LA PASSIONE DI SANT’AGNESE

 

L’attribuzione di questa leggenda a sant’Ambrogio vescovo di Milano, è puramente tradizionale: come già avvertirono il Migne e il Baronio, si tratta di un omonimo vissuto in epoca posteriore. La riportiamo nel testo edito dal Battelli, il quale ha provveduto anche a integre alcuni passi (qui riportati fra parentesi) omessi dall’anonimo volgarizzatore del XIII secolo.

 

 

 

         Ambruosio, servo delle sacre vergini di Cristo: Questo è ’l sacro dì della festa di Agnesa, el quale dobbiamo celebrare con salmi et inni, e cantare lezioni; e tutto ’l popolo si debba rallegrare, e ’poveri di Cristo sovvenire. Tutti adunque ci rallegriamo nel Signore et a edificazione delle vergini [la passione di] Agnesa santissima a memoria riduciamo. El terzo decimo anno della sua età perdé la morte e trovò la vita, della quale dilesse el fattore. Nell’infanzia d’anni, Agnesa era giovana, ma della mente era vecchia et antica: del corpo era fanciulla, ma dell’animo era canuta: aveva bello visoma più bella fede [e castità più mirabile].

         Tornando Agnesa dalla scuola, el figliolo del prefetto della città di Roma s’innamorò di lei. Allora i parenti di quello garzone andarono a’ parenti d’Agnesa domandando di fare parentado con loro, offerendo molto largamente, [e più largamente promettendo]. Et offersero a beata Agnesa molti preziosi ornamenti, la quale, com’ella gli vidde, non gli apprezzò, ma avvililli come sterco. Allora quello giovano [per] questa recusazione che aveva fatto beata Agnesa di quelle vestimenta, più forte si accese de lo amore d’Agnesa, e pensando ch’ella volesse migliori e più preziosi doni di quelli, [le presentò ogni gloria di pietre preziose], e per se medesimo e per gli amici e noti e parenti cominciò [a stancar l’orecchie della vergine] promettendo le ricchezze della sua casa, le sue possessioni e la sua famiglia [e tutte le delizie di questo mondo] se non negasse al suo consentimento e consentisse d’essere sua sposa.

         Allora beata Agnesa a quello giovano rispuose e disse: “Parteti da me, imperocché da un altro amadore sono stata amata [innanzi], el quale a me molti migliori ornamenti assai che non soni questi m’ha ornata, e dello anello della fede sua me ha sposata e inguardiata, et è molto più nobile di generazione di te e di più dignità. Et ha ornato la mia destra di bello ornamento, e ’l collo e le braccia ha circondato di pietre preziose, e simile le mie orecchie di preziose perle. Tutta mi ha ornata di preziose [e corruscanti] gemme et ha posto un segno nella faccia mia, acciò che nissuno altro amadore abbi se non lui. Egli mi ha ornata di vestimenti [tessuti d’oro e di monili] preziosissimi, e mi ha mostro il suo tesoro che non ha simile, el quale m’ha detto che mi vuole donare se io persevererò ne’ suoi comandamenti...

         A Costui solamente servo la fede et a lui con tutta la divozione mi commetto, el quale, come io l’amo, casta sono, come io ’l tocco, monda sono, e come io ’l piglio, vergine sono. Né saranno [per mancare] dopo le nozze i figliuoli, ma ’l parto senza dolore si è [e tuttodì s’accresce la fecondità]”.

         Allora, udendo questo, quello insensato e pazzo giovano, accecato dall’amore, essendo in grande angustia d’animo e del corpo, gittossi in sul letto con grandi sospiri, e ’l suo amore aperse a’ medici, e’ quali el fecero noto al padre. Questi con paterna voce ripetè a petizione della vergine Agnesa tutto quello che aveva detto quello giovano, [ma ella rispose] che nollo voleva per nissuno modo per sposo, perché non voleva negare né violare il primo sposo, al quale aveva promesso e data fede. Allora il prefetto, padre di quello garzone, fece cercare chi fusse quello sposo el quale Agnesa tanto amava, per sapere se fusse di maggiore dignità di lui, ch’era prefetto. E uno de’ parasiti di lui disse come Agnesa era cristiana infine dalla puerizia e in arte magica tanto amaestrata che dice che Cristo si è ’l suo sposo.

