per il suo studio di non ricordo quale lingua… Ma si rischia di perdere tempo… È diventato ieronda il p. Athos?”.

– Padre, vede… se il mio ieronda non mi avesse fatto imparare il greco io non potrei parlare con lei…”. Paisios: “Il greco è un’altra cosa, è la lingua della Scrittura e dei Padri...”.

Poi gli spiego che l’arabo è in funzione del vangelo e della spinta verso l’India e l’estremo oriente. Paisios: “Per andare in India ci vuole qualcosa di molto potente. Là non sono come in Africa. Hanno una vita e alte teorie spirituali, fanno muovere oggetti, loro! È vero che sono forze demoniache e magiche, ma intanto li fanno ballare... e bisogna che noi siamo altrettanto forti nello Spirito per far ballare pure noi gli oggetti…”[16].

Accenna alla sua visita in Australia (anni fa con l’igumeno Vasilios) e di una donna che gli ha scritto chiedendo preghiere: “Guarda che pietà! Mi scrive: Ieronda, preghi per me perché prego poco, non ho tempo. Lavoro 8 ore e prego solo 8 ore”.

Accenna pure alla sua andata e permanenza (più volte) al Sinai (dove è rimasto nel monastero della Trasfigurazione per mesi) e a Gerusalemme:

“Le Chiese al santo Sepolcro sembrano come dei bambini in continuo litigio... ma com’è bello vedere che tutti amano tanto il Signore! (diventa più rosso in faccia e con gli occhi umidi... è la gioia dei poveri che non si riesce a descrivere).

– ”Ieronda, lo sa? La stessa cosa l’ho sentita dire dal mio ieronda tempo fa, lui è stato 4 anni in Palestina... Ha chiesto al Vescovo di divenire monaco sul monte Sion e il nostro Vescovo lo ha benedetto e durante un pellegrinaggio in Terra Santa, il 4 settembre del 1978 l’ha fatto monaco...”. Si rizza col busto, mi guarda ad occhi del tutto aperti, mi fa un sorriso, tace e continua a fare il suo comboskini che procede molto lentamente (quando parla non lo tocca).

Paisios: “Avete lo skima[17] monastico voi?”

– Gli mostro la croce, sbottonandomi la veste. Mi avvicino di più a lui, la prende in mano e la guarda contento. Su richiesta, ad altri l’avevo mostrata: sono contenti, perché questo “skima” è identico, nella sostanza, al loro. È un elemento essenziale del monaco lo skima della croce. Poi gli dico che vestiamo di bianco, spiegandone i motivi, ‘come dice il nostro ieronda’. Tace. Gli parlo anche del ‘monastero femminile’: “Sono a 15 minuti a piedi da noi. Fanno con noi il mattutino e la Divina Liturgia; per il resto la vita è separata. Il nostro ieronda è severo su questo...”. Paisios: “Sì, bisogna fare molta attenzione...”. Dice poi del rason[18]: “Anche qui in Grecia alcuni preti vogliono vestire come la gente del mondo o le monache avere la veste più corta o a mezza manica... Una volta è venuto un prete, l’ho portato fuori vicino ad un ulivo e ho tolto tutte le foglie dell’ulivo e gli ho detto: Sta mo’ a vedere adesso che ne sarà di quell’ulivo! Come se si cava un sasso da un muro di una casa. Lì per lì non succede niente, ma pian piano entra acqua, esce un sasso dopo l’altro e infine la casa va in rovina”.

Gli ho accennato pure delle nostre famiglie.

Sono le 13 circa. Suona due volte il campanello, ma lui non dà segno di sentire e continua a parlare e ad ascoltarmi. Dopo un po’ bussa alla porta il p. Theològos di Cutlumusìu: è suo figlio spirituale e conosce l’ingresso segreto. Li saluto tutti e due e me ne vado. Paisios mi accompagna alla porta: “Vengo la prossima settimana... lunedì, se Dio vuole…”.

Paisios (che aveva saputo dal p. Theològos che mi chiamo Laurendios agapitòs): “Vieni quando vuoi… Sii agapitòs[19] per Dio!”.

 

Terzo incontro

Lunedì 7 marzo.

