MARTIRIO DI FELICE VESCOVO

 


Felice era vescovo di Tibiuca, città poco distante da Cartagine, capitale dell’Africa pro-consolare. Morì nel 303, anno in cui Diocleziano emanò il primo editto contro i cristiani, che imponeva il sequestro dei libri sacri, i quali dovevano poi essere bruciati.

 

 

1. Erano consoli Diocleziano per l’ottava volta, Massimiano per la settima quando fu promulgato per tutto l’impero un editto dei due Imperatori e dei due Cesari in cui si ordinava ai governatori e ai magistrati preposti al comando delle rispettive colonie e città di farsi consegnare dai vescovi e dai sacerdoti i libri sacri. Il cinque giugno, questo editto fu esposto al pubblico nella città di Tibiuca. Allora il curatore Magniliano comandò che venissero condotti alla sua presenza gli anziani della comunità cristiana, poiché in quel giorno il vescovo Felice era partito diretto a Cartagine. Pertanto comparvero davanti al magistrato il sacerdote Apro e i lettori Cirillo e Vitale.


2. Il magistrato Magniliano chiese loro: “Avete voi libri sacri?”

Apro rispose: “Sì, ne abbiamo”.

“Consegnateli perché vengano bruciati”, ordinò Magniliano.

Ma Apro: “Li ha con sé il nostro vescovo”.

“E il vostro vescovo dove si trova ora?”, s’informò Magniliano.

“Non lo so”, rispose Apro.

“Resterete allora a nostra disposizione finché non avrete spiegato tutto al proconsole Anulino”.

3. Il giorno dopo il vescovo Felice fece ritorno da Cartagine a Tibiuca. Magniliano gli spedì subito un mandato di comparizione e quando se lo vide davanti gli chiese:

“Sei tu il vescovo Felice?”

“Sì, sono io”.

“Consegna allora tutti i libri e le pergamene che sono in tuo possesso”, gli ingiunse Magniliano.

“Sono effettivamente in mio possesso”, rispose il vescovo, “ma non li consegnerò”.

“Consegnali immediatamente perché siano bruciati”.

“Preferisco che bruciate me piuttosto che i libri sacri, perché è meglio ubbidire a Dio che agli uomini”.

Magniliano: “Gli ordini imperiali hanno la precedenza sulle tue idee”.

Felice: “Prima vengono gli ordini di Dio, poi quelli degli uomini”.

Magniliano: “Ti lascio tre giorni di tempo per riflettere; allo scadere dei quali, se ti rifiuterai di ubbidire ai decreti emanati in questa città, ti dovrai presentare al proconsole davanti al quale ripeterai quanto mi hai detto”.

4. Trascorsi i tre giorni, Magniliano si fece condurre davanti il vescovo Felice e gli chiese: “Hai riflettuto?”.

“Sì”, rispose il vescovo, “confermo quello che ho detto precedentemente e lo sosterrò anche davanti al proconsole”.

“Bene”, rispose Magniliano, “t’invierò dal proconsole e a lui renderai conto del tuo atteggiamento”.

Vincenzo Celsino, decurione della città di Tibiuca, fu incaricato di condurre il vescovo alla presenza del proconsole.

5. Il quattordici giugno, Felice partì da Tibiuca diretto a Cartagine. Appena vi giunse, fu messo a disposizione del legato imperiale che lo fece rinchiudere in prigione. Il giorno dopo, prima del sorgere del sole, fu condotto davanti al legato, il quale gli chiese:

“Perché non vuoi consegnare quegli inutili libri?”

“Perché sono in mia custodia e non posso cederli a voi”, rispose Felice.

Allora il legato imperiale ordinò che fosse gettato nei sotterranei della prigione. Dopo sedici giorni fu fatto uscire incatenato dalla prigione, alle dieci di sera, e trascinato alla presenza del proconsole Anulino il quale gli chiese:

“Perché non vuoi consegnare quegli stupidissimi libri?”.

“Non posso e non ho alcuna intenzione di consegnarli”.

Il proconsole comandò che fosse decapitato il 15 luglio.

6. Il vescovo Felice, volgendo lo sguardo al cielo, con voce squillante proclamò:

“Ti ringrazio, mio Dio. Ho compiuto cinquantasei anni su questa terra: mi sono mantenuto puro; ho seguito i dettami del Vangelo, ho predicato la fede e la verità. O Gesù Cristo, Signore Dio del cielo e della terra, per te che esisti nell’eternità, piego il capo sotto la spada del carnefice”.

Dopo questa invocazione, i soldati lo condussero via e lo decapitarono. Fu poi seppellito lungo la strada detta degli Scillitani, nel cimitero di Fausto.
 


da: COSTANTE BERSELLI, Violenza di Stato nell’era dei Martiri, Roma 1982.

 

 

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