         Udendo questo, el prefetto se ne fece lieto e subito mandò a fare richiedere Agnesa da tutta la sua corte ch’ella comparisse innanzi al suo tribunale. Et essendo venuta Agnesa, el prefetto imprima la cominciò con parole piacevoli a lusingare in segreto, e poi le cominciò a dire terribili parole. Allora la vergine di Cristo non per lusinghe si lassò isvolvere l’animo suo, né per parole di minaccie e terribili non mosse el suo volto e stette coll’animo fermo, cosi alle parole di lusinghe come alle parole terribili. E di tutto si rideva...

         Vedendo el prefetto che tutto quello ch’egli parlava era invano e senza frutto a lei, sedendo per tribunale comandò che Agnesa si fusse presentata; alla quale disse: “Le superstizioni de’ cristiani, del quale numaro tu sei, incantatrice di magiche arti, se da te non si partiranno, non potrai la pazzia dal tuo petto partirti, né prestare consenso a saggi consigli. E però bisogna che tu adori e facci reverenzia alla idea Vesta, e se ti piace di perseverare nella verginità, [dì e notte] e’ sacrifici reverendi ti bisogna fare alla idea Vesta”.

        Allora beata Agnesa disse: “Se ’l tuo figliuolo, [benché] d’amore iniquo tribolato, ma pur vivente, ho ricusato un uomo [infine ragionevole] il quale vede e ode e palpa e va e ’l fiore di questa luce può godere [insieme co’ buoni] se io per cagione dello amore di Cristo per nissuna ragione nollo posso guardare, gl’idoli sordi e mutoli, che non hanno anima né sentimento, in che modo gli posso adorare, e fare questo ad ingiuria del sommo Iddio, e inchinare il capo alle pietre, dicendo: Iddio se’ tu? ”...

         Allora Simproniano prefetto disse: “De’ due partiti eleggi quale tu vuoli; o veramente tu colle vergini della idea Vesta sacrifica, o veramente tu colle meretrici andarai al luogo pubblico. E allora saranno a te di longa e’ cristiani, e’ quali t’hanno [così] insegnato l’arte magica, che questa calamità e miseria [tu confidi poter sopportare con animo intrepido]. E però anco ti dico, o tu sacrifica alla idea Vesta a laude della tua progenie, o veramente, a tua vergogna e de’ tuoi, andarai al luogo pubblico coll’altre meretrici a stare pubblicamente”.

         Allora beata Agnesa con grande constanzia disse: “Se tu sapessi qual è lo Iddio mio, tu non parleresti queste parole. E poiché io so la virtù del Signore mio Gesù Cristo, sono sicura, e non temo le tue minaccie. E sappi che io non sacrificherò agli idoli tuoi, e non sarò contaminata con li uomini del luogo, perch’io ho con esso meco il guardatore del corpo mio, cioè l’angelo di Dio. E l’unigenito figliuolo di Dio, che tu non conosci, egli è a me come muro che non si può passare, ed è mia guardia che mai non dorme, ed è mio difenditore che mai non manca; e’ tuoi iddii [o sono di bronzo, de’ quali meglio si fanno vasi ad uso degli uomini] o sono di pietra, le quali d’esse si fanno le strade per amore de’ fanghi. La divinità non consiste nelle pietre, ma in cielo; non in metalli, ma nel regno superno sta. E tu adunque, e quelli che sono simili a te, se non vi levarete dalla adorazione de’ vostri idoli, sarete conchiusi con pena, siccome loro, nel fuoco, e sì come loro sono posti nelle fiamme del fuoco acciò sieno fusi, così saranno quelli che gli adorano; in perpetuo saranno nel fuoco ardente consumati, e in eterno saranno confusi”.