Arrivo alle 9,45: è nel bosco vicino a casa che taglia legna; mi chiama: “Vieni e siediti qui”.

Sta tagliando una piccola quercia dal tronco di 25 cm circa di diametro; usa la scure con vera abilità e forza. Non avrei creduto che avesse avuto tanta forza. Glielo dico, aggiungendo “Doxa to Theò[20]“. Paisios: “Non tanto, mi manca un polmone quasi per intero. Nelle braccia però ho forza. A 12 anni vedendo un’icona di Gesù falegname, ho voluto imparare quel lavoro anch’io e così ho fatto i muscoli... Sono venuto qui all’Oros dopo la guerra e ho attraversato un po’ tutti i vari ‘ambienti’: sono stato nel deserto della zona delle skiti[21], poi in un cenobio, poi in un kellìon[22] (o isicastìrion) vicino a Stauronikìta e ora sono qui” .

Continua a lavorare ancora per mezz’ora e ogni tanto mi dice o mi chiede qualcosa sull’Italia: “La gente ha pace?”. Mi dice che preferisce lavorare lui anziché prendere un operaio: “Una-due ore di lavoro manuale duro mi fa bene per il corpo... se no un monaco non riesce a fare metànie[23], a stare in piedi nella preghiera. Se non ci si tiene allenati, il corpo s’indebolisce”.

Entriamo nel recinto della casa. Siccome oggi c’è sole e l’aria è tiepida, stiamo seduti fuori dietro a casa, dove non si sente se qualcuno suona il campanello. Il p. Paisios è di una disponibilità da vero uomo di Dio, ma usa anche questi “trucchi”. La scorsa volta gli ho detto: “Padre pensavo che lei non ci fosse, ho visto la porta chiusa con il lucchetto”. Mi sorride con occhi vivi e dice: “No... è solo una finta...”.

Tocca il lucchetto che non era innestato e lo apre, sorridendo ancora di più.

Riprende il discorso della volta passata: “L’Apocalisse parla chiaro... parla di anticristo e di Babilonia, che è Roma”. – Io: “Padre, sono d’accordo con quanto lei pensa, ma sul fatto della grande prova che verrà fra pochi anni, non capisco bene. Il vangelo dice che dobbiamo vegliare, che viene all’improvviso, ma che nessuno sa quando...

A meno che lei abbia avuto una rivelazione...”.

Paisios: “Non dico fra 2-3 anni esattamente, ma certamente presto presto, siamo al colmo, al tempo di Noè... Sarà fra breve, non posso dirti di più”. – ”Grazie, padre perché ci aiuta a stare ancora di più svegli. Poi per il Papa. Lei crede che giunga a questo punto? Il nostro ieronda dice che, a parte tutto il peccato, è Vescovo di Roma: noi crediamo nella sua benedizione”[24].

Paisios: “Certo è capo, è vescovo, non vi dico di fare insurrezioni, ma la verità non si può camuffare... Se mio padre è ubriaco o adultero, non posso passarlo sotto silenzio. Bisogna cercare le vie dello Spirito per aiutarlo a capire, ma con pietà: come, se e quando Dio lo vuole... Non ci si può nascondere che c’è molta massoneria e sionismo a Roma, c’è grande corruzione, c’è la mentalità del mondo... Guarda, lo crederesti che il Patriarca Atenagora era un massone? Nemmeno io lo credevo, ma mi hanno portato i documenti con i suoi gradi di massone e i certificati della pensione che recepiva come massone. Non dobbiamo insorgere, ma servire la verità e non piegarci al mondo... La Chiesa non è la barca personale di qualcuno, né del Papa, né del Patriarca, né del Vescovo. Nessuno può far tacere lo Spirito nella Chiesa, nei fedeli. Dovremo patire molto, ma sarà breve la prova e poi non ci sarà più ateo e incredulo... questa è una grande consolazione.

