CLIFTON R. FOX
Professore di Storia al Tomball College
Tomball, TX, USA

 

 

CHE SIGNIFICA IL TERMINE BIZANTINO SE NIENTE PUO’ DEFINIRSI CON TALE PAROLA?

 

 

 

 

INDICE

o       Introduzione

o       La continuità osservata nelle monete

o       Una terra chiamata Romània

o       Conclusione

 

Introduzione

Per una convenzione moderna l’espressione “Impero bizantino” si riferisce ad una precisa entità politica che un tempo ha dominato il mondo mediterraneo. La città denominata Costantinopoli o, nelle odierne carte geografiche, Istanbul era la capitale di questo Impero. L’Impero “bizantino” nasce con la fondazione di Costantinopoli, nel quarto secolo d.C., sul luogo d’una colonia greca molto più antica: Bisanzio. L’Imperatore romano Costantino I, morto nel 337, nominò la città Costantinopoli e Nuova Roma elevandola a capitale imperiale. Tale città mantenne, dopo di lui, il suo nuovo nome. I successori di Costantino sono vissuti a Costantinopoli senza interruzione fino al 1204. Nel 1204 i crociati, provenendo dall’Europa occidentale, hanno deviato il loro percorso verso Gerusalemme per impadronirsi e saccheggiare la città imperiale che rimase nelle loro mani fino al 1261 quando i “bizantini”, dopo aver espulso gli invasori occidentali, la ripresero e ricostituirono l’Impero. Nel 1453, i turchi ottomani conquistarono Costantinopoli. In seguito a ciò l’impero “bizantino” ha cessato di esistere. Il ruolo dell’ “Impero bizantino” nella storia europea non è compreso sufficientemente dal colto pubblico odierno. Costantinopoli, dalla sua fondazione fino al momento del suo violento saccheggio da parte dei crociati, ha permesso lo sviluppo del cuore economico, politico e culturale dell’Europa. La Nuova Roma, resistendo all’assalto di molti aggressori, ha protetto tutto l’Occidente dall’invasione di nuovi popoli. L’“Impero bizantino” è fiorito nello stesso periodo mentre l’Europa occidentale veniva provata dalla povertà e dalla violenza. Non si può nascondere che Costantinopoli resti ancora un punto di riferimento significativo per i cristiano-ortodossi: la fede prevalente in Russia e in altre terre si è radicata grazie all’esperienza “bizantina”. Attualmente, dopo i recenti cambiamenti politici in Russia, le radici “bizantine” di tale terra sembrano emergere più che mai. Tuttavia, contrariamente alla sua ricca eredità e al suo significativo ruolo, i frutti della civiltà “bizantina” vengono descritti sommariamente e, spesso, denigrati. Lo stesso nome di Impero “bizantino” è, di fatto, un insulto.

La definizione “Impero bizantino” è stata coniata e resa popolare da studiosi francesi[1] come Montesquieu, figura autorevole della vita intellettuale del diciottesimo secolo. Egli fu l’autore de Lo spirito delle leggi, libro che ispirò i fondatori degli Stati Uniti e i padri della Costituzione americana. Come altri pensatori del suo tempo, Montesquieu nutriva profonda considerazione per gli antichi greci e gli antichi romani cercando di emularli con acceso entusiasmo poiché vedeva in essi i maestri della politica e della cultura. Seguendo una tradizione europeo-occidentale che disprezzava il medioevo, Montesquieu ha considerato l’Impero di Costantinopoli corrotto e decadente. Benché abbia scritto una lunga storia sull’Impero di Costantinopoli, Montesquieu non poteva assegnare all’Impero costantinopolitano i nobili nomi di greco o romano. Dal nome desueto Bisanzio Montesquieu ha ricavato la parola bizantino. Tale termine ha connotato l’Impero attribuendogli caratteristiche di disonestà, dissimulazione e decadenza. Lo studioso inglese Edward Gibbone nel Decline and Fall of the Roman Empire ha descritto l’Impero dopo il sesto secolo all’interno di un poema epico nel quale esso è simbolo di un’interminabile degradazione e corruzione.

