San Basilio
lettera XCIII
Alla nobile donna Cesaria
Fu scritta nel 372 ed è importante per il suo contenuto liturgico e ascetico. Basilio consiglia a Cesaria la pratica della comunione quotidiana; riferisce il costume della Chiesa di Cesarea di celebrare la sinassi eucaristica la domenica, il mercoledì, il venerdì, il sabato e nelle ricorrenze di martiri e santi. Accenna all’uso alessandrino di portare in casa e di conservare l’eucarestia presa di propria mano dal sacerdote per comunicarsi, consuetudine indiscussa, risalente al tempo delle persecuzioni.
È cosa buona e utilissima il comunicarsi anche tutti i giorni e partecipare al corpo e al sangue di Cristo, poiché egli stesso dice chiaramente: “Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna”[1]. E chi oserà mettere in dubbio che partecipare continuamente alla vita non è altro che vivere in maniera più abbondante? Noi, da parte nostra, ci comunichiamo quattro volte alla settimana: la domenica, il mercoledì, il venerdì e il sabato e gli altri giorni in cui si fa memoria di un santo. Può darsi che in tempo di persecuzione, in mancanza del sacerdote o del diacono, uno sia costretto a prendere la comunione di propria mano. È superfluo dimostrare che questo non è male, perché è confermato da una lunga consuetudine. Infatti i monaci che vivono nei deserti, dove non vi è il prete, conservano in casa la comunione e si comunicano da sé. Ad Alessandria e nell’Egitto, ciascuno, anche del popolo, il più delle volte conserva la comunione in casa e ne prende da se stesso, quando la desidera. Infatti quando il sacerdote ha finito il sacrificio ed ha distribuito la vittima, colui che ha ricevuto la sua parte tutta insieme, prendendone poi ogni giorno, deve supporre di riceverla ogni volta dalla mano del sacerdote che giela diede. Nella chiesa il sacerdote distribuisce a ciascuno la sua parte, e colui che la riceve la tiene con pieno diritto e poi la porta alla bocca con la propria mano. E questo vale tanto quando uno riceve una porzione sola, come quando ne riceve molte insieme.
MG, XXXII, 484-485