Dice bene il vostro ieronda... bisogna ascoltare lo Spirito e tornare alla pietà, alle reliquie, all’aghiasmò... Siate sempre più buoni cattolici, l’unità la fanno uomini uniti con Dio. Nella Chiesa, anche da noi, e nel monachesimo, è subentrato molto lo spirito del mondo: ma la logica non va d’accordo con lo Spirito e col mistero... Anche all’ Aghion Oros, costruiscono nuove strade, ora asfaltano Dafni-Cariès; qui attorno c’è tanto rumore di motoseghe... Dicono che sfruttano il bosco per fare poi beneficenze... oppure ci sono monaci che vanno missionari e fanno ministero... Ma perché ti sei fatto monaco allora? Potevi farti sacerdote o sposarti! Oppure certi monaci vanno ad insegnare nelle scuole, rubando anche il posto a gente che ne avrebbe bisogno.

Il proprio del monaco è di sudare, marcire, scoppiare nella propria cella. La preghiera è l’arma più potente di tutte. Se aiuto o libero un carcerato, non ho fatto molto: la preghiera lo salva non per questa vita, ma per la vita eterna. Non è proprio del monaco visitare i malati, ma pregare per la loro anima. Nella Chiesa ci sono quelli che curano i malati e quelli che li assistono. Il monaco è un’altra cosa. Ma chi è più prigioniero dei defunti, di quanti sono nell’Ade e non possono fare nulla per la propria conversione?

Noi invece possiamo salvarli. Dobbiamo fare preghiere e metànie per i defunti! E ciò anche per i vivi: solo la preghiera può costringere Dio ad intervenire di forza in certe situazioni. Dio rispetta la libertà dell’uomo altrimenti il diavolo gli direbbe: ‘Ehi perché agisci così?’... Invece quando un cristiano prega, costringe Dio ad intervenire di potenza anche contro la libertà di quel poveretto che giace nel peccato! Ma perché noi monaci andiamo a cercare altre strade che non sono efficaci e potenti come la preghiera, la vita nascosta?.. Anche noi qui subiamo l’influenza dell’Occidente. Andare missionario è una cosa bella, ma solo quando uno non ha pensieri mondani, quando ha posto il suo io nelle mani di Dio... quando è Dio che manda allora è un’altra cosa, allora sa fare Lui... Io divido la mia preghiera in tre parti: per i morti (è risaputo che p. Paisios prega molto per i defunti), per i vivi e per me stesso... Vedi quando un monaco pregasse anche sempre e solo per se stesso nella convinzione che è il più grande peccatore e non è degno di pregare per gli altri... allora nella sua umiltà anche se dicesse solo un ‘Kyrie eleison’ per il mondo, salverebbe tutto il mondo”. Chiede quale ergòchiro[25] abbiamo.

– Rispondo: “Oltre al lavoro di muratore che ci occupa ora, la falegnameria... abbiamo pure fatto la pavira...”. Paisios: “Ah è un bel lavoro quello... ricorda la vita dei Padri della Tebaide... il monaco è aiutato se il suo lavoro non gli ricorda il mondo, ma la vita dei Padri, il vangelo... così, più la cella è povera e più si è aiutati... se ci sono pezzi di tronco invece di poltrone e tavoli che ricordano le sale mondane”.

– Gli chiedo infine se ha un consiglio da darmi per il mio rimanere a Cutlumusìu o a[l Monastero di] Stauronikìta.

Risponde: “Lo Spirito ti illumini. Fai come ti dice il tuo ieronda. Io penso che sia meglio che tu abbia una visione più completa, che vada a Stauronikìta” .

Paisios mi dice che Stauronikìta dista un’ora e un quarto circa dal suo kellìon. Gli chiedo di poter prendere un fiore e spedirlo al mio ieronda.

Alla fine dell’incontro mi dà il comboskini che ha appena ultimato: “Questo è per il tuo ieronda”. – Io: “Sa?.. gli ho chiesto la benedizione di passare a visitarla assieme a lui. Se Dio vuole, verremo”. Paisios: “Ah, è una benedizione per me...”.

 

Quarto incontro

Giovedì 10 marzo.

Giungo al suo kellìon verso le 8,30. Prima di me ci sono tre persone e nel giro di mezz’ora ne vengono altre quattro, fra cui un monaco. Il p. Paisios serve a tutti o fa servire un lucumi e acqua fresca; più tardi fa distribuire pure un’arancia. Mi diceva l’igumeno Cristòdulos che d’ora in poi è una continua fila dal p. Paisios: d’estate arrivano fino a 80-90 persone al giorno. Lui a volte scappa nel bosco per non farsi trovare. Riceve pure molta posta, ma mi ha detto che non risponde a nessuno[26].