I popoli vissuti nell’Impero bizantino non hanno mai conosciuto e neppure utilizzato il termine bizantino poiché essi si riconoscevano unicamente come romani. Trasferendo la capitale imperiale da Roma sul Tevere a Costantinopoli, la Nuova Roma sul Bosforo, l’Imperatore Costantino ha trasferito l’identità romana nella nuova regione. Prima di Costantino I, l’idea di Roma non era dissociata dalla Città Eterna sul Tevere. In tal modo, un uomo era considerato cittadino romano, solo quando viveva in questa città. Prima del periodo imperiale, nell’89 a.C., una legge aveva concesso la cittadinanza romana a tutte le persone del resto d’Italia. In seguito, la cittadinanza fu estesa ad un numero sempre maggiore di persone in varie regioni dell’Impero. Nel 212, l’Imperatore Caracalla dichiarò cittadino romano ogni persona libera dell’Impero, definendola quindi “romana”, non più “soggetta ai romani”. Alcuni decenni dopo, l’intero Impero fu definito sempre meno con l’espressione Imperium romanorum (dominio dei romani) poiché, in suo luogo, prevalse sempre più il termine Romània (terra dei romani).

Nelle province interne di Costantinopoli, dove la lingua greca predominava su quella latina dell’Antica Roma, l’idea di cittadinanza e d’identità romana aveva coinvolto una larga parte della popolazione. I cittadini di lingua greca erano orgogliosi d’essere romani: in latino erano detti romani, in greco romaioi. La parola romaioi definì, alla fine, la popolazione romana di lingua greca dell’Impero. L’antico nome etnico applicato ai greci, elleno, venne contemporaneamente a cadere in disuso. Naturalmente, nei tempi antichi elleno significava greco. Elleno ha significato greco dal VII secolo a.C. in poi, se non prima. Benché Omero abbia denominato i greci con altri nomi, Erodoto, Pericle, Platone ed Alessandro erano tutti elleni ed elleni erano pure gli abitanti grecofoni dell’Impero romano del primo e del secondo secolo d.C.. Nel quarto secolo d.C., da quando l’Impero divenne cristiano, il termine elleni assunse un nuovo significato poiché, ora, esso indicava le popolazioni che adoravano ancora i vecchi dei e studiavano la filosofia pagana nella speranza di resistere al cristianesimo. L’Imperatore Giuliano II (361363), che cercò di fermare la diffusione inarrestabile della nuova fede cristiana, fu chiamato elleno. Dall’elleno Giuliano in poi, il termine assunse un significato che riguardava chi abbracciava la filosofia neoplatonica e adorava gli dei dell’Olimpo. Negli ultimi anni del quarto secolo d.C., l’Imperatore Teodosio I (379-395), dopo aver soggiogato la ribellione d’un elleno usurpatore, un occidentale di nome Eugenio, stabilì che il Cristianesimo fosse l’unica religione dello stato.

Dopo la critica decisione di Teodosio diminuirono sempre più le persone che si definivano elleni. Per parecchi secoli la parola elleno ha avuto una cattiva reputazione, richiamando l’idea d’un individuo sleale verso lo stato e con opinioni religiose proibite. Ora, la popolazione di lingua greca preferiva identificarsi ai romaioi piuttosto che agli elleni anche per un’evidente convenienza davanti alla nuova situazione. Così, la parola greca romaioi ha significato “abitante dell’Impero” fino alla caduta di quest’ultimo, nel quindicesimo secolo. Partendo unicamente da queste semplici osservazioni l’Impero di Costantinopoli non dovrebbe più essere chiamato “bizantino”. Se viene richiesta una definizione specifica sarebbe meglio utilizzare quella di Impero dei romei, dal greco Basileia romaion.