         Allora lo senza sentimento giudice fece espogliare beata Agnesa ignuda, e comandò ch’ella fusse menata al luogo pubblico delle meretrici; e uno con la tromba andava innanzi bandendo e dicendo con grande boce: “Agnesa, sacrilega vergine, gli iddii ha bestemmiati, e per quello è data agli uomini che tengono il luogo pubblico delle meretrici”. E come beata Agnesa fu spogliata, di subito e’ suoi capegli crescerono, e in tanta quantità per la divina grazia le furono concessi, che pareva che fusse coperta insino a terra, e meglio stessero che una vesta. E intrata dunque beata Agnesa nel luogo turpissimo, l’angelo di Dio trovò a lei apparecchiato, acciò che la circondasse d’immenso lume, acciò che nissuno per quello grande splendore la potesse vedere né appressarsele.

         Risplendeva quella celletta dove fu messa beata Agnesa come el sole quando nella sua altezza è vertù del dì, e quando più gli occhi di quelli che erano circostanti cercavano di volerla vedere, tanto più i loro occhi erano obombrati che non la potevano vedere. E stando beata Agnesa in orazione all’altissimo Iddio, apparbe innanzi a lei uno vestimento candidissimo. Allora ella el prese, e d’esso si vestì e disse: “Grazie te rendo, Signore mio Gesù Cristo, che me hai annoverato nel numaro delle tue ancille et el vestimento mirabile comandasti che io avessi”. Et era quello vestimento a misura del corpo di beata Agnesa, et era tanto cando più che la neve, el quale non è a dubitare che per mano d’angeli fu fatto et apparecchiato. E in questo, quello luogo fu fatto come un oratorio, e tutti quelli che v’erano intrati adoravano e davano onore a quello immenso lume, e mondi uscivano fuore più che non v’erano intrati.

         E mentre che queste cose si facevano, el figliuolo del prefetto, el quale era stato cagione di questa scelleraggine, venne a quello luogo, co’ suoi compagni giovani, quasi per assaltare quella fanciulla, colla quale credeva la sua libidine esercitare. E avendo mandato innanzi a sé quelli furi e cattivi giovani, vedendo che uscivano pieni d’ammirazione e di venerazione, cominciò a farsi beffe di loro [giudicandoli vani e molli e impotenti]; e ridendosi di loro entrò sfrontatamente in quello luogo dove beata Agnesa orava, e vedendo quello lume intorno a beata Agnesa, non dette onore a Dio, ma gittossi in quello lume per mettere le mani addosso a beata Agnesa: e innanzi che la sua mano giongesse a lei, egli cadde in terra, colle mani al volto, e ’l diavolo lo strozzò, e cosi spirò...

         Il prefetto, come udì che ’l suo figliuolo era morto, di subito con grande furia e pianto venne a quello luogo dov’era morto e intrato in quello luogo dove el figliuolo suo giaceva morto, con grandi grida disse a beata Agnesa: “Crudelissima sopra a tutte le femmine, la quale sopra el figliuolo mio hai dimostrato le tue arti magiche!”. E dicendo il prefetto queste et altre parole, domandando della cagione della morte di quello suo figliuolo, disse allora beata Agnesa: “Colui al quale el tuo figliuolo lui voleva contrastare alla sua volontà, ed Egli in lui esercitò la sua potestà; e questi altri che a me sono intrati, sani ne sono usciti, perché tutti hanno dato onore a Dio, el quale mandò l’angelo suo che mi vestì questo vestimento della misericordia d’Iddio, ed ha guardato el corpo mio, che per insino che io ero nella culla, a Cristo fui consegnata e offerta. E tutti quelli che vedevano lo splendore dell’angelo, tutti si partivano senza lesione, ma questo tuo figliuolo impudente, fremitando, distese la mano verso di me per pigliarmi, e l’angelo di Dio el rimandò indietro, e come tu vedi è morto!”.