Oggi gli chiedo di parlarmi della sua preghiera secondo quello che può aiutarci.

Paisios: “A voi non è di giovamento come faccio io; io vivo da solo, è un’altra cosa rispetto alla vostra vita... non vi serve. Tempo fa leggevo i canoni, i tropari del giorno, ora neppure quelli. Guardo chi è il santo del giorno, poi faccio solo la preghiera di Gesù con metànie piccole e grandi. La Divina Liturgia[27] la celebriamo due volte alla settimana... La sostanza è quella che ti ho detto la scorsa settimana: il monaco non deve andare all’ospedale a portare due arance a un ammalato, ma pregare perché guarisca e torni a casa, oppure quando una donna è sterile, pregare perché possa partorire – mi cita esempi di diverse donne sterili che hanno partorito per la preghiera o perché si sono cinte di una corda che aveva toccato reliquie di santi; il monaco non deve contribuire all’incremento dei prodotti, ma quando c’è siccità, pregare perché piova e così si possa avere un buon raccolto. Una volta c’era una grande siccità e ho detto ad un monaco che veniva da me:

“Chiuditi in cella e prega per la pioggia; e non tornare da me finché non piove... (aggiunge ridendo:) ho fatto cosi per pungolarlo di più... Abbiamo pregato e il giorno dopo il Signore ci ha ascoltato.

Questo vale anche per la ‘missione’: deve essere la Chiesa che manda, non il singolo, ma una Chiesa che vive nello Spirito, non una Chiesa che ha la ‘missione facile’, che la concepisce come una operazione militare, com’è nello spirito occidentale...”.

Gli dico che avevo una cartolina-icona del padre Arsenios che sta per essere fatto santo (è cappàdoce e ha battezzato il p. Paisios). L’avevo ricevuta dallo ieronda Emilianòs che l’aveva distribuita a tutti i monaci, ma l’ho data ad un ragazzo che me l’ha vista e l’ha desiderata. Paisios: “Te ne do un’altra!” E va a prendere una piccola icona incollata su un legnetto.

Gli chiedo se può posarla sulla reliquia del p. Arsenios che lui ha. Lo fa subito e mi porta pure un libretto scritto da lui sulla vita e i miracoli del p. Arsenios.

Gli racconto del nostro rapporto con la Scrittura e gli chiedo quale rapporto ha lui, “visto che la cita così spesso e che quanto dice è così pregno della Parola di Dio”. Paisios: “Da bambino ho letto molto il Nuovo Testamento... spesso lo leggevo al chiar di luna; poi, più grande, ho letto l’Antico e allora ho compreso meglio il Nuovo. Sì, si capisce meglio il Nuovo quando si conosce l’Antico. Ma quando si legge l’Antico bisogna avere purezza di cuore per capirlo”.

Riguardo ai Padri da lui letti ho dimenticato di aggiungere la “Scala” di s. Giovanni Climaco assieme all’abbà Isaac e all’Everghetinòs.

Al termine dell’incontro gli chiedo l’evloghìa[28] per la visita ai monasteri. – ”Quando arrivi in un monastero, di’ subito che sei cattolico, perché non abbiano sospetti e non credano che sei una spia” (sorride).

Gli faccio la proskìnisis e tento di baciargli la mano ma, come sempre, invece di porgermela mi dà una “tozza” sulla mano che io tendo.

 

Quinto incontro

Lunedì 14 aprile.

Arrivo al suo kellìon verso le 11: p. Paisios è tutto solo, fuori sull’aia, sta preparando un bastone per farne il manico della nuova “fèra” che ha comprato per tagliare l’erba. Ha accetta e pialletto.

Appena mi vede mi saluta dicendo: “Oggi è il secondo giorno di Pasqua!” (per la Chiesa latina oggi è il lunedì di Pasqua).

Ci sediamo fuori. Gli racconto in breve il pellegrinaggio fatto, la settimana prima di quaresima, da Filotheu alla Grande Laura e alle skiti. Infine gli dico pure di Stauronikìta e del rapporto con lo ieronda Vasilios, concludendo che percepisco che è la mano di Dio o guidarci in questo cammino.