 

La continuità osservata sulle monete

Gli imperatori romei sono andati incontro a grandi difficoltà per esprimere la continuità tra la loro autorità costantinopolitana e quella tradizionale dell’Antica Roma prima di Costantino I. Le monete, ad esempio, hanno continuato a portare le iscrizioni dei secoli in latino nonostante che tale uso non fosse più praticato dal popolo di Costantinopoli il quale non era più in grado di leggere né parlare la lingua latina. Consideriamo le legende impresse sulle monete nelle varie successioni imperiali. Osservando il rilievo del conio d’una moneta di Valentiniano III (425-455), che ha regnato per molti anni in Italia, si legge la seguente iscrizione:

D N PLA VALENTINIANVS P F AVG

Esplicitando le abbreviazioni otteniamo: Dominus Noster Placidius Valentinianus Pius Felix Augustus (Il Nostro Signore Placidio Valentiniano, Pio, Benedetto ed Augusto). Compariamo la legenda della moneta di Valentiniano con quella delle leggende opposte di emissioni romee più tarde. Cominciamo con un’iscrizione dell’Imperatore Giustiniano I (527-565), che ha dedicato la sua difficile vita cercando di riconquistare, con limitato successo, le province occidentali perdute:

D N IVSTINIANVS PP AVC

Ci sono piccole variazioni tra Valentiniano e Giustiniano. La prima: Pius Felix è stata sostituita da Perpetuus (per sempre). Questo cambiamento era stato introdotto dall’imperatore Leone I (457-474). Egli pensò che la definizione Pius Felix, adoperata in molte occasioni nel passato pagano, non poteva più essere accolta nel nuovo Impero cristiano. La seconda differenza consiste nell’abbreviazione di Augustus con “AVC” invece che con “AVG”. Questa piccola variazione manifesta l’influenza della lingua greca. In greco, il suono “g” è espresso dalla lettera gamma, terza lettera dell’alfabeto greco, equivalente al latino “c”.

Nonostante questi piccoli cambiamenti, la legenda di Giustiniano mantiene la continuità col passato romano: il latino rimane in uso; l’Imperatore rimane il Dominus Noster e l’Augustus. Un secolo dopo Giustiniano I, questi titoli sono ancora d’uso corrente. La legenda opposta della moneta diffusa sotto Constante II (641-668) è:

δN CONSTANTINVS PP A V

Si noti la comparsa delle lettere greche delta e tau. L’ambigua gamma è caduta dall’abbreviazione di Augustus. I titoli latini, tuttavia, sono rimasti. Le forme romane sono conservate e ancora venerate. Il passaggio ad uno stile più greco nei titoli dopo il 700 potrebbe derivare da un cambio di dinastia. La famiglia di Eraclio (che ha regnato nel periodo 610-641) proveniva dall’Africa del Nord, regione di lingua latina. I discendenti di Eraclio, Constante II incluso, erano restii ad abbandonare i titoli latini probabilmente per un riguardo alle origini della loro famiglia. La latinità della famiglia di Eraclio non si è manifestata solo in forme esterne e titoli. Costante II è attualmente considerato come colui che ha tentato di trasferire la capitale da Costantinopoli a Siracusa, in Sicilia. Benché Siracusa fosse come Costantinopoli, una città greca famosa dall’antichità, il trasferimento della capitale verso Occidente avrebbe fatto gravitare l’Impero in una nuova direzione fondamentalmente meno greca. Costante II è stato vittima d’una morte inopportuna, che ha impedito la realizzazione dei suoi piani: è stato assassinato a Siracusa, probabilmente per mano degli oppositori al trasferimento della capitale. Nonostante il fato avverso a Constante II, la famiglia di Eraclio è rimasta al potere in Costantinopoli per altre due generazioni. La fine di Eraclio nel 711 segnalò una tendenza dell’Impero ad orientarsi verso il mondo greco. La seguente dinastia dominante, quella Isaurica (717-802), parlava greco sin dai suoi capostipiti. Nel corso dell’ottavo secolo, Dominus Noster scompare dalle monete imperiali. Le parole Perpetuus Augustus cominciano pure loro a scomparire venendo sostituite dalla parola greca Basileus. Tale parola ha una storia particolare.