         Disse allora el prefetto: “In questo apparirà che tu non coll’arte magica questo hai fatto, e però prega quello angelo che restituisca a me el figliuolo sano”. Allora beata Agnesa disse: “Posto però che per la fede vostra questo io da Dio impetrare non merito; ma perché egli è tempo che la virtù del mio Signore Gesù Cristo si manifesti; e però uscite tutti fuore, et io sola in orazione starò”. Et essendo tutti usciti di quella celletta, e beata Agnesa si pose in terra in orazione e incominciò a pregare el Signore che risuscitasse quello giovano. Et orando beata Agnesa, apparbe a lei l’angelo di Dio e la rizzò dal pianto e confortò l’animo suo, e quello giovano risuscitò.

         Essendo risuscitato, el figliuolo del prefetto uscì subito fuore di quella cella, et incominciò con boce pubblica a gridare et a dire: “Uno è Iddio in cielo e in terra e in mare, el quale è lo Dio de’ Cristiani, e tutti gli iddii de’ templi sono vani e non possono aiutare loro propri né quelli che gli adorano”.

        A questa boce tutti gl’indivinatori de’ templi e i pontefici si conturbarono, e fu fatto rumore grande nel popolo. E gridavano: “Tolle la maga, tolle la malefica, la quale mente delli uomini muta e gli animi [aliena]”. Allora el prefetto, vedendo tali cose miracolose, fu stupefatto, ma temendo [la proscrizione se facesse centra a’] pontefici del tempio, e’ vedeva che non poteva liberare beata Agnesa dalla sua sentenzia, e nolla poteva defèndare. Allora el prefetto fece uno vicario [per la sedizione] del popolo, e poi si partì con tristezza e dolore perché nolla poteva defèndare dopo la resurrezione del suo figliuolo, e per quanto si era dolente.

         Allora quello vicario fatto dal prefetto, el quale si chiamava Aspasio, comandò che fusse fatto uno grande fuoco in presenzia di tutti, e comandò che beata Agnesa fusse gittata nel mezzo di quello fuoco. E subito el comandamento del vicario [fu eseguito]. E le fiamme allora si divisero in due parti, di qua e di là, e beata Agnesa istava nel mezzo e non sentiva nissuno incendio né caldo di fuoco, né nissuno male le fece el fuoco. Allora el popolo con boci grandissime incominciò a gridare dicendo: “Questo non è per divinità della vergine, ma per la sua arte magica e per li suoi incanti”.

         Et allora beata Agnesa, essendo in mezzo del fuoco, distese le mani sue al cielo, e in queste parole orò al Signore e disse: “Omnipotente, da adorare e da riverire e da temere, Padre del Signore mio Gesù Cristo, io benedicoti, el quale per lo figliuolo tuo io ho scampato le minaccie degli uomini impii, e la spurcizia del diavolo io ho passata, ed ecco ora per lo Spirito Santo la rugiada celestiale è venuta, e ’l fuoco intorno a me si è spento, e la fiamma divisa, e ’l calore e lo incendio si è andato a coloro che ’l facevano per me. Io Te benedico, Padre da predicare, el quale in fra la fiamma ti prego che Tu mi lassi a Te venire, imperò che quello che io credo io el veggo, e quello nel quale io spero già el tengo, e quello che desideravo l’ho abbracciato. Te confesso colla bocca mia, e col cuore e con tutto el corpo mio desidero. Ecco che a Te vengo, Tu che se’ vivo e vero Iddio, el quale col Signore nostro Gesù Cristo e collo Spirito Santo vivi e regni ora e sempre, per infinita secula seculorum, amen”.

         E come ebbe finita l’orazione, allora tutto el fuoco fu spento, e non vi rimase nissuno caldo di fuoco. Allora Aspasio, vicario della città di Roma, vedendo che ’l popolo non si fermava né rifrenava, comandò che a beata Agnesa fusse dato d’uno coltello nella gola. E subito usci el sangue suo come rose vermiglie. E in questo modo consacrò Cristo la sposa sua Agnesa, sua vergine e martire.

 

Da: SANT’AMBROGIO, La passione di Sant’Agnese, a cura di Guido Battelli.

Firenze, Giannini, 1921.

 

 

Immagine: http://it.wikipedia.org/wiki/File:Santa_Agnese_-_mosaico_Santa_Agnese_fuori_le_mura.jpg

 

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