Paisios: “Vedi, questo atteggiamento severo che c’è qui all’Aghion Oros verso i romano-cattolici non è per mancanza d’amore. È come se un medico desse ad un malato dei dolci per guarirlo; no, deve dargli erbe amare. Così non si può ingannare la gente con un falso ecumenismo, ma dire la verità. Purtroppo, come ti ho detto, anche nella Chiesa ortodossa molti imparano dall’Occidente. Bisogna invece tornare alla tradizione dei Padri.

Per questo ti dissi che i cattolici devono elevarsi spiritualmente, tornare alle fonti, divenire sempre più buoni cattolici, come noi pure sempre più buoni ortodossi”.

– “Padre, se capisco bene, per vivere nella pienezza del Cristo dovremmo farci battezzare e divenire ortodossi...”. Paisios: “Sì... voi ora siete in uno stato d’inquietudine [anesychìa]. Spesse volte mi hanno chiesto se i mussulmani, i cattolici, i protestanti vanno all’inferno o si salvano. Io rispondo che la salvezza è nelle mani di Dio e solo Lui sa. Ma certo se uno si mostra desideroso del Cristo e della Chiesa io non posso negargli la verità e aiutarlo in ciò che desidera. Quando un abito ha subìto una lacerazione [schìsma] – e mi mostra il suo raso all’altezza del ginocchio – non comincio a cucirlo dal fondo, ma dal punto in cui è avvenuta la lacerazione. La Chiesa in Occidente si è costituita in forma di Stato e ha coniato la sua moneta [nòmisma] (noto che questa parola usata da p. Paisios non è quella del linguaggio parlato, ma biblico. Nel Nuovo Testamento ricorre solo una volta nel passo molto significativo di Mt 22, 19), ha sostituito il cervello allo Spirito... ma questo sta succedendo anche qui in diverse parti per imitazione e influenza dell’Occidente. Vedi, non basta la buona disposizione e intenzione, ma occorre aderire alla verità, quando lo Spirito illumina... Con la buona intenzione si può giungere fino a uccidere dei monaci come ha fatto il patriarca Vecco quando uccise molti monaci dell’Athos che si opponevano all’unione con la Chiesa d’Occidente”.

Ho dimenticato di riferire che all’inizio gli avevo letto 4 righe dell’ultima lettera dell’abbà:

“Saluta molto e ringrazia da parte mia il p. Paisios, che ricordo nelle mie preghiere. La ricerca dello Spirito Santo e l’invocazione di esso è da decenni l’unico mio scopo e tutto il senso della nostra Piccola Famiglia e del nostro contatto con le Chiese”.

Paisios mi ha sempre parlato con la sua grande bontà e pace interiore. Gli dico che sto leggendo il libretto scritto da lui su s. Arsenios, il monaco sacerdote che l’ha battezzato. Allora mi racconta altri episodi e miracoli della sua vita contenuti nel libro e dice: “Il miracolo è segno della grazia e dell’energia sovrannaturale di Dio. Non si può dichiarare uno santo basandosi sulle sue opere, sulla sua attività come mi dicono che fanno in Occidente ultimamente. ..”. Mi chiede se è così. Rispondo che, per quello che so, si basano sui miracoli e sui testimoni oculari della vita del santo. – Paisios: “Ah, allora va bene. Magari... Ma mi hanno detto che ultimamente si basano solo sulle sue opere e non sull’energia della grazia che opera nei miracoli...”.

Paisios ogni tanto dà qualche piallata; siccome accanto a noi c’è l’orto con molta cipolla, insalata e cardi, chiedo quali sono i cibi più consumati nei tempi di digiuno. Paisios: “I fagioli, le lenticchie e i ceci, ma non tutti li sopportano, sono difficili da digerire”. Quindi si mette a ridere e continua: “Quando ero in cenobio mangiavo i fagioli senza masticarli, li mandavo giù interi credendo poi di sentire meno la fame, perché si lavorava e avevo paura di non farcela.