Nella Grecia classica per Basileus si intendeva “Re”. Il termine, quindi, era equivalente al latino Rex. A partire dal periodo dell’Imperatore Augusto, morto nel 14 d.C., i greci hanno chiamato l’Imperatore romano con il nome di Basileus. Naturalmente nella lingua latina l’Imperatore non è mai stato chiamato Rex poiché tale titolo urtava la sensibilità repubblicana dei romani: in teoria gli Imperatori erano capi d’un governo repubblicano. Nonostante il repubblicanesimo romano, l’uso del termine Basileus è divenuto corrente nella lingua greca dei romaioi per identificare l’Imperatore. Non è esistito alcun modo per tradurre i titoli Imperator e Augustus in greco senza farli sembrare eccessivi o ridicoli. La parola Autocrator corrispondeva a Imperator mentre Sebastos corrispondeva ad Augustus. Tuttavia né AutocratorSebastos sono divenute popolari. Invece, Basileus da “Re” è passata a significare “Imperatore” e, con tale significato, si è affermata.

I romaioi hanno cominciato ad usare il termine latino Rex (Re) per i sovrani non romani di rango minore rispetto al loro Imperatore. Il nuovo uso di Basileus ha guadagnato un formale utilizzo sociale solo molto più tardi. Nel settimo secolo l’Imperatore Eraclio fu il primo ad impiegare il termine greco Basileus nei documenti legali per indicare il suo titolo ufficiale, ma la parola sostituì Augustus solo nel conio dell’era Isaurica (717-802).

Un notevole contributo per l’adozione del nuovo titolo è provenuto dall’Imperatrice Irene (797-802), moglie dell’Imperatore Leone IV (775-780). Dopo la morte di quest’ultimo, Irene ha assunto la reggenza del trono per il figlio Costantino VI, ancora in minore età. Nel 797, Irene accecò e depose il proprio figlio per impedirgli di assumere il potere a maturità avvenuta. Irene si dichiarò reggente per un suo personale diritto, cosa che nessuna donna aveva mai fatto nella precedente storia imperiale. Per sostenere questa sua volontà, Irene ha dovuto risolvere una difficoltà di nomenclatura. Il titolo Imperiale Augustus era, naturalmente, solo maschile. Irene non poteva assumere tale titolo perché sarebbe caduta nel ridicolo. La forma femminile di Augustus era Augusta e ciò sarebbe servito allo scopo richiesto se non fosse per il fatto che A ugusta aveva assunto, nel passato, il significato di moglie dell’Imperatore o qualificava un’importante donna, non un legittimo reggente. L’uso di Augusta per designare alcuni componenti femminili della famiglia imperiale si ricollegava ai primi anni dell’Impero. La vedova dell’Imperatore Augusto, Livia, accettò il nome Giulia Augusta dal Senato nel 14 d.C.. Da allora, per un periodo di ottocento anni, il termine Augusta non ha mai implicato un diritto legato unicamente alla donna; l’esistenza di un’Augusta comportava l’implicita esistenza di un Augustus. Tuttavia Irene non voleva ricordare ai romaioi l’esistenza di suo figlio Costantino. Perciò le iscrizioni relative ad Irene evitano uniformemente la parola Augusta. Irene ha preferito chiamarsi con la forma femminile di Basileus che, nel passato, era utilizzata per indicare le Regine, le consorti o le madri dei Re. La forma estesa dell’iscrizione utilizzata sotto il suo potere fu, allora:

EIRINH BASILISSH

Si notino l’insieme di lettere latine e greche. Sulle monete la versione abbreviata compariva come:

