Callisto e Ignazio XanthopouliLa Fantasia
Callisto, il santo patriarca di Costantinopoli, soprannominato Xanthopoulo, nacque intorno all’anno 1360 sotto l’impero di Andronico II Paleologo. Fattosi discepolo di Gregorio il sinaita abitò sul Monte Athos alla skiti di Magula, di fronte al Monastero di Filotheou. Visse assieme al suo condiscepolo Marco per ventotto anni interi e strinse amicizia con Ignazio, detto pure lui Xanthopoulo. Divenne patriarca dei serbi e in tale carica morì santamente.
In questi passi Callisto e Ignazio rieccheggiano e proseguono la letteratura patristica antica mostrando come la fantasia e i pensieri inutili impediscano la vera vita nello Spirito. Il cristiano deve sapersi custodire e deve vigilare attentamente affinché, attraverso le porte dei sensi, degli affetti o delle immaginazioni, non entrino elementi di disturbo che lo portino all’oblio di Dio. Autori come Callisto e Ignazio conoscevano e praticavano bene questa custodia. In un tempo come quello attuale, che ha perso le chiavi della vera conoscenza e della vera saggezza e scambia per “spirituale” quanto non è che il frutto di fantasie e di affettività umane, tali parole giungono come un balsamo e un’oasi in mezzo al deserto. Questa prospettiva giunge a liberare l’uomo da quelle illusioni religiose che, invece di aprirlo al mistero di Dio, lo chiudono ancor più in se stesso.
La fantasia sconveniente e quella buona: e come si debba seguirle.
Siccome poco sopra abbiamo fatto menzione della fantasia e della fantasia sconveniente, ci sembra molto utile definire in breve per quanto ci è possibile, ciò che sia tale fantasia o meglio, ogni fantasia. Poiché la fantasia maledetta si oppone terribilmente alla pura preghiera del cuore e alla semplice e infallibile attività dell’intelletto. Per questo anche i divini Padri in molti modi si sono espressi su di essa e contro di essa. Dunque, questa fantasia, multiforme come il mitico Dedalo e con molte teste come l’idra, i santi l’hanno chiamata come un ponte per cui i demoni passano. Infatti, inserendosi e passando attraverso di essa, questi esecrabili assassini comunicano in qualche modo con l’anima e si mescolano ad essa, rendendola un alveare di fuchi e un ricettacolo di pensieri sterili e passionali. Questa fantasia va totalmente rigettata, a meno che non si voglia, per la penitenza, la contrizione dell’afflizione spirituale e l’umiltà, prima di giungere alla meditazione e contemplazione degli esseri, e sì, proprio anche a causa della cattiva fantasia, non si voglia metterle a fianco e contrapporle una fantasia buona. Mescolando e opponendo questa all’altra fantasia, trattenendo con forza, come un vile che fugge la battaglia, la fantasia sconveniente e impudente, si otterranno contro di essa i premi della vittoria. Facendo così non solo non ti procurerai danno, ma anzi ci guadagnerai, regolando con un giudizio infallibile le cose che ti si oppongono, giacché annullerai una fantasia sconveniente con una buona e al momento giusto colpirai e ucciderai questi nemici con le armi degli avversari, come fece un tempo il divino Davide con Golia.
I santi in vista della preghiera pura e dell’attività semplice e una dell’intelletto, devono rigettare non solo la fantasia sconveniente ma anche quella buona.
Ma questa è una lotta per chi è ancora bambino, cioè per i principianti. Quelli che col tempo sono progrediti respingono totalmente la fantasia sconveniente insieme a quella buona e la fanno scomparire. Essi la riducono in cenere e la consumano come cera che fonde di fronte al fuoco, per la preghiera pura, per la deposizione e lo spogliamento da parte dell’intelletto di tutte le forme, a motivo della intuizione semplice in Dio, e se vuoi anche della recezione di Lui e dell’unione con Lui una e libera da forme...
Dice infatti anche sant’Esichio: «Ogni pensiero opera nell’intelletto l’immaginazione di una cosa sensibile. Infatti l’Assiro, essendo un intelletto, non ha la forza d’ingannarci altrimenti che servendosi delle nostre sensazioni e delle nostre abitudini».
E san Diadoco: «Poiché ogni pensiero entra nel cuore attraverso la fantasia di certe cose sensibili, la beata luce della divinità lo irradia quando esso abbia interamente agio, lontano da tutte quelle cose, e non si conformi ad esse; quando cioè quello splendore, per la spogliazione di tutti i pensieri, si mostri all’intelletto puro».
E il grande Basilio dice: «Come il Signore non abita in templi fatti da mano d’uomo, così neppure abita in rappresentazioni e forme intellettuali. Queste infatti vengono innalzate come uno sbarramento davanti all’anima ingannata che non può fissare puramente la verità, ma vede ancora attraverso specchi ed enigmi».
E il divino Evagrio: «È detto che Dio siede là dove è conosciuto: è perciò detto trono di Dio l’intelletto puro... Il concetto di Dio, dunque, non si troverà tra i concetti che imprimono una forma nell’intelletto..., Sarà impressionato altrimenti l’intelletto vedendo un intelletto, si disporrà altrimenti vedendo la sua ragione. Di qui impariamo come la conoscenza spirituale allontani da forme, essa lo presenta a Dio».
E san Massimo, negli Scholia al grande Dionigi, dice: «Altro è la fantasia e altro è l’intellezione, cioè il concetto: infatti dipendono da diverse potenze e differiscono per il proprio movimento. Poiché l’intellezione è operazione e creazione, mentre la fantasia è passione e impressione che dichiara la presenza di qualcosa di sensibile o di qualcosa di simile; e la percezione sensibile afferra gli esseri secondo la loro conformazione d’insieme, mentre l’intelletto comprende, cioè afferra, gli esseri in altro modo, non come la percezione sensibile. Riguardo al corporeo e allo spirituale, in cui, come abbiamo detto prima, sono anche le sensazioni, il movimento è dato dalla parte passibile e da quella che produce le forme. Ma la facoltà di giudizio e di comprensione sono da attribuire all’anima e all’intelletto: dunque da questa facoltà di comprensione dell’anima occorre separare la facoltà immaginativa. Quanto a tale facoltà, essa si suddivide in tre parti: la prima traduce le percezioni in immagini, per rendere sensibile la percezione; la seconda dà forma a ciò che rimane delle percezioni e ha immagini che non poggiano su nulla, ed è quella che è propriamente chiamata potenza immaginativa; la terza, è quella nella quale ogni piacere e fantasia di ciò che si crede bene o male si condensa in tristezza. Dunque come si è detto, la fantasia non trova posto in Dio, poiché egli è, tutto in una volta, semplicemente; è al di là e trascendente il pensiero».
Dice ancora il grande Basilio: «L’intelletto, quando non è più disperso nelle cose esteriori e non è effuso sul mondo dai sensi, ritorna in se stesso e, mediante sé, si eleva al pensiero di Dio e, illuminato da quella bellezza, giunge all’oblio della stessa natura».
Sapendo, dunque, anche tu queste cose, sforzati ad ogni ora, con l’aiuto di Dio, di essere libero da fantasie, da figure, da rappresentazioni, completamente, e di pregare totalmente con tutto il tuo intelletto puro e con l’anima pura. Lo dice infatti anche san Massimo.
(Metodo e canone rigoroso, 64, 65)
Pubblicato originariamente in: http://digilander.libero.it/ortodossia/fantasia.htm