Adesso non li posso più mangiare, fatico a digerirli e quando c’è peso sullo stomaco non si riesce a pregare. Comunque Dio ha imbandito una grande trapeza[29] per tutti, ce n’è per tutti i gusti... patate, cipolla, insalata, verza cotta o anche cruda se uno ha stomaco buono; d’estate io mangio molto i pomodori... e il pane! Il miglior cibo per la digestione è roba secca e pane. Ma guarda, ognuno impara con l’esperienza e secondo il tipo di stomaco che ha”.

Mi alzo per congedarmi: Paisios mi accompagna al cancello: “Ecco Laurendios, non so se ti ho rattristato...”. – Io: “No, padre, la ringrazio poiché mi dice quello che pensa. Noi desideriamo lo Spirito Santo, anche se, come le ho detto, il nostro ieronda crede che, malgrado gli errori, noi viviamo nel plìroma del Cristo, esperimentando la grazia dello Spirito Santo[30]. E io venero il mio ieronda come un santo; il Signore opera molti miracoli tramite lui... Preghi per tutti noi e per il nostro ieronda, perché lo Spirito c’illumini sempre di più. A Pasqua verrà, e se Dio vuole, passeremo di qui”.

Paisios: “Sa il greco il tuo ieronda?”. –Quello della Scrittura... Evloghìte[31]!”.

Paisios: “Certo, Dio sia con te...”.

 

Pubblicato originariamente in: http://digilander.libero.it/ortodossia/paisios-incontri.htm

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[1] Dolce di frutta candita molto zuccherato.

[2] Anziano, inteso come superiore.

[3] Una corda di lana o seta legata alle estremità e formata da nodi (komboi), una specie di rosario per la preghiera del Nome di Gesù..

[4] Povero.

[5] Ricco.

[6] Pienezza, intesa nei riguardi della comunione con Dio.

[7] È bene precisare che un conto è credere nella logica, un conto è utilizzare la logica nei limiti a lei consentiti. Nel primo caso si finisce per fare delle possibilità sempre limitate della mente un vero e proprio idolo, nel secondo si permette a se stessi di porre attenzione a quanto supera la logica: la presenza misteriosa e reale di Dio nel mondo e nella vita umana. Purtroppo il mondo attuale è inconsciamente ma profondamente idolatra.

[8] I Detti dei Padri del deserto.

[9] A volte p. Paisios raccontava delle esperienze personali attribuendole ad altri. Era un modo per attirare l’attenzione del suo prossimo su Dio senza farla cadere su se stesso.

[10] È comprensibile come i precedenti complimenti siano pure convinzione del monaco cattolico e vengano pronunciati da lui in un momento di entusiasmo: egli amava p. Paisios. Ma è pure comprensibile il silenzio del monaco athonita in risposta a essi. Un santo, quando è veramente tale, sa bene di essere l’ultimo uomo della terra e non vuole sentire questi elogi che finiscono per pesargli sull’anima. Queste argomentazioni, seppure involontariamente, tentano di togliere la corona dell’umiltà ad un uomo che ha rinunciato a vivere di apparenze mondane. Quello che il mondo ama (i complimenti) un santo detesta e certo non per falsa umiltà dal momento che riconosce nelle vane parole un reale veleno. Questo gli offre la possibilità di comprendere la segreta sapienza nascosta nel passo di Mt 5,11: ”Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia”.

[11] Abate, ossia padre. In questo contesto indica lo ieronda.

[12] Cambiamento di mente o di mentalità (metà-nous), conversione.

[13] Da tutto il contesto del dialogo si comprende che “divenire dei buoni cattolici”, per p. Paisios, significa confidare in Dio non nella logica del proprio cervello. Ma questo, in definitiva, è lo spirito dell’Ortodossia, la base della sua tradizione spirituale e dogmatica. D’altra parte al tempo di san Massimo il Confessore (VII sec.) i termini Chiesa cattolica e Chiesa ortodossa indicavano la medesima realtà perché era diffusa la medesima mentalità.