EIRINH BAS

In questa forma è apparsa nella maggior parte dei casi. L’evento più eclatante sotto il regno di Irene è stato l’incoronazione nell’Antica Roma del Re dei Franchi Carlomagno (Carolus Rex Francorum) come Imperatore nell’anno 800. In quel tempo molte autorità del mondo latino avevano continuato a riconoscere gli Imperatori di Costantinopoli come legittimi Imperatori romani fino al momento in cui Irene depose suo figlio nel 797. Agli occhi dell’Occidente latino, il trono divenne vacante con la rimozione di Costantino VI. Irene apparve deplorevole per tre motivi: era una donna, aveva commesso l’atroce atto di accecare il proprio figlio, aveva aderito a quelle pratiche religiose orientali che l’Occidente aveva rigettato. Benché Carlomagno, membro d’una tribù germanica per cui è più preciso attribuirgli il nome Karl rispetto al nome francesizzato Charlemagne, non era assolutamente romano, aveva notevolmente contribuito ad unire l’Europa. Perché non poteva essere lui l’Imperatore, invece d’una donna “greca”? Il Papa pensò in questi termini e quindi incoronò Carlomagno con la corona imperiale nel Natale dell’800. Dopo la sua incoronazione Carlomagno si è chiamato Carolus Augustus Imperator Romanorum gubernans Imperium (Carlo Augusto, Imperatore che governa i domini dei romani).

Le autorità di Costantinopoli non hanno voluto riconoscere le pretese di quest’individuo franco da poco arricchito in Occidente, benché la situazione politica avesse forzato l’Imperatore Michele I (811-813) ad un compromesso. L’inviato costantinopolitano di Michele I ad Aachen salutò Carlomagno nella sua corte con il titolo di Basileus, cosa che gli occidentali hanno immediatamente tradotto con soddisfazione nel termine Imperatore. Naturalmente chi parlava in greco doveva ora riscontrare una certa ambiguità nella parola Basileus. Ecco perché a Costantinopoli Michele ha cominciato a chiamarsi (in forma estesa):

MIXAHL BASILEYS ROMAION

(Michele, Imperatore Romano). Si notino le lettere greche ìpsilon (Y), chì (X) ed ìta (H). Sulle monete, la forma contratta era:

MIXAHL BAS ROM

Bisogna osservare che nessun Imperatore romano aveva mai usato il termine “romano” nel suo titolo ufficiale: l’Imperatore era semplicemente l’Imperator caesar augustus. Tuttavia, a partire da questo momento, i diplomatici costantinopolitani avrebbero immediatamente dimostrato che il Basileus romaion e il Basileus erano due realtà diverse. Perciò il termine Basileus romaion si affermò come titolo superiore ed unico riservato solamente al sovrano di Costantinopoli. Secondo questa intelligente soluzione, Michele non avrebbe concesso nulla di sostanziale a Carlomagno eccettuato un titolo reale, Basileus, nel senso di “Re”, equivalente al latino Rex. In questa difficile situazione politica nessuno si deve meravigliare se i romano-orientali usassero delle doppiezze “bizantine” per difendere il loro originario diritto. Nondimeno al tempo dell’imperatore Ottone III (983-1002) gli Imperatori occidentali cominciarono a farsi chiamare Imperator romanorum (Imperatore romano) in aperta sfida al Basileus romaion d’Oriente. Ottone III ha preso questa decisione su consiglio di sua madre Teofano, una principessa di Costantinopoli che conosceva cosa si celava dietro a tali titoli. Il Basileus romaion del tempo, Basilio II, (che regnò dal 976 al 1025) non era un parente di Teofano, ragion per cui essa desiderava avvantaggiare il proprio figlio nella competizione per il trono d’Oriente definendo Ottone Imperator romanorum. Naturalmente in Occidente le persone ben informate sapevano che se si voleva insultare un dignitario costantinopolitano, il modo migliore consisteva proprio nel negare la sua identità romana chiamandolo graecus, termine tradotto con elleno, che significava non romano e implicitamente pagano.

 

Una terra chiamata Romània

Insulti intelligenti e diplomatici a parte, gli occidentali medievali si riferivano al territorio dell’Impero romano con un nome: Romània (terra dei romani). Dal sesto all’ottavo secolo, la città di Ravenna fu capitale della provincia romana d’Italia e sede centrale dell’esarca. La regione interna a Ravenna era governata direttamente dall’autorità imperiale. Nelle menti delle genti lombarde e germaniche, che strapparono molti territori d’Italia al controllo imperiale, l’area intorno a Ravenna era Romània. Ecco perché, fino a quest’oggi, la stessa regione d’Italia è chiamata Romagna parola che deriva direttamente da Romània. Secoli più tardi, i franchi della quarta Crociata invasero Costantinopoli nel 1204. Approfittando dell’assenza del potere imperiale questi avventurieri, soprattutto francesi, elessero un proprio Imperatore costituendo un impero franco, detto latino. Il titolo imperiale franco o latino era: Imperator Romaniae (Imperatore della Romània).

L’Imperator Romaniae era qualche cosa di diverso rispetto all’Imperator romanorum. In Europa occidentale, il titolo di Imperator romanorum era appartenuto ai successori tedeschi di Carlomagno e di Ottone III dopo che questi furono incoronati dal Papa in Roma. Essi si facevano chiamare Rex romanorum (Re dei romani) nel lasso di tempo che intercorreva tra la loro elezione in Germania e l’incoronazione a Roma, periodo che avrebbe potuto durare parecchi anni. Dopo la metà del tredicesimo secolo, molti Re tedeschi non cinsero mai la corona Imperiale. Rimasero semplicemente Rex romanorum per la durata di tutto il loro regno. Quando gli inviati della quarta crociata elessero il loro Imperatore in Baldovino I (che regnò dal 1204 al 1205), il trono occidentale imperiale era vacante. Il Re tedesco Filippo non era stato incoronato Imperatore dal Papa e non lo sarà mai. Baldovino, che rispettava la tradizione occidentale, non ha mai osato offendere il Papa presumendo di aver diritto al titolo di Imperator romanorum. Egli si limitò al solo titolo di Imperator Romàniae, Imperatore della Romània. Agli occhi degli occidentali solo il Papa avrebbe potuto nominare un Imperator romanorum.

In Occidente, l’idea di Imperator romanorum sopravvisse per identificare un sovrano cattolico-romano fino al diciannovesimo secolo. Nel 1508, il Papa autorizzò il Rex romanorum a chiamarsi Imperator romanorum electus (Imperatore romano eletto) senza alcuna incoronazione romana. L’ultimo Imperator romanorum electus abdicò nel 1806. Voltaire nella sua vecchiaia si era fatto beffe del sacro romano impero. Secondo lui il sacro romano impero non era “... né sacro, né romano, né un impero”. Come in altre questioni, Voltaire metteva in ridicolo tutte le credenze del suo tempo. Tuttavia fintanto che poterono, la maggior parte degli europei, particolarmente i cattolici, parlarono di sacrum romanorum Imperium (sacro romano Impero) come d’una realtà seria e importante. Nondimeno, gli europei occidentali non hanno mai chiamato gli abitanti di quest’Impero romani né hanno assegnato a questo territorio il nome di Romània. Queste parole sono state lasciate, benché di malavoglia, a Costantinopoli.

Gli europei occidentali non erano i soli saccheggiatori dell’Impero romano a riferirsi ad esso con il nome di Roma. Nell’undicesimo secolo un ramo dei turchi seljuk aveva stabilito un Sultanato in una regione dell’Asia Minore. Il territorio del Sultanato era stato separato dall’Impero dopo la battaglia di Manzikert (1071), nella quale l’Imperatore Romano IV (1067-1071) cadde prigioniero in mano turca. Questo stato turco fu chiamato Rum, termine che si riferisce a Roma. Il Sultanato di Rum ha continuato ad esistere fin dopo il 1300 con una sua capitale a Konya (Iconium). Più tardi, i turchi ottomani hanno adottato il termine Rumelia per designare le porzioni della penisola Balcanica acquisite dai romaioi nel secolo decimoquarto. Rumelia era un termine diminutivo. Se l’Anatolia era Roma (Rum), i territori europei erano una piccola Roma (Rumelia). Il nome Rumelia è sopravvissuto fino al diciannovesimo secolo. Dopo la sconfitta turca per opera della Russia, i rispettivi governi hanno firmato il trattato di Santo Stefano (1877). Il trattato comprendeva una disposizione per creare un “Principato della Rumelia Orientale” sotto la protezione russa su terra ora bulgara. Il tentativo di creare la Rumelia Orientale non si è mai concretizzato. In seguito alla pressione diplomatica di diverse potenze, il trattato di Santo Stefano ha subito una significativa modifica nel 1878 al Congresso di Berlino. La Rumelia Orientale è svanita prima che sia stata determinata una sua esistenza.