[14] È diffusa convinzione di tutto il monachesimo athonita, non solo di p. Paisios, che il mondo attuale sta vivendo i suoi ultimi tempi e che, forse, l’Apocalisse è già iniziata. Quest’atteggiamento fa pensare a quello dei primi cristiani i quali attendevano la venuta di Cristo da un momento all’altro. In questa convinzione, però, non c’è nulla di nevrotico o di fanatico. Gli athoniti – e Paisios stesso – la manifestano come se vivessero già in un altro mondo e avessero visto accadere tutto.

[15] In realtà il mondo cattolico crede tradizionalmente che il papa non potrà mai fallire perché è assistito da una grazia particolare, almeno per quanto riguarda le questioni di fede e di morale. Così, questa convinzione emerge dalle parole dello stesso monaco cattolico al prossimo dialogo qui riportato. In sintesi l’atteggiamento cattolico è il seguente: il papa se non segue il Vangelo non è da seguire ma, siccome non potrà mai non seguire il Vangelo, è da seguire sempre.

[16] Evidentemente il fine del Cristianesimo non è “far ballare gli oggetti”, questo p. Paisios lo sapeva assai bene. L’asceta fa, però, questo esempio per scendere al livello del suo ascoltatore ed essere immediatamente compreso da lui. Qui si nota come p. Paisios avesse una sorta di intuizione: percepiva chi aveva innanzi e le capacità di comprensione spirituale di chi lo avvicinava.

[17] Lo skima (piccolo o grande) si riferisce pressappoco ai voti religiosi semplici o solenni del mondo cattolico.

[18] Sopravveste clericale in seta con ampie maniche.

[19] L’amato.

[20] Gloria a Dio.

[21] Piccolo insediamento monastico formato da un insieme di case.

[22] Letteralmente cella. Il kellion o isicastìrion è una casa isolata con una piccola cappella.

[23] Prosternazioni seguite da segni di croce.

[24] Vedi nota 15.

[25] Attività manuale.

[26] Non ci si deve meravigliare: il proprio del monaco (monos=solo) è quello di vivere isolato, non d’intrattenere relazioni sociali. Il modo con il quale aiuta il suo prossimo non è, dunque, un modo sociologico ma passa attraverso il suo personale rapportarsi a Dio, come spiega molto bene lo stesso p. Paisios. Oggi questo non è compreso proprio perché si ha generalmente perso la dimensione interiore della vita cristiana. Senza di essa il Cristianesimo non è che apparenza, vetrina, iperattivismo privo di profondità.

[27] La Messa.

[28] Benedizione con la quale si da il permesso di fare qualcosa. Questo, perché il monaco che la riceve rinuncia alla sua volontà personale. Per ricevere l’evloghìa bisogna che il monaco abbia un reale legame spirituale con chi gliela da e lo dirige. Solo in questo contesto ha senso.

[29] Tavola.

[30] Questo, ovviamente, indica la differenza con quanto, invece, dimostra di credere p. Paisios, dal momento che quest’ultimo afferma che il mondo cattolico vive in uno stato d’inquietudine. D’altronde non può esserci inquietudine spirituale e, contemporaneamente, pienezza di vita in Dio – plìroma come il monaco cattolico afferma – pienezza che apporta la quiete spirituale. Così, attraverso la bocca del monaco cattolico, per altro molto vicino all’Ortodossia e per il quale p. Paisios ha molto credito (non lo contesta), si comprende che il mondo cattolico o non capisce quanto dice la tradizione ascetica ortodossa o non è in grado di riconoscere o ammettere una propria eventuale inquietudine, o ammette degli errori (che però, per lui, non comportano alcuna inquietudine). In tutti questi casi, pur essendoci un reale affetto e attenzione verso il mondo ortodosso, non ci potrà mai essere una reale e profonda adesione a esso. L’adesione reale comporta una profonda condivisione e comprensione su questi argomenti che, quindi, non possono essere trattati in modo superficiale, sdolcinato e formale. Le Chiese, dunque, continuano a rimanere disunite, segno di un’impossibilità di comprensione a livello spirituale (oltre che dogmatico). È solo così che si spiega la divisione tra i cristiani, cosa che non può essere superata con palliativi superficiali di qualsiasi tipo e genere (“prese in giro”, per usare i termini di Paisios) dal momento che non sono che illusioni.

[31] Normalmente è il saluto monastico. Significa “Benedite” Dio.

 

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