Perché il nome “Romanìa” è stato applicato all’attuale nazione rumena? Il nome “Romanìa” nasce solo nel diciannovesimo secolo. Nelle loro prime apparizioni storiche, durante il Medioevo, i rumeni erano chiamati “valacchi” dai cronisti ungheresi e da Costantinopoli. Un principato chiamato “Valacchia” governò i valacchi prima del 1300. In seguito, in Valacchia, si sono formati i due principati separati di Moldavia e Transilvania. Più tardi, gli studiosi hanno scoperto che la lingua parlata da questo popolo, il valacco, era imparentata con l’italiano, il francese e lo spagnolo. Ci si può domandare come fosse possibile che le popolazioni di lingua latina giungessero fino a questa remota regione dell’Europa del nord bagnata dal fiume Danubio. Gli studiosi hanno sviluppato una teoria secondo la quale i valacchi erano discesi dai nativi coloni romani e latini vissuti a nord dell’area percorsa dal fiume Danubio durante il secondo e terzo secolo d.C.. In quel periodo, la regione costituiva la provincia romana della Dacia. Indipendentemente dalla veridicità della teoria, essa è divenuta la base del sentimento nazionalista rumeno nel diciannovesimo secolo. L’idea d’una discendenza romana ha infuso nuovo orgoglio ai valacchi. Così Valacchia e Moldavia si sono riunite nel 1859 e, nel 1862, è stato scelto il nome di “Romanìa” per definire il nuovo stato. A quel tempo l’unità e l’indipendenza rumena fu ottenuta grazie all’appoggio della Francia sotto l’Imperatore Napoleone III (1852-1870). Il “sostegno latino” della Francia ha aiutato la causa rumena. La “nazione sorella” di Romanìa ha avuto modo di contraccambiare gli interessi internazionali francesi. In questi ultimi tempi appare chiaro che, al più, il termine Romània si riferisce al territorio dove vivevano gli abitanti di lingua greca, i romaioi. Per più dìun millennio, lo Stato che chiamiamo impropriamente “Impero bizantino” era Romània. Al crollo di questo Impero gli abitanti di lingua greca dell’Impero ottomano venivano ancora chiamati romaioi.

I greci moderni si autodefiniscono “elleni” come facevano i greci antichi. Il nome da romaioi si è allora mutato in “elleni” proprio come quello dei valacchi divenuti rumeni. Così hanno voluto le politiche nazionalistiche dei tempi moderni[2]. I greci hanno avuto bisogno dell’aiuto occidentale europeo per divenire indipendenti all’inizio del diciannovesimo secolo. Probabilmente essi non avrebbero attirato l’attenzione europea se i popoli occidentali li avessero visti unicamente come dei “bizantini”. Dunque l’Occidente colto, bagnato nella tradizione classica, ha visto nei greci i figli di Platone e di Pericle e, per tale comprensione, ha appoggiato la Grecia.

Nella Rivoluzione greca del 1832 sono stati profondamente coinvolti i “filoellenici” (coloro che simpatizzavano per i greci) dell’Inghilterra e di altri governi europei. Quest’interesse internazionale e l’intervento susseguente è stato decisivo per l’indipendenza greca. Il nome “ellenico” è stato allora riesumato per creare un’immagine nazionale che rigettasse il passato medioevale “bizantino”.

 

Conclusione

I nomi con i quali vengono definite le cose sono importanti per plasmare la nostra interpretazione della realtà. Le persone sono spesso sorprese nel scoprire che le etichette storiche con le quali viene definito il passato sono invenzioni degli studiosi moderni e delle ideologie. In tal modo, certe denominazioni non servono a spiegare il passato. Uomini e donne del Medioevo non potevano sapere di vivere nel Medioevo; le persone vissute nell’Atene del periodo classico o nell’Italia del Rinascimento avevano la medesima ignoranza. Così le persone dell’Impero “bizantino” non avevano alcuna idea d’essere “bizantini”. Essi si sentivano come gli autentici continuatori dell’autentico mondo romano: i viventi romani della Romània.


Pubblicato originariamente in: http://digilander.libero.it/ortodossia/bisanzio.htm

 

[1] [Uno tra i primi ad avere utilizzato il termine “bizantini” per definire i romano-orientali è stato Charles Du-Fresne Du Cange (Amiens 1610 – Parigi 1668). Egli “per primo studiò sistematicamente la storia di Bisanzio e dell’Oriente latino, lasciando una fondamentale Storia di Costantinopoli sotto gli imperatori francesi (1657) e vari appunti da cui Rey trasse, nel 1863, le Famiglie d'Oltremare. Curò inoltre l’edizione di numerose fonti storiche importantissime, tra le quali la Storia di san Luigi, di Joinville e l’Epitome storica (o Sinossi storica) del “bizantino” Zonara. La sua fama resta tuttavia legata soprattutto al Glossarium mediae et infimae latinitatis (1678), strumento medievale, e al Glossarium mediae et infimae graecitatis (1688)”. Cfr. Rizzoli Larousse, Enciclopedia Universale, V, Rizzoli, 1967, voce “Du Cange”.

Perché Du Cange ha coniato il nome “bizantini” per definire i romano-orientali? La risposta l’ho ottenuta interpellando direttamente l’autore: “Ducange era uno studioso francese vissuto al tempo di Luigi XIV. I suoi lavori non sono pubblicati da tempo e sono difficili da reperire al di fuori delle maggiori biblioteche francesi. Ducange scrisse sotto l'influenza della cultura rinascimentale. Gli storici che lavoravano nell'alveo rinascimentale pensavano alla storia ordinandola in tre fasi:

o       la fase classica dell’antichità greca e romana, periodo di gloria terminato con la caduta di Roma;

o       la fase medievale, periodo d’oscurità e di declino;

o       la fase moderna, periodo di riabilitazione nel quale rifioriscono le antiche virtù.

Inseriti in questo schema ideologico di pensiero, Ducange e i suoi contemporanei non potevano accettare che i “bizantini” fossero “greci” o “romani”, visto che, sotteso ai termini “greci” e “romani”, c’era il glorioso periodo classico terminato con la caduta di Roma. In aggiunta a ciò si sovrappose il pregiudizio religioso: la cattolica Francia guardava alle Chiese Ortodosse d’Oriente come a quelle maggiormente scismatiche ed eretiche”.

Ripercorrendo la storia, il primo a negare il nome “romano” ai romano-orientali è stato Carlomagno definendoli con il termine “greci”. Il cambiamento di nome era imposto per dimostrare che non doveva esistere più alcuna parentela tra i romano-occidentali (di lingua prevalentemente latina) e quelli orientali (di lingua prevalentemente greca). Da ciò seguiva che i primi erano obbligati a soggiacere sotto l’autorità politica franca e a non rifererirsi più al loro legittimo Imperatore costantinopolitano. Inoltre chiamare “greci” i romano-orientali significava non considerarli neppure cristiani visto che, al tempo, il termine romano era sinonimo di cristiano mentre il termine “greco” era sinonimo di “pagano”. Dopo Carlomagno segue il cambiamento di denominazione operato da Du Cange. Nel suo periodo, infatti, il termine “greco” non ha più un valore dispregiativo perché il modello che l’intellettuale deve seguire non è più quello cristiano-medievale ma quello antico-pagano. Ecco allora che, non potendo più definire i cristiano-orientali “greci” e ancor meno “romani”, in mancanza di alternative si applica ai romano-orientali il termine “bizantini”, termine ancora oggi acriticamente utilizzato. N.d.t.]

[2] [Fortemente influenzate da interessi e condizionamenti stranieri. N.d.t.]

 

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